32 - Lui... si chiama Gio!

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Il giorno della tempesta...

Sta diventando un'ossessione.

Il mio pensare a lui peggiora di giorno in giorno. Ho provato in ogni modo possibile, ma non riesco a trovare distrazione che riesca a spostare il fulcro del mio vagare dal suo viso a qualcos'altro.

Forse... forse il problema è che non voglio realmente farlo.

Pare che stanotte debba accadere qualcosa. Qualcosa di unico, nella storia dell'umanità. La televisione mi parla.

Provo ad ascoltarla.

Gli scienziati del Laboratorio Nazionale Del Gran Sasso, dopo alcune osservazioni fatte, hanno confermato che, approssimativamente intorno alle ventitre di questa sera, una tempesta di particelle provenienti dallo spazio si abbatterà sulla Terra, investendola completamente. Le particelle, conosciute soltanto a livello teorico come "tachioni", pare siano uno dei tabù della fisica quantistica, in quanto capaci di viaggiare a velocità superiori di quella della luce. Gli occhi di tutta la nazione sono puntati verso questo straordinario fenomeno e, nonostante si tema qualche focolaio di panico, gli scienziati assicurano che non esiste alcun pericolo reale per-

Ho spento.
Non è riuscita nemmeno lei a distrarmi.

Fare questo ritratto sulla parete è stata una pessima idea. Non faccio che starmene seduta qui, sul divano, a fissarlo.

A fissare Lui.

Basta, non ce la faccio più. Devo cancellarlo, distruggerlo, farlo a pezzi. Mi muovo, cambiando stanza. Il corridoio, la porta in fondo il mio obbiettivo.

Corro nello sgabuzzino, alla ricerca di qualcosa che possa aiutarmi.
Una cassetta degli attrezzi. Quelli che uso per dilettarmi con i piccoli lavoretti domestici. L'afferro e la porto con me, in salotto.

La apro.

Cerco qualcosa, tipo un diluente, un barattolo di vernice.
Niente del genere.

Maledizione!

Trovo solo una gran quantità di cacciaviti, di pinze e pinzette, di chiavi inglesi. Un rotolo di nastro adesivo, di quello spesso e telato, quello che usano per legare le persone nei film. Tutta roba inutile, ora come ora.

Basta, devo uscire, devo andarmene.
O rischio d'impazzire sul serio!

Afferro la giacca e la borsa, fuggo da casa mia.

L'ascensore ci mette un secolo ad arrivare dal piano terra fino al settimo.
Quando si apre ne varco le porte. Diretta verso il nulla.

* * *

Rincaso che sono le ventidue e quarantacinque minuti.

La città è in fermento. Sono tutti fuori, per strada o affacciati ai balconi. Tutti con gli occhi puntati al cielo, pronti a osservare chissà cosa.

Ho vagato a piedi, senza meta. Mi sono arresa, per la stanchezza e per il freddo che mi ha riempito, fin dentro il midollo osseo.

Getto la borsa sul divano, la giacca per terra. Mi lascio cadere tra i cuscini, distrutta.

Silenzio.

Solo il rumore del mio respiro e della mia nuova ossessione.

«Che guardi?»
Gli dico.
A Lui.
Al Lui sul muro, che mi guarda e sorride. Ride di me e della mia follia.

«Che cazzo guardi? Che cazzo vuoi da me?»
Gli urlo contro.

Non risponde. Ride e basta.

«Lasciami in pace! Hai capito?»

La Frattura [Completa - In perpetua revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora