Capitolo 7: anello di loto - 3°parte

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«Come vi ho accennato prima, l'anello di Loto ha l'unica acqua in grado di farvi sopravvivere nel deserto

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«Come vi ho accennato prima, l'anello di Loto ha l'unica acqua in grado di farvi sopravvivere nel deserto. Tuttavia se mai ne chiederete conferma in accademia, nessuno ve la darà perché il re ha proibito ai professori di rivelarlo agli aspiranti mercanti plebei. Se rimaniamo ignoranti, aumentano le difficoltà che incontreremo nel tragitto. Di conseguenza il numero degli aspiranti popolani si riduce di viaggio in viaggio fino ad azzerarsi.»

Più procedeva a conversare, e più il tono si fece serio fino a divenire pensieroso. «Vi raccomando. Quando visiterete Luesor non credete alle dicerie che vengono divulgate nelle taverne. Sebbene scorre un gigantesco ruscello al di sotto delle foglie delle piante di Loto, non è la causa dell'inspiegabile refrigerio che avvolge tutta la capitale. Qualcuno vi dirà che sia grazie agli eucalipti impiantati nelle vie. Mentre altri vi riferiranno che la frescura sia trasportata dai venti che soffiano dalla parte opposta della città in cui un'estesa prateria fa da padrona.»

«Allora qual è la verità?» lo interruppe incuriosito.

«Un incantesimo. Ad avvolgere l'intera città è una barriera invisibile creata dalla regina. Venticinque gradi costanti per tutto l'anno, sia di giorno che di notte. Sia d'inverno che in estate.»

Il volto perplesso di Carlo valse più di mille parole. L'accademia l'aveva formato rivelandogli segreti che solo a pochi era permesso di conoscere. Ora però metteva tutto in discussione. Quanti insegnamenti erano veritieri? E quali invece racchiudevano fiumi di menzogna? Respiro dopo respiro decise a non indugiare e di porre la domanda che gli stava più a cuore.

«Perché non ci vengono riferiti questi dettagli? In fondo siamo a conoscenza che esiste la magia.»

«Non l'avete ancora capito? Incredibile!» sbuffò per poi sospirare. «Ogni volta che varchiamo il confine siamo alla mercé di briganti, mercenari, criminali e spie alla ricerca di informazioni sul nostro reame. Sappiate che il sigillo che avete sul polso non è stato impresso solo per mostrarci il nostro stato di salute. Bensì per evitare che riveliamo ciò che il sovrano non vuole che si sappia in giro. Ovvero argomenti che riguardano soprattutto la magia. Provate a chiacchierare con una persona qualsiasi che non sia un membro dell'accademia, e ripetete le stesse parole che avete udito quest'oggi sulla barriera di Luesor. La vostra voce non emetterà una singola sillaba. E la vostra vista si appannerà se tenterete di trascriverle sulla carta. Tuttavia, noi aspiranti plebei abbiamo un privilegio che nessun cittadino del reame potrà mai ottenere. Che si tratti di trovarsi di fronte a una piazza gremita di gente, o in una taverna frequentata da esponenti della nobiltà possiamo parlare male del re quante ore lo desideriamo senza temere conseguenze. Non ci arresteranno mai neppure se davanti al castello reale urliamo a squarciagola che detestiamo Alessandro. Lo sapete perché? Le autorità sono a conoscenza che siamo dei condannati!»

«Condannati? Che intendete dire?»

«Lo capirete a tempo debito. Ma un'informazione ve la posso anticipare. Sappiate che noi non siamo utili al re. Ma il sovrano ci fa credere di essere essenziali. Siamo poco più di cento a svolgere questo compito. Eppure ogni giorno vengono organizzate feste e banchetti dove compare una grande quantità di pesce. Troppo grande per essere trasportata tramite noi. Ho indagato per anni e ne ho sentite di teorie talvolta anche bizzarre. Dai tunnel sotterranei, alle viverne e perfino all'esistenza di carrozze volanti. Tuttavia l'ho scoperto di recente» confidò intravedendo che il ragazzo era ansioso di scoprirlo. Volse delle occhiate nei dintorni e assicurandosi che non ci fosse nessuno nei paraggi abbassò il tono di voce.

«L'esercito. È l'esercito a fornire l'intero fabbisogno di pescato. Essendo la regione ricca di fortezze militari, i soldati trasportano i prodotti ittici a tappe ristorandosi e riposandosi di caserma in caserma lungo il deserto. E non usano queste scatolette, bensì carrozze ricolme di bauli refrigeranti.»

«Se ciò che mi dite è vero, perché ci viene affidato questo incarico quando invece i soldati lo svolgono meglio di noi?»

«Ricordate cosa vi avevo detto prima? Il sovrano fa credere ai popolani che possono aspirare ai lavori riservati agli aristocratici. Un contentino per renderci docili e leali. Ecco la risposta al vostro quesito.»

Come pezzi di un mosaico le informazioni vorticarono nella mente del giovane fino a quando rimase un'ultima tesserina vuota per completare l'intero quadro di colori. «Non siamo utili al sovrano. Ci illude che diventeremo mercanti per tenerci buoni. Quindi presumo che alla fine non riusciremo a ottenere l'attestato. È a questo che vi riferivate prima con l'affermazione che siamo condannati? Condannati a vivere nella miseria?»

Isidoro distolse lo sguardo rimanendo cupo quanto alcune nuvole che transitavano nel cielo. Il ragazzo era troppo turbato per sostenere il peso di altre informazioni. Scorgeva il terrore nella fronte corrugata di Carlo. Così come la paura nel tremolio delle mani del giovane che tenevano strette le redini del cammello. Sebbene intendesse rivelargli tutto ciò che sapeva, l'uomo optò per una risposta diplomatica.

«Mi rincresce, ma non intendo rivelarvelo fino a quando non arriverete a settantanove viaggi» si zittì senza dargli nessun'altra spiegazione.

Fu un rumore insolito a indurre il viandante a chinare il capo verso il basso. Non appena scorse che cosa avesse calpestato il suo cammello, sgranò gli occhi scorgendo alcune selle adagiate sul manto di silicio. Alcune erano lucide. Altre erano logorate dal vento secco che graffiava la superficie in cuoio rendendola sempre più opaca. «I-in c-che posto ci t-troviamo?» balbettò spaurito.

«Il cimitero delle illusioni. Fa sempre effetto vederlo. Qui giacciono le persone che come noi hanno creduto in un sogno, ma che è stato infranto dalla realtà del deserto. Ci farete l'abitudine a intravedere sparsi qua e là gli oggetti appartenuti ai novizi mercanti che ci hanno preceduto.»

Un brivido salì lungo la spina dorsale di Carlo concretizzandosi in un pensiero che echeggiò prorompente. «E i vostri compagni? Quanti rimangono ancora in vita?»

«Sono tutti qui, fra i granelli di questo dannato posto. Sono l'ultimo superstite della mia classe. Una delle poche in cui le cinquanta matricole dell'anno erano tutte plebee» pronunciò con labbra tremanti nel ricordarsi quei visi sorridenti e che ora erano soltanto la polvere di un passato lontano.

Dando alcune occhiate alle colline di sabbia che erano di fronte a loro, Isidoro si avvicinò al ragazzo che stava tremando come una foglia di fronte a uno stivale per metà infossato nei granelli di silicio. «Per favore. Scendete dal cammello e arrampicatevi sulla cima di quella duna» la indicò con la mano.

Seppur scosso, il giovane non se lo fece ripetere due volte. Mentre traballava per ogni briglia svolazzante sulla sabbia e rabbrividiva per ciascun movimento dei brandelli di vestiti sparpagliati ovunque, avanzò rapido infossando i piedi nei granelli dorati. Raggiunta la vetta si bloccò di colpo osservando il panorama che scorgeva.

«Che cosa vedete?» gli gridò Isidoro con quanto fiato avesse in gola.

Il giovane rimase immobile per diversi minuti. Il respiro accelerò e i battiti divennero una furia di rintocchi nel suo petto. «Una città. Una grande città circondata da un anello verdeggiante» gli urlò senza avere nessun interesse a voltarsi.

Profumi, colori e suoni stordirono tutti i suoi sensi: era il benvenuto che gli stava porgendo la capitale. Bellezza, incanto e stupore annebbiarono infine ogni suo pensiero, rendendolo una preda facile al vento degli imprevisti che stava per sorprenderlo alle spalle.

La Fenice del vento - Fiore di PeoniaWhere stories live. Discover now