Capitolo 4

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Passai il viaggio di ritorno con le cuffiette alle orecchie. La musica mi aiutava a concentrarmi e in quel momento dovevo pensare. Non era facile parlare di queste cose con Alice, lei era sempre stata una persona riservata e che non vuole essere aiutata. Però non potevo non rivelarle le mie paure e non potevo tenermi dentro ciò che vedevo nei suoi occhi.
Uscita dall'aeroporto di Orlando alle 13.50. Decisi di fermarmi a mangiare qualcosa prima di rientrare a casa. Entrai in un bar non molto distante dall'aeroporto. Mi sedetti in un tavolo appartato e aspettai che arrivassero a chiedermi l'ordinazione. Non passò molto tempo e una ragazza si avvicinò al mio tavolo.
« Cosa ti porto?» chiese aprendo un piccolo block-notes.
« Un'insalata di pollo e dell'acqua naturale grazie.»
Scrisse tutto, mi diede un'ultima occhiata e poi sparì dietro la porta della cucina.
Presi il telefono e mandai un messaggio ad Alice chiedendole se era a casa e lei mi rispose subito dicendomi di sì. Misi via il cellullare non appena arrivò il mio piatto.
Mangiai la mia insalata e dopo mezzoretta uscii da lì.
Chiamai un taxi, non ci misi molto ad arrivare a casa e prima di entrare presi un grosso respiro.
Percorsi l'ingresso diretta verso il salotto, sapevo che lei era lì. Entrai nella piccola stanza e la salutai. Probabilmente avevo il volto di una che non dormiva da giorni. Ecco perché la cameriera mi aveva fissata a lungo. Ogni volta che piangevo mi rimanevano due grosse occhiaie per almeno una giornata intera.
Alice si alzò dal divano e venne ad abbracciarmi. Lei non sembrava avesse pianto.
Iniziai subito a parlare.
« Sono stata a trovare anche David. Non pensavo di riuscire ad andare a trovare anche lui ma avevo bisogno di parlargli.»
La guardai negli occhi aspettando che rispondesse.
« Mi fa piacere che sei andata anche da lui però adesso ti prego non parliamo di loro. È già abbastanza pesante per me sapere che sono lontani da noi.»
Rispose abbassando lo sguardo. Non potevo lasciare cadere l'argomento.
« Devo parlarti - dissi - e non riguarda loro riguarda solo te.»
Si sedette sul divano da cui si era alzata poco prima, segno che mi stava ascoltando.
« Vedi c'è un motivo se avevo bisogno di parlare con David. Lui aveva sempre una soluzione a tutto ed è come se ogni volta che vado da lui mi aiutasse a risolvere i miei problemi.
Tu non stai bene Alice. - andai diretta al punto - Non lo dico con cattiveria e lo sai. Non credo che tu sia uscita dal tunnel nel quale sei entrata il giorno delle loro morti. Forse non sono la persona adatta per farti questo discorso perché anch'io non ne sono del tutto fuori. Però sono l'unica che può fartelo. Siamo rimaste in due Alice e che tu lo voglia o no non voglio rimanere sola.»
« Perché mi stai dicendo questo?»
Mi sedetti vicino a lei e le presi una mano tra le mie prima di continuare.
« L'ho visto nei tuoi occhi. Avevi lo stesso sguardo di David prima che facesse quello che ha fatto. Non è la prima volta che lo vedo ma ieri sera è stato diverso. Era come se si fosse rafforzato. Io ho solo più te Alice, devi farti aiutare e io ti aiuterò.»
« È dolce da parte tua Élodie ma io non ne ho bisogno. Sono cinque anni che convivo con il fatto di non poterli avere più al mio fianco e credo di avercela fatta a superare il trauma.» sorrise debolmente.
« Non è vero! Se tu l'avessi superato saresti venuta con me oggi e gli scorsi mesi.» Non ero una persona che si arrabbiava facilmente ma adesso stavo perdendo la pazienza.
« Non puoi pensare di andare avanti così. Devi fare qualcosa, devi reagire. Io non ti lascerò sprofondare ho già visto troppe persone morire senza poter fare niente. Con te non sarà così. Andremo insieme da specialisti che possono aiutarti e pian piano risolveremo tutto.»
Ero determinata e non l'avrei lasciata andare via se prima non fosse stata d'accordo.
« Va bene, se questo può farti stare meglio faremo quello che vuoi tu. Però non ti assicuro che funzionerà per farmi andare a trovare mia figlia.»
Mi alzai.
« Farà stare meglio te.- sorrisi - vado a farmi una doccia non ce la faccio a stare ancora con questa roba addosso.»
Mi diressi verso la porta per raggiungere il bagno.
« Élodie non ti lascerò sola te lo prometto.»
La guardai ancora una volta ed entrai nel bagno.
Non so quanto potevo credere alle sue ultime parole, quello che leggevo nei suoi occhi mi faceva troppa paura e la fiducia che avevo in lei non era abbastanza per farmi abbassare le difese.

Uscii mezz'ora dopo dal bagno, ero rimasta sotto la doccia fino a quando l'acqua non era diventata troppo fredda. Andai verso camera mia avvolta solo da un asciugamano. Mi vestii comoda e andai verso la cucina. Sul tavolo c'era un biglietto, Alice era uscita a fare la spesa.
Guardai l'ora: erano solo le 15.
Presi il libro che avevo cominciato a leggere e uscii fuori sul balcone.
Ero una ragazza strana, ero appassionata di sport ma amavo anche la lettura.
" Cercando Alaska" era il quinto libro che leggevo in due mesi.
Mi persi nella lettura, non mi accorsi neppure che Alice era rientrata. Lessi senza interruzioni per tre ore.
Ero decisamente una ragazza strana.
Verso le 18 mi alzai dalla mia postazione di lettura sul balcone e rientrai in casa.
Alice stava già preparando la cena. Non vedevo l'ora di andare a letto, ero distrutta.
Andai a prepararmi la sacca per il giorno seguente e quando tornai in cucina la cena era pronta.
Mangiai in fretta raccontando del mio nuovo lavoro ad Alice, poi andai in camera mia.
Mi buttai sul letto sprofondando la testa nel cuscino.
Mi addormentai consapevole che il giorno seguente avrei cominciato una nuova avventura.

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