24 - Roma... era una vita che volevo andarci

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La sveglia di Gio suona puntuale.

Sei e trenta.

Chiudo gli occhi, fingo di dormire. Lui mi controlla, mi lascia un bacio velato tra guancia e capelli, abbandonando la camera da letto.

La notte è passata lenta.
Che poi la notte... due ore.
Centoventi minuti.
Settemiladuecento secondi.

Li ho contati tutti, ma non è servito a prendere sonno. L'amara scoperta che ho fatto ieri mi ha stravolto.

Che sta succedendo?
Ha inventato tutto?
La frattura, la donna, possibile che niente sia vero?
Ma poi, perché?

Dalle scale arriva profumo di caffé, normalmente mi lascerei guidare da quel meraviglioso aroma alla scoperta della sua origine. Ma questa volta no.

Non sono ancora pronta per affrontare Gio, per affrontare l'argomento. Devo metabolizzare l'accaduto, ancora, e preparare un discorso efficace.
È un maledettissimo campo minato quello su cui mi trovo, se sbaglio anche solo un passo boom, salta lui e salto pure io. E sebbene accetterei volentieri di saltare insieme a lui, fossimo costretti, preferisco pensare che la situazione non sia così disperata.

Gio si prepara con cura, al piano di sotto per non disturbarmi. Ha trasferito tutte le sue cose nel bagno di servizio, lasciando a me il completo dominio sul bagno in camera. È stata una sua idea, l'ha fatto per non disturbarmi mentre dormo. È molto premuroso nei miei riguardi.

Che succede, amore mio?
Hai davvero ricominciato a prendere quella merda? Non ti basto più?
Non riesci più a provare emozioni solo con me?
La tua anima ha ripreso a piangere?
Io... pensavo di averla guarita...

Lui sale in camera per vestirsi. Continuo a fingere di dormire, mentre lo spio tra jeans, camicia e golfino. Riesco a non farmi scoprire. Resisto alla smaniosa tentazione di stringerlo forte a me persino quando si avvicina per salutarmi, sussurrando.

«A più tardi, raggio di sole. Ti amo»

* * *

Ho appena finito con l'ultimo cliente. Ci vediamo tra poco, baci.
Ora del messaggio 15:45.

È quasi ora.
L'ora del suo rientro.

Ho pensato tutto il giorno a come avrei potuto esordire, a ogni possibile modo di iniziare questo discorso tanto delicato quanto pericoloso. Ho pensato a mille probabilità, diecimila risposte, centomila scenari diversi. Non sono riuscita a trovarne uno valido, uno che sia uno. In ogni esito possibile lui reagisce malissimo. Offeso, arrabbiato, amareggiato, colpevole, rammaricato, rancoroso, afflitto. Distrutto. Ho provato a fare il contrario, partendo da una sua ipotetica reazione positiva, ma quella strada non ha condotto a nulla. Niente, non sono capace di dare una spiegazione logica al perché di tutto questo. Al perché abbia inventato tutta questa storia della frattura.

La sola risposta che ogni volta fa capolino, come una gomma pronta a cancellare ogni altra soluzione possibile, è che sia ricaduto nuovamente nel tunnel. E che la frattura sia un prodotto della sua mente, alterata.

Sono seduta in cucina.
Posto di fronte la porta d'ingresso.
Mani giunte sul tavolo, davanti a me. Non prego, ma vorrei tanto avere la fede necessaria per farlo.

Forse mi aiuterebbe...

Sento la sua auto che arriva, i miei battiti che accelerano. Il cancelletto, la porta d'ingresso.
È qui.

«Tesoro?»
Non rispondo.

«Zahi! Sono a casa»
Taccio, aspetto.

Guardo le mani, che non vogliono saperne di stare ferme. Lui viene verso la cucina.

La Frattura [Completa - In perpetua revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora