Capitolo 2: Ventalun - 1° parte

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Ventalun, borgo della regione monte Cielo

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Ventalun, borgo della regione monte Cielo. 26 luglio 495, anno della Lira.

Un sottile fascio di luce illuminò all'improvviso le lancette dell'orologio della torre, mentre il Sole si innalzava solenne all'orizzonte. Esitante a sfavillare, il raggio passò inosservato anche quando aumentò ampiezza facendo risplendere l'intero quadrante. L'alba si annunciava così a Ventalun. Presentandosi senza far rumore ma donando alla cima del monte, sovrastante il borgo, sfumature appariscenti. Chiunque stesse osservando lo spettacolo di ombre e di bagliori, era consapevole che la discrezione del nuovo giorno non sarebbe rimasta confinata sulla vetta. I colori, dapprima tenui, divennero più marcati e intensi. Nessuna tinta pastello sopravvisse al tocco aranciato che dipinse ogni anfratto della montagna. 

Ormai impaziente di risaltare la bellezza in ogni angolo, l'aurora posò lo sguardo sulla foresta che circondava il paese. Così estesa da non scorgerne una fine. Le foglie furono rivestite da scintillii simili a polvere di diamante che valorizzarono ancora di più l'intensità verdeggiante delle chiome. Perfino i volti dei viandanti iniziarono ad accendersi di stupore non appena le tegole dei tetti, in ardesia, mutarono gradazione tingendosi di riflessi ambrati. La stessa tonalità che si proiettò anche sui muri in pietra delle case. Un rintocco dell'orologio seguito da altrettanti, scandì il ritmo degli scuretti delle abitazioni che si aprirono come le corolle dei fiori, mentre la luce stendeva il suo manto dorato in tutte le vie.

Per quanto aleggiasse il silenzio e l'armonia, riprese a pulsare la quotidianità in tutte le sue sfaccettature. Andature sempre più frenetiche imitavano di pari passo la velocità dei voli delle aquile che scrutavano dall'alto il centro abitato: guardiane di un panorama mozzafiato.

Erano trascorsi solo una manciata di minuti da quando la stella era sorta, ma l'afa opprimente di Luglio si faceva sentire. Si poteva intravederla nei volti affaticati dei contadini che caricavano le verdure sui carretti. Così pure nelle bancarelle improvvisate che affollavano i vicoli del piccolo borgo. Quella mattina, non c'erano soltanto canti e chiacchierii ad animare la piazza del paese, ma ticchettii di scarpe che echeggiavano di fronte a una fontana. Passi veloci, talvolta calmi e perfino inquieti si susseguirono uno dopo l'altro intorno agli edifici che circondavano la fonte. Ma ce ne era uno che più di tutti risuonava a un ritmo cadenzato. A compierli, una sagoma femminile che non accennava a rallentare. Procedeva sicura mentre gli zampilli d'acqua scorrevano docili alle sue spalle.

Asciugandosi la fronte con un fazzoletto di cotone, la donna si fermò davanti a un edificio con ampi portici. Una semplice insegna, appesa sull'estremità di un arco, oscillava producendo un debole cigolio. Così lieve che appariva un suono melodioso piuttosto che una sinfonia fastidiosa. Senza soffermarsi a leggere il nome inciso sul legno, avanzò verso una porta e afferrò decisa la maniglia di ferro. Anche quella mattina corrugò la fronte nell'abbassare di scatto l'impugnatura. Il rumore metallico graffiava quanto gli artigli di un gatto, e sebbene avesse compiuto tale gesto per mesi non si era ancora abituata a tale stridulo. 

La Fenice del vento - Fiore di PeoniaWaar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu