Capitolo 8: Luesor - 1°parte

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Luesor, regione monte Opale

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Luesor, regione monte Opale. 29 luglio 495, anno della Lira.

La visione della capitale lo destabilizzò a tal punto che le sue gambe iniziarono a vacillare per l'emozione. Con tale intensità che Carlo non poté far altro che assecondare l'impulso dei suoi muscoli. Si abbassò repentino al suolo dorato, di pari passo con i ginocchi che si piegavano rapidi. Sentì la gioia esplodergli nel petto per essere a un passo dalla meta. Eppure non gli sembrò reale e volle assicurarsene. Chiuse per un attimo gli occhi. Poi li riaprì. Ma il paesaggio non mutò. Si diede un pizzicotto al braccio. Tuttavia l'orizzonte rimase identico. Solo allora il ragazzo ne ebbe la conferma. Non stava sognando né si trattava di un miraggio. La poteva scorgere con nitidezza. Ne poteva intravedere ogni sfaccettatura del suo aspetto, e per la prima volta da quando era partito pianse commosso. Cinque giorni di viaggio a lottare per sopravvivere. Intere nottate a contemplare la volta celeste mentre il manto del freddo lo avvolgeva. Pomeriggi afosi a sollevare il capo verso il Sole per supplicarlo di essere clemente con lui. Le lacrime aumentarono la cadenza con cui emersero dai suoi occhi. Di pari passo con i ricordi sempre più numerosi ad affollargli la mente. La sete e la fame a tenergli compagnia fra le sferzate di un vento che soffiava aridità. Le tempeste a rendere quasi impossibile proseguire. Le oasi prosciugate dalla siccità. Scesero copiose le gocce sulle sue guance cadendo infine sulla sabbia. E fu allora che gridò entusiasta. Fu allora che la sua voce echeggiò potente fra le dune.

«Ce l'ho fatta» urlò alzandosi di scatto.

Per un attimo si voltò verso Isidoro ringraziandolo con un sorriso per aver reso possibile quel momento. Senza di lui non sarebbe mai arrivato a destinazione e promise a se stesso che un giorno avrebbe ricambiato il favore. Voltandosi di scatto, il ragazzo riprese a fissare il panorama. Cercò di rammentare ciò che aveva udito nei corridoi dell'accademia. Frasi lasciate a metà e bisbigliate sottovoce. Parole sussurrate con discrezione durante i pranzi. Dettagli frammentati nei quali non era riuscito a comprendere quale fosse l'aspetto della capitale. Soltanto dai professori aveva ottenuto una pagliuzza d'informazione. L'avevano definita una perla architettonica incastonata in un mare di sabbia. Tuttavia era una descrizione incompleta e superficiale che non le dava il giusto merito. Luesor era molto di più di una città situata in una zona pianeggiante e confinante con una prateria e un deserto. Ne ebbe la conferma non appena appoggiò una mano sulla fronte per avere una tregua dalla luce intensa che gli impediva di osservarla.

L'aspetto della città era unico in tutto il regno: a delineare con precisione la pianta ottagonale era un robusto muro in marmo bianco. Candido come le statue collocate sopra gli archi delle otto porte in rame. Tuttavia il perimetro della capitale era a sua volta racchiuso in un altro più ampio, ma avente una forma diversa. Un cerchio perfetto, sagomato da un fiume nel quale trionfava il colore rosato dei petali che emergevano dal fogliame verde intenso. Intuì che si trattasse dell'anello di Loto accennato poco prima da Isidoro. Incantato e stordito dalla meraviglia che scorgeva di fronte a lui, il giovane proseguì a guardarla estasiato. Seppure da lontano, si distinguevano i coppi dei tetti dorati. I muri delle case azzurre e numerosi giardini nei quali era sempre presente una fontana. Alcuni zampilli d'acqua elevandosi in alto superavano di gran lunga le abitazioni. Tuttavia non riuscirono a raggiungere nemmeno metà altezza della cinta muraria che circondava un castello posto nel centro abitato. Ben presto, le sue iridi furono rapite dallo sfarzo dell'edificio che rubava la scena alle ville dei nobili situate nella periferia della città.

Più lo osservò, e più si sentì piccolo e anonimo al cospetto del palazzo reale che appariva la residenza di un gigante piuttosto che l'abitazione di due regnanti. Invidiò le rondini che sfrecciavano davanti alle bifore contornate da affreschi. A differenza di lui, loro ne potevano scorgere i dettagli. Ciascuna pennellata di colore, senza correre il rischio di venire colpiti dagli arcieri posizionati sulle torrette del castello. Contemplò i loro volteggi acrobatici che si concludevano talvolta con una sosta sul cornicione della terrazza che si affacciava sull'intera città. Bramò di volare insieme a loro per poter scrutare attraverso le finestre ciò che l'edificio racchiudeva dentro di sé. Sospirando, si domandò che cosa potessero scorgere e quali chiacchierii udire quei graziosi volatili fra le fronde degli alberi in fiore che abbellivano l'ingresso secondario. 

Per un attimo trattenne il respiro contemplando il grande falò acceso al centro del tetto piano in ossidiana. E in un battito di ciglia, nelle sue iridi si riflessero i movimenti inquieti della luce ardente. Non era una diceria, né una leggenda. Ma una realtà concreta. Il fuoco scarlatto con le sfumature del tramonto esisteva davvero. Era il simbolo che rappresentava lo stemma del reame. Affascinante quanto spietato. Collocato nel punto più alto della capitale per ostentare la grandiosità del regno. Un simbolo che rappresentava la forza che incenerisce, e che riduce in polvere chiunque osasse sfidare il sovrano della Fenice del Vento. Era un immenso fuoco che lanciava ondate di calore verso il cielo, e che faceva echeggiare nei dintorni la sua essenza scoppiettante e turbolenta. Era un insieme di fiamme vivaci alimentate dai soldati per mantenerle sempre vive e brillanti ora dopo ora. Tuttavia il ragazzo non individuò alcuna guardia di fronte al rogo solitario. Suppose che l'avessero alimentato da poche ore e quindi non sarebbero intervenuti fino a quando non fosse stato necessario. 

Se gli abitanti di Luesor non erano in grado di scorgere il parco che circondava il castello reale, a Carlo non fu negato di scrutare le bellezze che racchiudeva. Aiuole fiorite e palme tempestavano un prato tanto verde quanto il colore della foresta più rigogliosa. Ricordava le tonalità delle increspature del mare la passerella che attraversava l'intera lunghezza del laghetto posto nella parte più ombreggiata del giardino. Piccolo ma grazioso in cui alcune barchette e numerosi uccelli acquatici si muovevano in ogni direzione. Il giovane intuì che le sagome bianche fossero dei cigni, mentre quelle marroni delle anatre. Ma i volatili colorati che si tuffavano e si scuotevano nelle acque cristalline non riuscì a comprendere di che specie si trattassero. Di certo erano animali rari che solo il sovrano poteva permettersi di avere.

La Fenice del vento - Fiore di PeoniaWhere stories live. Discover now