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Dylan

Strofino più volte le mani sui miei jeans sporchi di sangue e cerco in tutti i modi di calmarmi. Sento le sirene della polizia e dell'ambulanza avvicinarsi finché non si fermano davanti al cancello di casa mia. Lo sorpassano e io li guardo correre verso di me. Dei signori mettono Veronica sulla barella e la trascinano via da me, mentre io impotente ascolto i poliziotti urlarmi, senza però sentire alcuna parola. Alzano mio padre, ormai cosciente, da terra e lo ammanettano dietro la schiena. I vicini escono da casa in vestaglia e guardano la scena, io vengo tirato su e tutto si ferma. Mio padre si gira con difficoltà verso di me e mi guarda con disprezzo per avergli disubbidito, per non essere riuscito ad educarmi.

Ho perso mio padre e Veronica, non so neanche se è viva. Ho passato quei minuti infernali cercando di rianimarla inutilmente. Il suo cuore si era fermato. Il tempo inizia a fermarsi.

Gli agenti mi portano in un altra ambulanza, cercando intanto di attirare la mia attenzione. Riesco solo a capire che sono sotto shock, in tutta la confusione che si è creata io vengo sdraiato su un lettino e le porte dell'ambulanza vengono chiuse, mentre il veicolo parte. Una voce melodiosa mi parla e io cerco di individuarne la provenienza. Mi soffermo su una signora di mezza età. Il tempo riprende a scorrere velocemente e io mi riprendo.

«Come ti chiami?»

«Dylan.» Rispondo con non so quali forze mentre mi attaccano tante, troppe flebo.

«Bene Dylan, mi puoi raccontare cosa ti è successo?»

«Mio padre...» non riesco a continuare la frase.

«È stato arrestato, è stato lui a farti questi lividi in faccia?» io annuisco e con difficoltà mi giro sulla schiena. Lui mi alza la maglietta e fa una smorfia.
«Ti devo chiedere da quando va avanti questa storia.»

«Da quando avevo quattordici anni. Mia madre da quando sono nato vive in ospedale e non sa niente di tutto ciò. Mio padre ha iniziato a bere e mi picchiava e mi frustava per sfogare la sua rabbia, mentre io aspettavo il mio diciottesimo compleanno.» Lei annuisce e io inizio a non vedere niente finché non mi addormento.

                              ***

Mi sveglio su un lettino bianco e mi metto a sedere. Subito la stessa infermiera dell'ambulanza entra nella camera con un poliziotto e mi sorride.

«Come stai?»

«Meglio, ora mi potete togliere tutti questi tubi?» lei sorride e inizia a trafficare, mentre il signore mi guarda.

«Ti devo interrogare. Tra due giorni c'è il turno di tuo padre in tribunale, dobbiamo avere prove.» Annuisco e inizio a rispondere a tutte le sue domande.
Mezz'ora dopo mi congeda e se ne va con l'infermiera.

«Aspetta!» la donna si ferma e torna dentro.
«Quando verrò dimesso?»

«Le tue ferite sono tante, ma non possiamo fare altro perciò ti dimettiamo domani mattina, ora riposati.»

«In che ospedale sono? Dove andrò?» lei dice un nome di ospedale e io lo collego a quello in cui mi hanno portato dopo il mio
incidente in moto e a quello dove risiede mia madre.

«Dopo andrai direttamente in una casa da solo ad abitare, così ha deciso il giudice, in quanto compirai gli anni la prossima settimana.

«Dove si trova la ragazza che ieri era a terra davanti a me? Dove è Veronica?!» mi alzo di scatto e corro verso la porta.
«È viva, vero?!» l'infermiera dubita e mi dice che non posso vederla.
«Non mi interessa un cavolo! Dimmi subito dove si trova!» inizio ad urlare e lei si spaventa.

«La ragazza era morta, il suo cuore si era fermato...» trattengo il fiato e la mia testa gira.
«L'hanno rianimata, ma è in una situazione critica. Devono tenere controllato il suo cervello, è ancora in pericolo.»

«È sveglia?»

«Sì...» dico un grazie e corro via, cercando Veronica. Un'infermiera terrorizzata mi indica timidamente una camera e io mi ci fiondo dentro, senza ascoltare nessuno. Trovo i suoi genitori accanto a lei che mi guardano straniti. Lei si gira e il suo sguardo mi riempie il cuore. Lei sorride e dice ai genitori di uscire. Mi siedo accanto a lei e la prendo per mano.

«Sei viva.» Le lacrime mi riempiono gli occhi e lei mi stringe forte. Ha troppi lividi sul collo e sapere che è solo colpa mia mi distrugge.

«Mi aspettavo parole migliori.» Rido.

«Un 'ti amo' ti va bene?»

«Ehm, penso di sì.» Sorridiamo e io le do un dolce bacio sulla fronte. Sono così felice.

«Ho fatto tante troppe cavolate e mi dispiace per tutto Veronica, per mio padre e il mio fratellastro, ho una famiglia schifosa...»

«Shhh, io voglio solo te. Ti sono venuta a cercare a casa tua dopo due ore di camminata e quando sono morta ero comunque felice. Scusami per non averti perdonato subito. Ti amo un sacco, lo sai vero?» la bacio.

«Ti prego non lasciarmi più. Ho temuto il peggio quando ti ho vista a terra. Ho sbagliato a non cacciare prima mio padre.» Sono uno stupido.

«Zitto. Ti perdono per tutto. Ma ti prego non lasciarmi più. Ho avuto tanta paura.»

«Mai più.» Bacio le sue mani finché non inizio a piangere. Lei mi strige ancora più forte, fino a quando non mi calmo.

Lei mi ha perdonato. È tutto quello che volevo.

«Ora devo andare da mia madre.»

«Vengo anche io.» Lei tenta di alzarsi.

«No!» quasi urlo.
«Ti rimani qui. Le dirò di venire qui così te la faccio conoscere.» Lei sorride contenta.
«È una donna così dolce. Mi vuole bene.»

«Ora vai.» Le do un bacio e esco dalla camera. Saluto i suoi genitori che mi guardano. Il padre mi fulmina con gli occhi e la madre mi guarda come fossi un esperimento scientifico. Vado di corsa da mia madre. Ormai purtroppo conosco il percorso a memoria. Busso e la sua voce mi incita ad entrare. Sorrido istintivamente e entro. Lei mi abbraccia subito e piange.

«Non mi venivi a trovare da tanto tempo! Mi sei mancato figliolo.» Mi squadra per bene e poi mi chiede preoccupata cosa è successo. Io prendo un respiro profondo e le racconto la verità che ho temuto da tempo di doverle dire. Lei ascolta e piange.
«È solo colpa mia! Io ti ho lasciato con lui senza mai accorgermene. Sono una madre pessima!» la consolo e le continuo a ripetere che non è colpa sua, cercando di trattenere le lacrime. Ho già pianto. Quando si riprende mi sorride e io la guardo in tutta la sua bellezza. Ha la testa rasata dalle troppe chemio, gli occhi azzurri, diversamente dai miei, è troppo magra, ma io la trovo stupenda.

«Mamma ti porto da Veronica.»

«La ragazza che...» non riesce a finire la frase.

«La mia ragazza.» Lei sorride come non glielo avevo mai visto fare e inizia a farmi un sacco di domande. Io sorrido felice davvero per una volta nella mia vita e la porto da Veronica. Entriamo e troviamo ancora i suoi genitori che mi guardano male, probabilmente Veronica gli ha detto di noi due.

«Salve!» mia madre usa un tono di voce troppo alta.
«Io sono Michelle, la mamma di Dylan. Veronica! Sei tu che hai messo in riga mio figlio?» lei sorride timidamente e inizia un discorso con mia madre. Veronica perdona mia mamma perché è ciò che lei si vuole sentir dire e a loro si unisce anche la mia futura suocera. Nonostante gli sguardi di morte del padre di Veronica, i problemi di mia madre e i problemi miei e di Veronica sono felice. Spero che il tutto possa durare per sempre.

~spazio autrice~
Ecco quiiiii. Non è morta!! Felici?
Il prossimo capitolo è l'epilogo... manca solo un capitolo probabilmente alla fine di questa storia💜

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