09 - Cherchez la femme, dicevano...

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È strano come, alle volte, basti anche solo un piccolo, piccolissimo impatto per mandare qualcosa in frantumi.

Controintuitivamente, fragilità e durezza vanno quasi sempre a braccetto, come due vecchie amiche di sbronza. Più beve una, più l'altra si ubriaca e più bevono, più si sentono forti. Ma poi accade sempre che la fragilità vuole mettersi al volante e maledizione, è talmente tanto ebbra da non rendersi nemmeno conto di puntare a centosessanta contro un muro di cemento armato. Mentre l'amica dorme ignara sul sedile accanto.

Lo schianto è sempre tremendo.
Che non resta nemmeno la polvere per farci giocare il vento.

Io mi sento così, ora. Come l'amica che dormiva fino a un secondo fa sul sedile del passeggero. Ho aperto giusto un occhio, così per caso. E poi nulla, buio.

Gio? Oh, mi senti?

Accade che per prima cosa avverti un boato all'altezza del petto, il cuore che si strizza come una spugna, si svuota e sembra fermarsi.

Poi il brivido, lungo le vertebre fino ai piedi, che spezza ginocchia e caviglie lungo il percorso.

Poi il freddo che ti assale, che ti avvolge le spalle e ti s'infila di forza, come una camicia. Come una camicia di forza.

E ti senti impazzire quando una voce ti parla da dentro, ti dice cose che non vorresti ascoltare mai.

Ti ha dato un numero falso.

«Gio, che ti prende?»

Il mondo si allontana, diventa distante.

Ti stava solo usando, per giocare un poco.

«Porca puttana, mi stai spaventando.»

La stretta allo stomaco aumenta.

Ti ha preso in giro fin dall'inizio.

E la vergogna va a ribollire nel fegato, mescolandosi con una bile carica d'umiliazione, finchè...

Una botta mi colpisce in pieno viso. Un impatto reale: un palmo e cinque dita, le ho contate.

Tutte.

«Cazzo!»
Grida la proprietaria dello schiaffo.

Zahira mi guarda sconvolta, sembra sull'orlo di una crisi di pianto. L'ho spaventata.

«Zahi...»

Mi punta un indice contro la faccia, teso e inquisitore che sembra la canna di una .357 magnum.

«Non ti azzardare... non ci provare nemmeno lontanamente...»
Sussurra tra i denti.

Ha la voce rotta, le trema il labbro inferiore. Ho capito tutto.
Mi sfioro la guancia, è bollente per il ceffone di poco fa.

«Vieni, ho voglia di un caffè»
Le dico, cingendole le spalle con un braccio.
Lei mi si aggrappa al petto, affondandoci dentro le sue unghie.
Stringe e affonda, come si fa con la speranza.

«Me l'avevi giurato, mi avevi giurato che non avrei visto più quella faccia...»
Piagnucola.

Riesco a dirle soltanto due parole.
«Hai ragione».

* * *

«Dai, scusa... mi perdoni?»
«Vaffanculo, brutto stronzo!»

Sì, è proprio incazzata. Dal pianto alla rabbia il passo è breve, per Zahira.

«Scusami. È che... quando ho sentito quella voce, ho perso il controllo»
«Lo so, ti ho visto. Ma non è una buona ragione. E comunque, può sempre essere stato un falso contatto»

Non ci avevo pensato. Spesso la soluzione più logica è anche quella giusta.

Prendo coraggio e riprovo.
Squilla tre volte, poi la stessa voce di prima.

«Pronto? Ma chi è? Pronto?»

No, questa volta la soluzione più logica è quella sbagliata.
Scuoto la testa, guardando Zahira.

«Sei sicuro di aver segnato bene il numero?»
«Come la morte. Ho ricontrollato cento volte. È lui, senza dubbio»

Lei ci riflette su, pensa a fondo, cercando di sciogliere lo zucchero e il nodo di questa situazione insieme, mescolandoli con il cucchiaino nella tazzina.

L'idea geniale arriva al quarto giro, in senso orario. Ma non la condivide, non subito. Beve il caffè e prende il suo telefono. Compone il numero con una mano, accendendosi una sigaretta con l'altra.

«Ehi, ciao Bru'... sì, tutto bene... senti, ti ricordi quel tizio che mi presentasti? Quello con l'agenzia... eh, bravo! Mi mandi il contatto? Grazie, sei un tesoro. A presto»

Alzo un sopracciglio di perplessità.

«Zitto tu, fidati»
Mi fa.

E chi ha parlato!

Penso, alzando le mani in segno di resa.

Il messaggio di risposta sul suo telefono arriva solerte. Lei lo guarda e scatta veloce in piedi, porgendomi il braccio.

«Andiamo?»

Andiamo!

* * *

«Chercez la femme... un po' sessista, non trovi?»
Dico, osservando l'insegna luminosa in alto al portone di un vecchio palazzo.

«Non fare il moralista, ora. Questo tizio è bravo, un professionista. Inoltre ha agganci ovunque... capisci a me!»

Effettivamente il tizio è straordinariamente competente: si fa spiegare la situazione, si fa dare il numero, si fa aspettare mentre armeggia con abilità sul suo pc, si fa pagare profumatamente una cartellina con un foglio stampato dentro che Zahira ritira soddisfatta.

Appena siamo abbastanza lontani la interrogo, con un lapidario e monosillabico verso ovino.

«Beh?»
«Qui ci sono i dettagli di quel numero»
Mi dice con soddisfazione.

Me li mostra. Il nome di un tizio mai sentito prima, che vive in una città mai sentita prima, situata in un profondo nord-est italiano mai sentito prima.

«Secondo te che significa?»
Le chiedo.

Lei sorride, sventolandomi il foglio davanti al naso.

«Cherchez la femme, mon cheri! Cerca la donna e chiedilo a lei!»

* * *

Abigail è in casa.
Dietro la frattura

È seduta sullo stesso divano di ieri, braccia e gambe incrociate, alle spalle di un messaggio piuttosto scuro.
Come il suo viso, come il suo umore.

Perché non mi hai più chiamato? Ti ho aspettato tutto il giorno.

Mai 'na gioia, però, eh?!
Chercez la femme, dicevano...

La Frattura [Completa - In perpetua revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora