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Veronica

Sono imbarazzata, non so cosa dire o fare. Andrea e Giulia si mettono a discutere e Dylan si ritrova in silenzio accanto a me.

«Hai già mangiato?» mi chiede.

«Sì, aspetto il dolce.» lo guardo e annuisce con la testa.
«Allora... sei loro compagno di classe?»

«Sì.»

«Mi dispiace per il tuo telefono.» Lui sorride.

«Davvero non importa. Non è colpa tua, abbiamo solo sbattuto contro.»

«Già.» Andrea gli chiede qualcosa e inizia un discorso con loro. Vengono interrotti dalla nonna che continua a portare razioni di cibo. Quando finalmente arriviamo al dolce arrivano a tavola anche gli altri due. Mi taglio una fetta della torta e lo faccio anche per Dylan. Mi ringrazia e mia madre citofona.

«Vai tu Olly!» mia nonna urla al nonno di rispondere mentre siamo tutti impegnati a mangiare.

«Ciao!» mia madre entra nel salotto e tutti la salutiamo.
«Sei il loro amico?» mi copro con una mano la faccia e penso a che domande stupide fa mia madre. Mi guarda e fa un fischio di approvazione. Ecco, riesce sempre a mettermi in imbarazzo.
«Veronica, mi piacerebbe se mi portassi a casa un ragazzo così!»

«Allora ne trovo uno che non ti piace e lo sposo, giusto per avere il piacere di contraddirti!» lei alza una mano e dice:

«Sempre la solita.» Tutta la famiglia sta ridendo e io desidero sparire da lì.
Dopo il bis di torta iniziamo a sparecchiare, creando un ingorgo in casa.
«Dobbiamo andare a prendere Silvia, Veronica! Siamo in ritardo!»

«Ma non può tornare a casa in pullman?» sbuffo.

«Dai Veronica.»

«Ma io ho urgente bisogno di andare a casa, ho un sacco di compiti!»

«Non importa, aspetti un attimo.»

«Uffa!»

«Se volete la porto io a casa.» Mi giro immediatamente verso Dylan.

«Ma non devi andare a casa con Giulia e Andrea?»

«No, sono venuto qui solo per mangiare perché tua cugina è tanto gentile da avermi invitato perché a casa non posso tornare.» inarco le sopracciglia e proprio quando sto per chiedergli il perché, mi dico di farmi gli affari miei.

«Ma sei venuto in pullman.»

«Stamattina ho lasciato la moto parcheggiata qui vicino.» Mi volto verso mia madre e lei sorride. Mia mamma è sempre stata molto protettiva nei miei confronti, di sicuro non mi lascerà andare.

«Certo vai pure, ci vediamo a casa.» Spalanco gli occhi.

«Sul serio?»

«Sì, ma devi mettere il casco.» Poi guarda Dylan.
«E te non fare cavolate.» Prende la borsa e esce di casa, mentre mia nonna impallidisce. Vedo che non riesce più a trattenersi dal dare un giudizio.

«Ottimo, allora andiamo?»

«Sì.» Metto le scarpe e prendo la cartella e il giacchino, me lo infilo e esco di casa salutando i nonni. Dylan mi segue e ringrazia infinitamente per il pranzo. Arriva l'ascensore e lo sprono ad entrarci.

«Ma hai almeno diciott'anni?» lui ride.

«Ne ho diciassette.» Camminiamo fianco a fianco. Io mi guardo i piedi mentre lui il cielo.

«Perché non puoi tornare a casa?» si rabbuia.

«Lunga storia.» Faccio una smorfia e lo guardo.

«Dove hai parcheggiato la moto?» sorride e ne indica una.
«Bella.»

«Non pensavo che alle ragazze piacessero le moto, pensavo le comprassero solo per utilità.»

«Perché voi le comprate solo perché vi piacciono?»

«No, ma anche per quello.»

«Ce l'hai un casco in più vero?»

«Ma quante domande fai? Rilassati ho tutto.» Allunga la mano e mi porge un casco nero, mentre ne prende un altro. Mi sciolgo i capelli sventolandoli al vento e me lo infilo. Lo guardo e lo trovo a fissarmi. Arrossisco completamente e lui mette la cartella semi-vuota nello scompartimento.
«Te la tieni in spalla.» Annuisco e salgo allargando le gambe mentre sale davanti a me.
«Dove abiti?» gli dico la via e lui mi risponde che la conosce.
«Non ci sono maniglie, ti puoi attaccare solo a me o se preferisci non ti attacchi del tutto.»

«Non mi attacco grazie.» Ride e mette in moto.

«Allora auguri.» Non capisco perché dovrei aver bisogno di un auguri finché non facciamo la prima curva. Neanche fossimo alle gare di moto. Sfioriamo l'asfalto e con un urletto mi aggrappo alla sua pancia.

«Ma sei pazzo?!» urlo per farmi sentire.

«Te l'avevo detto, vedo che hai imparato la lezione.»

«Vomito.» Commento.

«Sei pregata di non farlo su di me o giuro che non ti porto mai più a casa.»

«Tanto sarà l'ultima volta.»

«Non ti ha detto Giulia che verrò sempre a mangiare da tua nonna?» rimango muta. Sono scioccata.

«Perché?!»

«Wow, vedo di esserti molto simpatico.» Sbuffo.
«Perché non posso tornare a casa e tua nonna ha acconsentito, in cambio farò dei lavoretti in casa sua quando ne avrà bisogno.» Non parliamo più per il resto del tragitto.
Quando arriviamo lui accosta e io scendo. Mi sfilo il casco e scuoto la testa per far tornare i capelli normali.

«Allora ci si vede. Grazie.» faccio per voltarmi ma lui mi ferma.

«Non mi inviti a salire?»

«Ma manco ti conosco.»

«Potresti farlo.» Sfoggia un sorriso sghembo.

«Sei come tutti gli altri ragazzi. Siete tutti uguali.» mi giro e percorro il vialetto di casa. Mi sento sola e mi pento terribilmente di non averlo fatto salire.

~spazio autrice~
Sono contenta di avere iniziato a scrivere questo libro.

Dobbiamo trovare un ship per Veronica e Dylan😍!

Proponete nei commenti!

Solo noiWhere stories live. Discover now