45 - Questo è... Lui!

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Il tempo passa, ma io ho smesso di contarlo. Di consideralo.
Non ha più alcun senso per me, lo scorrere dei giorni.

Sono tutti uguali. Tutte fotocopie malriuscite, con difetti che si amplificano in sequenza. Fotogrammi svaniti, sulla quale scivolo con indifferente svogliatezza.
Immobile, diretta verso il nulla. Nave alla deriva, senza capitano, senza equipaggio.

Saranno passati dieci, forse quindici giorni dalla settimana passata a Taranto, con Gio.
Forse di più, forse di meno. Ma non ha più alcuna importanza, ormai.

Mi sono riscoperta a pensarlo, più e piu volte, più spesso di quanto avrei mai potuto immaginare. Tentata ogni volta, fortemente, dal rimuovere il suo numero dalla lista dei contatti bloccati. Ma non ho mai trovato il coraggio necessario per fare una cosa simile. Non la merito un'altra possibilità perché in primis sono stata io a non concederla a lui, quella possibilità.

Chissà se è riuscito a perdonarmi...
Io non l'avrei fatto. Quindi con che faccia, con che coraggio posso sperare di anelare a una cosa del genere?

Guardo la galleria del mio cellulare.
È miseramente vuota. Sono davvero un'idiota, in sette giorni non gli ho nemmeno scattato una fotografia. Nemmeno una, nemmeno uno scatto fugace o un selfie insieme, da usare in questo momento. Per ferirmi, ancora di più. Per far entrare le lame dei miei sensi di colpa più a fondo, nella pelle dell'anima.

Sul divano.

È freddo. Ma del resto tutto è freddo, nalla mia realtà. Tutto è colorato sulle tinte del blu. Anzi no, del grigio. Del ghiaccio. La mia personale visione dell'inferno.

Lorena mi ha assillato per giorni, voleva sapere cosa avessi fatto in quella settimana e cosa mi affliggesse così tanto da farmi smettere di essere la me stessa che conosce. Ha colto un sorriso felice, di un ricordo, e l'amarezza di una scelta obbligata, ma non le ho raccontato nulla. Nè di Taranto, nè dei miei svaghi. Nè di Gio. Finirei per ritrovarmi a dover versare altre lacrime. E io le ho esaurite.
Definitivamente.

C'è solo aridità, ora come ora, nei miei occhi. Solo il deserto, dentro di me. Solo una fredda e buia desolazione. Una terra brulla, dove non fioriscono altro che scheletri.

Il suo ritratto, quello di Lui, sul muro. È cambiato. È meno bello di come lo ricordassi. Forse sono io a essere cambiata. O forse è qualcosa dentro di me a essere cambiato. Forse lo spazio che credevo occupato, adesso si è liberato.

O forse mi sto soltanto illudendo. Lo spazio che ho dentro non è libero, è vuoto. La frattura adesso non è più sul quel maledetto muro, adesso è dentro di me. È un buco profondo, uno squarcio irreparabile, dentro la mia anima.

Mi alzo senza rendermene conto.
Frugo nella cassetta degli attrezzi, che soggiorna qui, nel mio salotto da mesi.

Cerbero davanti allo Stige.

Come ipnotizzata, prendo un cacciavite e inizio a infierire sul suo volto. Sul volto di Lui. Colpendolo con quanta forza ho in corpo.

Grido.
Grido isterica.
Grido come pazza.

Una follia senza senso, senza spiegazioni logiche.

Colpisco la cicatrice bianca, lo stucco istantaneo che ho usato per chiudere la frattura. Viene via completamente, ma non mi fermo, continuo e continuo a colpire il muro. Sfogando un vuoto che non ha limiti. Una disperazione senza pari.

È colpa tua!
Maledetta, è colpa tua!
Perché? Perché io?

E vorrei continuare, fino a stramazzare al suolo, ma non riesco.
Un pensiero mi stronca. Finisco di ginocchia sul pavimento, per l'ennesima volta. Per l'enneaima volta in lacrime.

La Frattura [Completa - In perpetua revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora