48 - E buonanotte per sempre, Zahi...

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Quando finalmente riprendo possesso delle mie facoltà, il danno ormai è compiuto.

Lei è tra le mie braccia, la sua testa sul mio cuore. I suoi morbidi capelli biondi sparsi un po' ovunque, sul mio petto.

Nudi. Sudati. Aggrovigliati sotto lenzuola bianche, nere di peccato, sporche di lussuria. Come le nostre anime.

«Te ne andrai, vero?»
Mi chiede, con la voce di chi conosce già la risposta.
«Sì. Devo»

Disegna cerchi sulla mia pelle. Spirali elicoidali, che non hanno fine. Chiede ancora, una domanda che ha solo una risposta possibile.
«Glielo dirai?»

La stessa risposta.
«Sì. Devo»
«No, non devi»
«Dovrei mentirle?»
«La farai soffrire inutilmente. Potrebbe anche lasciarti»

Inspiro pesantemente, prima di parlare. Le parole che sto per dire sono macigni, serve tutta la forza che ho in corpo per tirarle fuori.
«Lo so. Ma devo comunque. Ne accetterò le conseguenze, qualsiasi esse siano. Lei forse riuscirà a perdonarmi, sono io che non riuscirò a perdonare me stesso. Tu invece, che farai?»
«Credo lo stesso...»

Silenzio. Solo il rumore dei nostri respiri in sincronia. Lo interrompo io.

«Come torno indietro?»
«Tu e l'altro dovete guardare nella frattura contemporaneamente»
«Come sapevi che ci sarebbe stato lo scambio?»
«Non lo sapevo. È stato una casualità. O forse era destino che sarebbe dovuto accadere. Chi lo sa...»

Mi lascio sfuggire una confessione.
«Io non credevo al destino»
«E adesso?»
«Adesso non lo so. So solo che voglio tornare da lei. E chiederle scusa»

Si alza e mi fissa negli occhi.
Un sorriso, il più bello che mi abbia mai fatto. Il più sincero di tutti.
«E allora vai da lei»

* * *

Ho scritto a Zahira come fare a ripetere lo scambio. Il mio omologo mi aspetta al di la della frattura, occhio pronto a sbirciare.

«Con questo siamo a due»
Dico, reggendo con difficoltà il suo sguardo.
«Per me sono tre, in realtà. Ma considerando che in uno dei tre non eri proprio tu, allora sì, sono solo due»

L'abbraccio, prima di dirle addio. E per sempre, questa volta.
«Allora... buona fortuna, Abi»
«Buona fortuna a te, Gio»

Mi volto, sbircio.
Torno a casa.

* * *

Quando riprendo i sensi, mi ritrovo con la testa sulle gambe di Zahira. Mi accarezza i capelli, con amorevole pazienza.

Mi vergogno come un verme a prendermi quelle attenzioni che non merito, ma Dio solo sa se ci sarà un'altra occasione per riceverle. Chissà se mai quella dolcissima mano si poserà ancora sulla mia testa, con lo stesso sentimento che esprime ora...

«Come ti senti?»
«Una merda...»
Sorride. Lo fotografo nella mente, probabilmente quello è l'ultimo che vedrò.

«La frattura si è chiusa»
La indica. Sporgo la testa, ora è soltanto una crepa nel muro. Il foro al centro non esiste più, è collassato tra i lembi di muro. La cosa mi solleva. Almeno in parte.

Mi tiro seduto. Lei domanda.
«Com'è andata dall'altra parte?»

Rido amaramente.
Questo è il punto in cui prendo la mia vita, prendo la sua vita, ne faccio palline e le scarico nel cesso dell'esistenza.

«Stanotte ho scoperto una cosa di me. Ho scoperto che non sono l'uomo che credevo»

Il suo sguardo a metà, tra il perplesso e la preoccupazione, è il preludio alla fine del mio mondo. Come lo conosco ora.

«Zahi, devo raccontarti una cosa. Non pretendo il tuo perdono, ma vorrei soltanto che tu ascoltassi la storia fino in fondo»

Il suo viso s'incupisce. Teme. E fa bene.
Prendo fiato e inizio a raccontarle gli eventi di quella sciagurata e incomprensibile notte.

La frattura mi ha insegnato una cosa, almeno. Mi ha insegnato che la vita è un'altalena, che oscilla tra cose belle e cose brutte. Spesso accadono entrambe senza che ci sia un perché, dietro. E a volte senza che lo si riesca a capire quel perché, anche quando c'è. La vita non è una partita a scacchi, non esiste la mossa perfetta. Gli errori si commettono e, quando accade, l'unica cosa sensata da fare è affrontarne le conseguenze. Anche quando gli sbagli non sono volontari. Anche quando sbagli, in fondo in fondo, non lo sono. Non si può tornare indietro, si può solo andare avanti. Proseguire il cammino e provarci, provarci sempre. Anche quando non c'è più speranza, anche quando sembra soltanto una corsa nel buio. Anche quando sembra che un senso, a tutto il dolore che ci piove addosso, non ci sia. Avrei potuto scegliere di rimanere dall'altro lato, illudendomi di poter lasciare alle spalle le mie responsabilità. Ma non sarebbe stato giusto.

Alla fine del racconto, Zahira si alza in piedi. Mi da le spalle per un tempo che non saprei descrivere. Aspettando qualcosa. Forse un coraggio che non trova.

Poi corre via, sfrecciando come una furia. Scatto al suo seguito, ma non riesco a starle dietro, sono ancora troppo intorpidito da quel fottuto viaggio attraverso le dimensioni del tesseratto.

«Zahi! Zahi, ti prego... aspetta!»
Grido, ma inutilmente. Lei non ascolta, lei non vuole fermarsi.

Spalanca porta e cancello. Senza freni, senza remore. Senza voltarsi indietro.

La inseguo barcollando, per strada.
Lei corre. Corre e basta. Priva di meta, priva di scopo.

Sta scappando. Via da tutto, via dal passato, via dal presente, via dal futuro. Via da me.
E io dovrei lasciarla andare, ma non posso. Non la merito, ma non riesco ad accettare di perderla. Che sia per sempre, per un giorno o soltanto per un secondo.

Seguo la sua scia sull'asfalto della notte. Nemmeno mi preoccupo di essere scalzo, non sento alcun dolore fisico. Il dolore è tutto dentro.

Una luce. Due fari. Le corrono incontro a una velocità pazzesca.
Suono. Clacson che grida preghiere, implorando. Lei inchioda, si volta. Mi guarda. Apre le braccia, vuole lasciarsi colpire alle spalle.

Chiude gli occhi, abbandonandosi. Grido, mentre le tendo la mano, come volessi tirarla a me. Strapparla a quel destino maledetto, infame e ingiusto. Ma tra noi ci sono venti metri, non farò mai in tempo a raggiungerla. Per salvarla.

Il conducente sterza, perdendo il controllo del mezzo. Slitta sull'umidità, va in testa coda, ma riesce comunque a scansarla. In un ultimo gesto disperato, l'ultimo tentativo della speranza che ci mette una mano sopra.

Lei è salva.

La sfiora, come una carezza portata dal vento. Ma quella corsa folle non s'interrompe, però. Punta verso di me.
Sbanda. Non riuscirà a fermarsi o a deviare in tempo, questa volta. È un destino già scritto, il mio, è ineluttabile. È una fine, questa, inevitabile.

Penso una cosa, prima che tutto si dissolva. Un pensiero per Zahira, che mai avrei voluto trovarmi in una situazione tale da doverglielo dire. Una cosa che mi uccide molto più di mille proiettili. O di mille lame affilate.

Addio anche a te, Zahi...

È così che muoio, prima ancora che l'impatto abbia la meglio su di me. Ma sorrido, di fronte a tutto questo. Assurdamente felice, follemente sollevato da una pazzesca convinzione.

Da qualche altra parte dell'universo, forse, quell'auto ha colpito lei. E allora è meglio così. È molto meglio, che sia finita così.

Poi, solo il buio.

E buonanotte per sempre, Zahi...

La Frattura [Completa - In perpetua revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora