21 - Replay

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Circa quattro mesi dopo


Buio. Freddo. Solitudine.

«Dove sono?»

Mi guardo attorno. Non c'è nulla, solo buio, freddo e solitudine.

«Aiuto! Gio? GIO? Ho paura...»

Avanzo senza riuscire a guardare dove metto i piedi. Non c'è pavimento sotto di me, eppure il freddo risale le gambe, intorpidendomi ogni singolo millimetro cubo del corpo. Sono in uno spazio indefinito. Infinito. Eppure mi sento chiusa, ingabbiata.

Ma dove mi trovo?

«Gio! Ho paura... ti prego!»

Una nuvola. Prende forma, colore, distanza.

È lui!

Corro, disperata. Cado, mi rialzo. Corro. Lui che si allontana da me. Ma io corro più forte e lo raggiungo. Lo afferro...
No, svanisce. È inconsistente, impalpabile. Evanescente che nelle mani non mi resta altro che disperazione. Grido. Lo chiamo. Lo imploro.

«Gio!»

Lo rivedo, ancora più lontano. Riprendo a correre. Mi sento pesante, soffocata. Mi manca il fiato, ma non posso arrendermi. Ho le gambe che bruciano, i piedi doloranti, ma non mi fermo. Lo raggiungo ancora, ma lui svanisce di nuovo.
Senza fiato, senza forze, crollo al tappeto. Un vortice mi risucchia. La vita che scorre, luce che trapassa, immagini sbiadite, suoni distanti e confusi. Atterro di faccia s'un pavimento. Ho dolore ovunque. Vorrei arrendermi. Spegnermi qui, su questo ghiaccio, lasciar fluire le forze residue fuori dal mio corpo. Una voce. Voce di donna. La riconosco.

È lei! Quella voce... quella lurida...

Mi alzo come una bestia assetata di sangue. Sbranerei il mondo intero. Mi nascono tre file di denti su fauci spalancate e spropositate.

«Dove sei? Fatti vedere!»

"Lui è mio."

«No. NO! Dove sei, maledetta... Dove?»

"Il destino non si può cambiare, rassegnati."

«No! Io lo distruggo il destino. Lo faccio a pezzi, hai capito?»

Grido al nulla intorno a me. Il mio nemico è ovunque. Lo sento nei sensi. Li attiva tutti contemporaneamente. Ne sento il fetore, il viscidume, il disgusto, l'orrore.

"Era destino... la frattura era scritta nel nostro destino... fai la brava ora, mettiti da parte e stai a guardare."

Luce abbagliante e fischio assordante. Chiudo gli occhi e copro le orecchie ma è inutile, la luce e il rumore sono nella mia testa e li sparo fuori come laser da bocca, occhi e orecchie. Rimango sorda e cieca, inerme. Accartocciata su me stessa come un rifiuto. Un rifiuto umano. Quando riprendo a esistere lo vedo.

Gio...

È davanti a quel fottutissimo muro. A quella fottutissima frattura. A quella specie di sporca vagina spaziotemporale che lo vuole sedurre a tutti i costi.

«Gio!»

Lui si volta. Mi guarda. E mi dice addio.

«No! No, ti prego, no!»

Allungo la mano, ma sono troppo distante. Lui si fa luce e varca il cancello.

L'ho perso... l'ho perso per sempre!

«GIO!»
Ci metto diversi secondi a realizzare dove sono. Sudata. Affannata. Devastata. Un incubo, il peggiore della mia vita.

Sono a casa?

Tasto in giro. Sì, sono a casa. Il letto è bagnato di sudore, come la sottana che indosso. Perle cristalline mi fanno una collana con una scia pendente sul petto. Il cuore martella, sembra voglia scappare anche lui da questo sogno tremendo.

Cerco Lui. A casa sua. Viviamo qui da quattro mesi, insieme. Non lo trovo. Il letto è ancora caldo anche dal suo lato. Si è alzato da poco. Mi alzo anche io ma rischio di cadere, le gambe ancora tremano. Ho freddo. È estate, c'è afa, io sono sudata fino al midollo ma tremante e con l'inverno dentro.

«Gio?»

Nessuna risposta. Lo cerco nel bagno al piano di sopra. Niente. Nello studio. Niente. Nella camera che, solo qualche giorno fa, ha detto sarebbe stata del nostro futuro bambino. Niente.
Mi soffermo un momento a guardarla, in cerca di un ricordo felice che mi possa rincuorare. È vuota, completamente vuota. La usava come magazzino, ma da quando vivo con lui l'ha svuotata.

«Mi tengo pronto, non si sa mai!»

Me lo ha detto con il sole sul viso.

«Ma non è troppo presto per pensare a un figlio?»

Gli ho domandato. Mi ha risposto nel modo più dolce possibile. L'avrei fatto subito un figlio con lui, proprio in quel momento, alla fine di quella frase.

«Sei riuscita a salvare me, non vorrei madre diversa da te per il mio bambino»

Sì, definitivamente gli sarei saltata addosso in quel preciso momento.

Ma adesso è sparito. Io lo cerco, ma lui sfugge, come nel sogno.
Al piano di sotto, in cucina. Niente. Nel salotto, sul divano. Niente. Nemmeno nel bagno di servizio.

Sei uscito? Per andare dove? Via da me?

Rimangono solo due possibilità. Una è che sia uscito, l'altra...
Una luce. Blu, elettrica, intensa. Arriva dalla taverna. La tachicardia riprende. Respiro pietre, mastico sabbia. Scendo. Il pavimento è caldo. Devo essere gelida. Seguo la luce e lo trovo.

Finalmente? No.

Il sogno... l'incubo che diventa realtà.

Si può provare una paura peggiore del vedere un incubo che si trasforma in realtà?

Gio è davanti alla frattura, la luce accecante blu lo investe. Ha la testa contro il muro. Poi... esplosione. Lui che si schianta sul pavimento, strisciando sulla schiena per un paio di metri. Fermo.
Morto.
Grido. Grido da strapparmi la pelle della faccia. Corro da lui. È bollente. Gli raccolgo la testa tra le braccia, avvicino l'orecchio alla sua bocca.

Respira! Dio... respira ancora!

Vedo cadere lacrime che non credevo di versare sul suo viso. Lo chiamo, ma lui non si sveglia. Però respira.
Per ora mi basta.
La luce blu accecante è scomparsa, ma al suo posto una più fioca. Fa guida nel buio della taverna. La seguo.
«Sei li, maledetta puttana! Giuro che ti ammazzo!»
Le punto l'indice più minaccioso che possiedo contro.
«La varco io la frattura! Preparati, vengo a farti un culo così!»
Le ringhio contro tutta la mia rabbia, tutto il mio dolore. Mi avvicino, più vicino.
Guardo nella frattura.
La mia vita si ferma. Il tempo si ferma. E tutto si riavvolge come nastro in un rewind lisergico. Cosmico.

Replay.

La Frattura [Completa - In perpetua revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora