Capitolo 19: riflessi argentati -1°parte

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Alosia, città della regione Opale

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Alosia, città della regione Opale. 4 settembre 495, anno della Lira.

Nel momento in cui dalla caserma si diramò l'allarme e numerose guardie pattugliarono i dintorni della piazza principale di Alosia, Noemi e il cocchiere erano appena giunti di fronte a un edificio color albicocca con ampie arcate. Inconsapevoli di ciò che stava accadendo a qualche metro da loro, il cocchiere le indicò con la mano un'insegna di legno appesa sopra una porta realizzata con canne di bambù.

«Ecco la taverna. A proposito mi chiamo Alvise» le rivelò l'uomo abbassando la maniglia in ferro.

Oltrepassata la soglia dell'edificio, la ragazza rimase sbalordita. Il locale era pieno di giovani intenti a conversare con i loro cocchieri. Si guardò intorno circondata da una moltitudine di chiacchiere. Per prima cosa notò sul pavimento ligneo tracce di sabbia e di birra sparse qua e là sotto le sedie. Ciononostante le appariva una taverna pulita e ben arredata. Tovaglie di lino adagiate sulla superficie dei tavoli nei quali porta candele e cesti di frutta inondavano di profumi l'intero ambiente. Nessuna ragnatela sulle travi del soffitto e anche il bancone era privo di polvere. Non ebbe il tempo per avvicinarsi ad alcuni quadri appesi sui tavoli. La voce dell'uomo la indusse a voltarsi facendole cenno di raggiungerlo. Poi seguendo una cameriera appena sopraggiunta, percorse la scala a chiocciola che portava al piano superiore dell'edificio. A differenza del pianterreno i tavolini erano molto più piccoli e alcuni vasi di citronella erano stati collocati in diversi angoli della stanza. Appena entrambi si sedettero sulle sedie, la donna annottò in un foglio le loro ordinazioni per poi scendere fulminea i gradini di legno.

«Sapete come funziona il servizio di trasporto del regno?» le chiese Alvise nell'attesa che arrivassero le portate.

«No, non ho la più pallida idea» gli rispose Noemi mossa dal desiderio di scoprire quante più informazioni sul suo mestiere.

Fin da quando era salita sulla carrozza non le aveva chiesto una singola Lunaria e nemmeno a sua zia. Tuttavia era un lavoro quindi qualcuno lo stava pagando. Ma chi? si chiese fra sé incuriosita.

L'uomo abbozzò un lieve sorriso prima di togliersi il lungo mantello azzurro. «Lo immaginavo, ma non preoccupatevi vi spiegherò tutto quanto. Innanzitutto memorizzate questo simbolo» precisò indicando con un dito lo stemma di un drago ricamato sulla giacca.

«Appartengo a un ramo dell'esercito, e oltre a condurre le persone da una città all'altra sono anche in grado di difenderle. Inoltre il servizio di trasporto è gratuito. Il nostro re è davvero generoso con i suoi abitanti. Ma dovete fare attenzione. Alcune persone fingono di essere cocchieri e pretendono di essere pagati. L'unico modo per smascherarli è osservare il simbolo che hanno sulla giacca. Anche se sembra identico al mio in realtà non presenta questi riflessi argentati.»

Alvise si fermò di colpo a parlare ed estraendo dalla tasca un piccolo stemma glielo porse. «Vedete com'è diverso dal mio?»

La ragazza annuì e gli fece una domanda. «C'è la possibilità che un giorno qualcuno possa falsificarlo?»

«No, non accadrà mai. I riflessi argentati sono impossibili da replicare. Sono fili di seta immersi nell'argento. Solo il re e poche persone conoscono il segreto per produrre questo filato. Avete qualche altro quesito da farmi?»

Noemi rimase per qualche attimo a riflettere e all'improvviso gli fece un cenno affermativo. «Prima avete accennato che siete un soldato. Ma come fate a difendere le persone se non possedete una spada?»

Non appena udì le parole della fanciulla, Alvise sollevò in alto le sopracciglia stupito. Sebbene in alcune circostanze si comportava da bambina, in altre dimostrava un'intelligenza fuori dal comune. «Sono rare le persone che mi porgono questa domanda. La vostra osservazione è corretta. Nessun cocchiere porta con sé una spada. Siamo stati addestrati nelle arti marziali e solo in casi di necessità utilizziamo il pugnale che teniamo nella tasca interna della giacca. Siete proprio una fanciulla sveglia. Ora capisco perché siete iscritta alla scuola del Sole. Borsa di studio, vero?»

Notando che lo stesse fissando con perplessità, l'uomo sgranò gli occhi incredulo. «Se non avete ottenuto una borsa di studio come siete riuscita a entrare in quella scuola? Dopotutto Ventalun è un paese di agricoltori e non di aristocratici.»

«Dovrei forse vergognarmi di essere una contadina?» pronunciò ad alta voce considerando l'ultima frase un insulto.

Sebbene intuisse che l'uomo non l'avesse pronunciato con il proposito di offenderla, era pur sempre un attacco alla sua condizione umile. Era orgogliosa di zappare la terra che donava nutrimento a tutto il popolo. Era un onore poter ammirare come un minuscolo seme potesse in pochi mesi divenire una pianta rigogliosa. Non era lei a doversi vergognare, bensì lui che non aveva compreso il privilegio di essere un agricoltore.

Compiendo un breve sospiro, la fanciulla proseguì a dialogare con un tono più basso. «Sapete che differenza c'è tra cento lunarie di un contadino e cento lunarie di un aristocratico?»

«Nessuna» le rispose senza esitare non riuscendo a comprendere come mai gli avesse rivolto una domanda così banale.

«La vostra risposta non è del tutto sbagliata ma nemmeno corretta. È vero. Quando un contadino e un nobile si recano al mercato per acquistare un pugno di datteri pagano la stessa cifra. Ma in realtà il denaro guadagnato con onestà ha più valore di quello ottenuto attraverso metodi disonesti. Perciò sono fiera di essere una popolana e non un parassita della società.»

Il soldato rimase per un attimo in silenzio prima di rispondere. Si rammaricò con se stesso per non aver usato, qualche minuto prima, parole appropriate alla circostanza. «Perdonatemi se in qualche modo vi ho offesa. Non vi considero inferiore rispetto ai nobili. È solo che la scuola del Sole non è un posto sereno per chi appartiene al ceto umile.»

«Che intendete dire?» gli chiese perplessa.

«Seguite il mio consiglio. Non contestate mai l'opinione di uno studente aristocratico anche se ha torto. È una vera rarità che voi siete stata accettata in quella scuola.»

Noemi iniziò a scuotere la testa alzandosi di scatto. «Quindi mi consigliate di agire contro la mia coscienza? Purtroppo non sono una ragazza che sa tacere. Se una persona si comporta in modo scorretto è opportuno farglielo notare.»

Il cocchiere fece un breve sospiro prima di parlare. «Mi arrendo. Consigliarvi di essere prudente è tutto tempo sprecato. Tuttavia spero che un giorno possiate ripensarci.»

Rimasero in silenzio per poi cambiare argomento fino a quando la cameriera portò l'ordinazione. Mentre le risate e le discussioni echeggiavano nel locale, Noemi non esitò a porgere un ultimo quesito al cocchiere. «Quanti studenti popolani frequentano la scuola del Sole?»

La risposta tuttavia non venne pronunciata. Seppur rammaricato, la ignorò e si sforzò a non parlare richiudendosi in un muto silenzio. Gli sembrava infatti crudele spezzarle la speranza ancor prima che giungesse alla scuola. Un decimo degli iscritti, ma quasi nessuno riesce a superare il terzo anno le disse attraverso gli occhi senza dischiudere le labbra per poi farle un cenno di sbrigarsi a pranzare.

La Fenice del vento - Fiore di PeoniaWhere stories live. Discover now