Capitolo 8: Luesor - 2° parte

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«Come supponevo siamo quasi arrivati

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«Come supponevo siamo quasi arrivati. Ora scendi che dobbiamo» la voce di Isidoro si fermò di colpo a echeggiare nei dintorni.

Una brusca interruzione di parole che però non riuscirono ad attirare l'attenzione di Carlo ancora intento a scrutare il panorama. Indifferente a cosa stava accadendo alle sue spalle, il viandante proseguì a contemplare la capitale fino a quando una freccia gli sfiorò il braccio. Fu a quel punto che si girò di scatto. Quando lo fece impallidì mettendosi una mano fra i capelli ricci e crespi. Li tirò con tale intensità che alcuni ciuffi rossicci caddero sul silicio rovente. Fissò il petto sanguinante dell'uomo percependo il brivido della disperazione. Lo stesso tremore che si impadronì anche delle sue gambe impedendogli di correre. Nella foga di raggiungerlo quanto prima, il ragazzo iniziò a rotolare sulla sabbia. Fu la sua salvezza perché diverse frecce affondarono nei granelli di silicio a pochi centimetri da lui. Tuttavia arrivò in tempo prima che Isidoro si accasciasse al suolo. Singhiozzando come un forsennato, lo sorresse dando alcune occhiate verso ovest. Il volto del ragazzo si incupì scorgendo un gruppo di uomini a cavallo che stavano direzionando gli archi su di loro. Questione di pochi secondi e nuove aste appuntite avrebbero riempito il cielo. Entrambi erano consapevoli che la freccia avesse centrato il cuore e che a Isidoro non rimaneva molto tempo da vivere. Eppure il giovane pronunciò lo stesso le parole che racchiudevano l'illusione di un lieto fine.

«Siamo vicini alla città. Vi aiuterò a salire in groppa al cammello e vi porterò da un medico» gli promise fra un singhiozzo e l'altro.

L'uomo scosse la testa, e quando tossì la sabbia intorno a lui si tinse di scarlatto. «Volete restare un ingenuo per tutta la vita? Sono spacciato, ma voi potete ancora salvarvi. Scappate finché siete in tempo o altrimenti uccideranno anche voi.»

«Non vi abbandonerò. Li affronterò e... e poi... e poi ci dirigeremo alla capitale» pronunciò con voce tremante mentre le lacrime gli offuscavano la vista.

Solo quando abbassò il capo, il giovane si rese conto che non sarebbe mai riuscito a portare a termine il piano. Con sé non aveva armi. Era gracile e privo di esperienza nei combattimenti. Preso dallo sconforto, iniziò a tirare diversi pugni sulla sabbia arrabbiandosi con se stesso per essere così debole e inutile.

Eppure Isidoro non la pensava allo stesso modo. Nel ragazzo intravedeva la potenza del coraggio e della determinazione che aveva scorto soltanto negli occhi dei guerrieri più valorosi del regno.

«Ascoltatemi e smettetela di piangere come un bambino» lo bisbigliò con un filo di voce. «Purtroppo le tessere non sono anonime perciò non potrò darvi la mia. Tuttavia è un bene che sia così. Avrete tempo sufficiente per imparare a impugnare una spada. Non appena arriverete a Luesor cercate nelle taverne un ex soldato che vi possa impartire delle lezioni. Uno che non sia troppo brillo, e nemmeno con una pancia larga quanto una sedia.»

Carlo si limitò ad annuirgli rimanendo perplesso. Non riusciva a comprendere perché gli stava consigliando di seguire un addestramento militare. Voleva divenire un mercante e non un membro dell'esercito.

Scorgendo le sagome degli assalitori avvicinarsi, l'uomo si affrettò a parlare. «Promettetemi che realizzerete il vostro sogno» lo fissò afferrandolo per un polso.

«L-lo p-prometto» balbettò sconvolto.

«Ricordatevi. Ancora novantanove viaggi. Nel giorno in cui completerete la vostra tessera, sappiate che avrete realizzato il mio desiderio più grande. Quello di vedere il primo plebeo divenire un mercante.»

Tossì con ancora più violenza ma non si arrese a sussurrare le ultime parole. «Nella sella del mio cammello troverete un taccuino di appunti. Leggeteli prima di arrivare alla capitale e poi bruciateli. Che la fortuna vi assista giovane sognatore» pronunciò chiudendo gli occhi per sempre.

Nell'attimo in cui compì l'ultimo respiro, il sigillo sul polso di Isidoro diventò scarlatto. Nel secondo seguente lampeggiò, e in quel momento l'uomo fu inghiottito nella sabbia svanendo senza lasciare traccia. Scompariamo dal mondo come se non fossimo mai vissuti risuonò spietata la frase nella mente del viandante che ora ne comprendeva il significato.

Voltandosi di scatto, Carlo rimase perplesso a osservare uno dei cammelli che si agitava inquieto. Suppose che fosse il dolore a spingere l'animale a esprimere in quel modo il lutto per il suo padrone. Tuttavia un minuto dopo il ragazzo arretrò di qualche passo per poi spalancare gli occhi. Compiendo un verso stridulo, il mammifero svanì nel nulla trasformandosi in una nuvola di fumo. Mentre la sella in cuoio si schiantò sulla sabbia e la scatola si polverizzò, il giovane metabolizzò l'ennesima informazione di quel giorno. Anche i cammelli erano frutto di un incantesimo. Un'amara verità che passò in secondo piano non appena si girò verso destra. Scorgendo una persona sorridergli, tentò di correre ma una freccia gli sfiorò l'orecchio.

«Fermatevi» gli urlò l'aggressore con una voce che metteva i brividi soltanto ad ascoltarla.

Carlo tremò quando i suoi occhi si soffermarono a fissare le cicatrici che ricoprivano entrambe le braccia dell'uomo. Segni profondi provocate da armi affilate. Nonché la prova che fosse tanto coraggioso quanto propenso a non tirarsi indietro nei combattimenti. Non aveva alcun dubbio che si trattasse di un mercenario. Stivali in cuoio, abiti neri come la pece, e diverse armi allacciate alla cintura. Si sentì in trappola osservando gli sguardi del gruppo che non lasciavano spazio alla speranza. Penetranti e spietati quanto le sfumature delle iridi ambrate del cinquantenne. Preso dal panico, Carlo si accasciò al suolo e attese che lo sconosciuto ponesse fine alla sua vita. Ma con sua sorpresa la spada puntata sul petto non osò trafiggerlo.

«Tristano permettimi di eliminarlo. In fondo perché indugiare? Uno in più o uno in meno non fa alcuna differenza» esordì il più basso del gruppo facendo qualche passo in avanti.

«Taci altrimenti ti taglierò la gola! Ci è stato impartito un ordine: un solo obbiettivo. Tuttavia è un testimone, ma è pur sempre un aspirante mercante. Dobbiamo per forza seguire le regole» gli rispose infastidito. Poi, voltandosi di scatto, riprese a fissare il viandante.

«Mostratemi la vostra tessera e non provate a fare il furbo altrimenti farete una fine ben peggiore di Isidoro» ridacchiò divertito.

Il ragazzo sobbalzò incredulo e sconcertato, ma non ebbe il tempo per chiedere al cinquantenne come mai conoscesse il nome di colui che gli aveva salvato la vita. La stessa persona che ormai era diventata tutt'uno con la sabbia del deserto.

Infastidito nel vederlo esitare a compiere ciò che gli aveva ordinato, il mercenario premette ancor di più la lama contro il torace del giovane. «Bramate la morte? Se è così porrò fine alla vostra vita in una frazione di secondo» tuonò fissandolo con crudeltà.

Mosso da un istinto di sopravvivenza, Carlo piegò il polso dietro la schiena per poi porgergli un foglio ripiegato. Tremavano le sue mani, ma non le dita dell'uomo che lo stava fissando. Con un rapido gesto, il pezzo di carta gli venne portato via senza tentennamenti.

«Nemmeno un viaggio» gridò Tristano piegandosi dalle risate.

Buttando per terra il foglio, il mercenario abbassò l'arma e fece un cenno ai suoi compagni. «Andiamocene. Qui abbiamo finito.»

Mentre Carlo osservò gli uomini salire sui cavalli, trattenne il respiro udendo la voce di Tristano. «Non temete. Un giorno ci incontreremo di nuovo, e quando avverrà l'esito sarà diverso. Molto diverso» pronunciò incitando il cavallo a partire.

Il ragazzo si sdraiò sulla sabbia respirando con affanno mentre i trotti dei quadrupedi si unirono al sibilo del vento. Era scampato dalla morte, ma quegli occhi gli avevano timbrato il terrore nell'anima.

La Fenice del vento - Fiore di PeoniaOù les histoires vivent. Découvrez maintenant