30 - Chi sei, maledetto uomo dei miei sogni?

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Diversi mesi prima. Meno di una settimana alla tempesta.
In un'altra città, ma s'un lato diverso del tesseratto...

Sto dormendo. Lo so, ne sono consapevole. Tutto comincia qui, sempre allo stesso modo. Dal nulla, dal nero del vuoto.
Inizio a dare senso alla cosa, a costruire il mio corpo.

Parto dal basso.

Piedi, due. Conto bene, perché mi sembra manchi qualcosa...

«Ehi, le dita sono cinque per piede!»

Spuntano le mancanti. Bene.
Stinchi, ginocchia, cosce.
Fianchi, pancia, tronco, braccia.
Mani, dieci dita. Tutte presenti, questa volta.
Testa, capelli.
Li misuro.

«Più lunghi... No, di più!»

Poi la faccia.
Controllo tastandomi.
C'è tutto, bene.
Sono al buio, ancora immersa nel nulla, ma splendo di luce mia.

I miei sogni cominciano tutti così. Li creo io, tutti quanti, da quando avevo sei anni.

Si chiama onironautica ed è la capacità di acquisire coscienza di sè durante un sogno. Io l'ho migliorata, perfezionata al punto di cambiarne la definizione in: l'arte di plasmare i propri sogni a piacimento.

Sono una specialista ormai, una maestra, dopo ventiquattro anni ho affinato una tecnica superba. C'è gente che ha studiato e provato per una vita intera, senza esserci riuscito nemmeno una sola singola volta.

Io riesco sempre, non fallisco mai!

Sono la regista delle mie notti, la sceneggiatrice delle mie fantasie. Questo è il mio mondo, il mio universo.

Io, qui, regno sovrana.

Detto le regole, detto le leggi.
Creo la fisica, creo la chimica.
Modello la geometria, piego tutti gli assiomi della matematica.
Tutto qui ubbidisce al mio volere.
Non c'è angolo che sfugga al mio sguardo, piano che sfugga al mio controllo.
Non una creatura che possa vincermi, se non sono io a volerlo.
Sovverto la natura, inverto il tempo, distorco lo spazio.
Disegno paesaggi, dipingo i cieli, accendo le stelle, se mi va.
Oppure distruggo montagne, spazzo via pianeti, spengo l'universo, se mi va.

In questo mondo, in questo spazio, io sono Dio.

E oggi ho voglia di volare...

Con lo sventolio di una mano coloro il cielo del più nitido azzurro possibile. Schiocco di dita, creando dal nulla un sole brillante.

«No, è troppo in alto!»

Lo abbasso di tre ore.

«Perfetto!»

Pizzico ripetutamente l'aria con le dita, creando pecorelle di bianco nell'azzurro.

Mi racchiudo e spalanco le braccia: erba del verde più bello che possa immaginare si distende a perdita d'occhio.

Stringo il pugno destro, alzandolo e una montagna si erge maestosa sul fianco della prateria. Ripeto il movimento con la sinistra, creando una gemella sull'altro versante. Tra loro una gola di roccia.

«Troppo larga...»

Braccia aperte che puntano alle montagne, mani schiuse. Spingo verso il centro, loro si avvicinano tra inquietanti smottamenti e decisi terremoti, finché della loro distanza non rimane che qualche decina di metri.

«Ok, così può andare»
Sorrido, inizio a correre.

L'erba solletica le piante dei piedi. Non rallento, anzi accelero. Il mio corpo inizia a vibrare, l'inconscio ha creato qualcosa senza che me ne accorgessi.

Lo raggiungo dopo poche falcate quel qualcosa: è un burrone, enorme, che si affaccia alle basi del crinale delle montagne.

«Bravo inconscio, bella idea!»

Arrivo al bordo e salto.

Precipito a testa in giù, verso il fondo roccioso. Prima di schiantarmi apro le braccia e, come un falco pellegrino, viro verso l'alto riguadagnando quota.

«Woo hoo!»
Grido tutto l'entusiasmo possibile, mentre svetto come un rapace, tra le rocce, tra gli alberi della vallata.
Schivandoli con precisione chirurgica.

M'infilo nella gola tra le montagne e accelero. Accelero. Accelero rompendo il muro del suono, umiliando in velocità ogni creatura esistente e, quando supero le montagne, esplodo in una nuvola di farfalle che si sparpagliano nell'infinito dell'azzurro.

«Che meraviglia...»

Le osservo perdersi, in tutte le direzioni. Alcune volano verso una distesa colorata, vicino un ruscello.

Ricompongo il mio corpo, le seguo. Si posano su fiori di campo che profumano di primavera. Il vento ci circonda, è piacevole, una brezza che mi attraversa finendomi dentro l'anima.

Gioia. Libertà.

Quando riapro gli occhi mi viene naturale sbuffare, cambiando espressione.
Qualcosa non va.

«Che palle... maledizione!»

Dall'altro lato del fiume, seduto su una roccia, c'è qualcuno.

Lui.

È un errore, un bug nel mio sistema perfetto. Un fottutissimo glitch apparso all'improvviso da qualche anno a questa parte.

Si palesa sporadicamente, per fortuna. Ma ogni volta che compare, mi manda a puttane il sogno.

È di spalle.
Fissa il cielo, distratto, distante.

Salto il ruscello, gli arrivo alle spalle.
Ho provato a cancellarlo, a distruggerlo. Niente, svanisce in una nuvola di fumo per ricrearsi subito dopo.
Ho provato a sparargli. I proiettili lo colpiscono, ma i buchi si richiudono subito dopo. Anche le lame sono inutili, contro di lui. Lo affetto ma si rigenera.
Ho provato a ignorarlo, ma lui riappare ovunque, anche nei posti più impensabili, per rovinarmi la festa.

Sì, mi rovina la festa perché, quando vedo il suo viso, il sogno collassa e mi risveglio. Sempre.

Non lo conosco, non ho idea di chi sia. Mai visto nel mondo reale.

È carino però, un ragazzo, un giovane uomo. Somiglia un po' a Cobain, con quel viso ruvido e un po' maledetto.

«Peccato, un altro bel sogno che sta per svanire...»

Lui si volta, io...

Apro gli occhi.
Sveglia.

Chi sei, maledetto uomo dei miei sogni?

La Frattura [Completa - In perpetua revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora