Capitolo 59 - Disubbidienza

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Era un sabato.

Uno di quei sabati che senti dentro. Che lo aspetti dal lunedì, che lo attendi da tutta una settimana, da tutta la vita.

Ed è incredibile come le cose cambino, come comincino e come non siano le stesse quando arrivano a destinazione.

Quel sabato non faceva eccezione.

La settimana era passata veloce e lenta nello stesso tempo. Veloce perché ripetitiva ma lenta perché pensata più del necessario.

Una settimana di esami, uno dietro l'altro, ogni materia sviscerata e approfondita. Letteratura, scienze, matematica. Lei l'aveva provata più delle altre, l'aveva sofferta un po' di più perché la preparazione era venuta meno, in coda a tutto.

Ma alla fine era andata, nonostante la paura di essere giudicata per quella lettera che ancora risuonava nei corridoi della scuola, la paura di essere bocciata e la paura di essere scoperta di essere trattata come una figlia bastarda da qualche povero mentecatto.

Non ne incontrò.

Erano tutti persi nei corridoi, tra gli armadietti, a pregare per un miracolo, a sperare che quegli esami scorressero rapidi, che diventassero presto un ricordo su cui ridere di un'angoscia immotivata che gli aveva fatto temere una bocciatura ma che invece aveva premiato tutti.

In realtà, ognuno pensò a se stesso. I pettegolezzi e le maldicenze, in giorni, vennero meno e presero una pausa di riflessione, una pausa perché altre acque più agitate calmassero quelle appena trascorse.

Il giovedì era andata a vedere i risultati, col cuore in gola, sapendo che quei numeri scritti su un foglio di carta appeso davanti a una folla che si accalcava, erano fondamentali per le sue scelte future al college, che in realtà ancora non aveva preso.

Aveva spedito qualche lettera precompilata a diversi college in giro per l'America. Eppure quella scelta l'aveva rimandata il più a lungo possibile per capire cosa ancora potesse farla rimanere lì o sperare fino all'ultimo che qualcosa ci fosse.

Voti alti, lacrime, amici che si abbracciavano. Non per Bry. Solo voti nella media e nessuno accanto con cui condividerli.

Toby non si faceva vedere da giorni. Un messaggio, un saluto, nulla che potesse far intendere un suo interesse.

Luke, invece, camminava accanto a Beverly e sorrise quando lei urlò di esser stata promossa. Ma sapeva. Sapeva benissimo che Brianna era lì, in un angolo, che lo guardava come aveva fatto fino qualche mese prima, prima di quel foglio e prima del loro amore. Non le rivolse mai lo sguardo.

Il venerdì successivo trascorse tra un soffitto bianco, un telefilm in televisione e poco altro. Brianna però non era in quella stanza.

Lei era appesa a un filo quasi impercettibile che nessuno, che non fosse in quella vita, avrebbe mai visto. Perché per tutti lei era sola. Sola al mondo, odiata da Toby, abbandonata da Luke e tradita dal padre. E sapeva benissimo che il peggio sarebbe ancora dovuto arrivare. Perché ora iniziano i festeggiamenti e lei non aveva nessuno con cui andarci.

Era un sabato sera, si diceva.

Le matricole fino al terzo anno avevano aiutato quelli del quarto organizzare tutto. Lei, da buona "senior", li aveva osservati scervellarsi alla ricerca di un tema, dividersi i compiti, preparare il cibo e allestire la palestra.

Ci sarebbe stato sicuramente qualcuno che avrebbe corretto il punch, qualche gravidanza indesiderata, qualche rissa fuori dalla scuola tra ragazzi ubriachi e tante, tante lacrime. Ma tutto questo non toccava Brianna. Lei era distante, testardamente legata a quel filo che sperava chiamasse, che sperava la invitasse al ballo di fine anno.

Erano le sette di sera quando il telefono squillò.

« Brianna... »

« Luke io ti giuro non volevo... »

« No! Fammi parlare prima a me. Fammi dire che non sono dove dovrei essere. Fammi dire che mi manchi da morire ogni istante di più. Fammi dire che non me ne frega niente se non mi hai detto "ti amo" perché io lo so che lo provi, lo so, e mi dispiace di aver avuto quella reazione! »

« No... tu avevi ragione. Tu avevi ragione fin dal principio. Qualsiasi... cosa, hai ragione! Sono stata io una stupida a non capirlo, a non sostenerti in tutto. Perché se siamo al punto dove siamo è solo grazie a te e se ci sono dei problemi è solo colpa mia. »

« Non dire così Breanna. Non è vero! Lo sai che non è vero. Non è colpa nostra, è colpa del mondo, degli altri, di tutti quelli che non ci vogliono insieme e che ci stanno riuscendo! »

« Non dire così... »

« Brianna... stasera lo sai che non posso andare al ballo con te, vero? »

« Io... non... sì, lo sapevo. » rispose malinconica guardando i suoi occhi allo specchio spegnersi e tagliare quell'ultimo filo.

« Brianna, non so come uscirne. Farei qualsiasi cosa per te ma... non ce la faccio più! Sono perennemente sotto ricatto! Ogni istante, ogni volta che mi allontano da lei, mi ricorda quanto lei sa, quanto poco basterebbe per distruggere te e tuo padre, e perdonami se una parte di me pensa che un po' lui se lo meriti, ma so perfettamente che ci andresti di mezzo pure tu ed è l'ultima cosa che voglio al mondo. »

« Perché Luke? Perché pensi sempre agli altri prima che a te stesso? »

« Vorrei solo passarti a prendere, guardarti quanto bella sei nel vestito che hai scelto, vorrei metterlo al tuo polso questo braccialetto di fiori che mio padre mi ha generosamente comprato per darlo dalla ragazza che non voglio che non vorrò mai. »

« Io... non so cosa devo fare! Dimmelo e io lo faccio! »

« Abbiamo fatto tutto il possibile. Evidentemente era così che doveva andare. » « No, non dire... »

« Ora devo andare. Ti prego, perdonami. Ti prego di farlo. »

Era un sabato di fine giugno.

Per qualcuno era "il" sabato, quello atteso da una vita. Quello delle foto vestiti eleganti, con i genitori, con il ragazzo che si è scelto di amare per quella sera e che, per la maggior parte delle persone, sarebbe durato una sera.

Lei sapeva che se fosse stata una situazione normale per loro sarebbe stato diverso. Sarebbe stato Luke il primo e l'ultimo. Perché lei non indossava un anello che glielo ricordava. Non aveva bisogno di farlo. Il suo anello lo aveva già trovato.

Ma amare è fare, non dire. Amare è soffrire e non far soffrire. Amare era quello che provava anche Bry e che non aveva avuto il coraggio di esprimere.

Ma ora sapeva cosa doveva fare e si maledisse per non averlo fatto prima.

Il sole inizia a tramontare e le ombre di allungarsi.

Il reverendo scriveva nel suo studio il sermone della domenica, come se potesse consigliare a qualcuno come comportarsi. La sua solita giacca appesa vicino alla porta. Bry aveva sentito centinaia di volte quel tintinnio ricordarle che quel pezzo di carta che aveva preso a fatica non era mai stato usato.

È arrivato il momento di smettere di fare la brava ragazza, di smetterla di subire e iniziare a prendere ciò che il mondo mi nega.

E se glielo avesse negato ancora, avrebbe continuato a fare ciò che le aveva imposto di fare: disubbidire.

Sfilò le chiavi dalla tasca della giacca del padre. Quando girò la maniglia della porta d'ingresso una voce interrompe il silenzio.

« Brianna? »

La risposta non arrivò. Solo il rumore della porta che sbatteva e quello delle ruote sgommare in strada.

© Giulio Cerruti (The_last_romantic)

Angolo dell'autore:

Richiesta di aiuto o colpevole debolezza? Luke dice di essere costretto: ci credete? E fa bene Brianna a ribellarsi?

Lasciate anche solo una stella per coronare i miei sforzi o, se vi va, commentate consigliandomi costruttivamente come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!

Come Mondi Opposti | Prima StesuraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora