Capitolo 70

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Un mese. Domani sarà un mese che non ci parliamo.
Era appena iniziato maggio e sembrava che tutti intorno a me fossero felici dell'arrivo della primavera.
Io invece mi sentivo sempre più sola.
Dalla sera del compleanno di Bea Tyler ed io non ci eravamo più parlati, ma qualche volta lo vedevo nei corridoi della scuola.
Non volevo andare da lui, speravo che facesse lui il primo passo e venisse a scusarsi, ma ancora non era successo.
A volte lo avevo colto in flagrante mentre mi osservava, ma appena si accorgeva che lo osservavo guardava da un'altra parte.
Eravamo tornati perfetti sconosciuti. Ci passavamo accanto e non ci salutavamo.
Fuori da scuola se ne andava senza neanche salutare gli altri e, ogni volta che non riusciva ad evitarmi, non mi guardava mai negli occhi.
Eravamo tornati al punto di partenza, ma a differenza di settembre adesso non ci odiavamo.
Nonostante tutto quello che mi aveva fatto non riuscivo ad odiarlo. Era diventato una parte troppo importante di me e non riuscivo ad eliminarlo, almeno finché non mi avesse detto chiaro e tondo che non voleva più stare con me.
« Signorina Wilkins!» mi richiamò il professore di educazione fisica.
Ah quasi dimenticavo. Nemmeno durante quelle ore mi parlava. Ogni volta che doveva o era costretto dal prof a seguire il mio gruppo, Josh prendeva il suo posto.
« Come?» chiesi riprendendomi dai miei pensieri.
« Ha sentito?» chiese ancora.
Scossi la testa leggermente in imbarazzo e lui sbuffò.
« Per sua informazione stiamo facendo il test per quanto riguarda l'autodifesa. È il suo turno e se non le dispiace deve alzarsi e andare al centro della palestra. Miller combatti tu.» disse scocciato dalla mia reazione.
« Vado io al posto di Tyler.» disse Josh prima che Tyler potesse parlare.
Sbuffai, come non detto.
« Ovviamente.» sussurrai.
« Ho detto Miller. Fino a prova contraria sono io che decido o sbaglio Douglas?» rispose il professore facendo calare il silenzio.
A quanto pare era nervoso.
Raggiunsi la mia posizione e Tyler fece lo stesso.
« Cominciate!» urlò ancora il prof.
Alzai gli occhi al cielo, quell'uomo stava diventare sclerato.
Mi avvicinai al Tyler lentamente tenendo i pugni alti e mantenendo un livello di attenzione elevato. Sapevo che era più forte di me, mi aveva battuta una volta e sarebbe stato in grado di farlo ancora, ma io avevo un asso nella manica. Erano giorni che non andavo in palestra e la tensione nel mio corpo era alle stelle perciò speravo di poterla scaricare su di lui.
« Pensi di stare tutto il tempo in guardia? Non hai guardato gli altri? Sei tu che devi attaccare.» disse.
Certo che non ho guardato gli altri, stavo cercando di capire perché mi hai mollata.
« Lo so che ti ho già messa al tappeto una volta, ma non ti farò del male.» ghignò.
Quanto mi era mancato quel suo sorriso impertinente.
« Come vuoi, ma non venire a lamentarti se ti faccio male.» risposi.
Allargò il suo sorrise e si preparò al mio attacco.
« Allora volete smetterla di parlare?» sbraitò il prof.
Avanzai lentamente verso Tyler e quando fui abbastanza vicina cominciai a colpirlo.
Ovviamente la maggior parte dei miei colpi li schivò, ma uscii dalla sfida soddisfatta di avergli fatto almeno un po' male.
Certo, avevo appena detto che non lo odiavo, ma volevo farlo soffrire come lui aveva fatto soffrire me.
L'incontro finì con la sottoscritta a terra e Tyler sopra. Mi aveva stracciata, ma avevo bisogno di un incontro ravvicinato con lui e il suo viso a pochi centimetri dal mio bastò.
Quando però si scostò velocemente da me sentii un'altra fitta al cuore.
Il prof decretò la fine dell'incontro e così potei tornarmene sulla panchina vicino a Peter.
« Posso sapere cosa succede tra voi due?» chiese ad un certo punto smorzando il silenzio che si era creato tra noi.
Mi girai per essere sicura che parlasse con me e, anche se lui guardava avanti, capii che aspettava una risposta dalla sottoscritta.
Non era la prima volta che me lo chiedeva, ma sia con lui che con Bea avevo sempre cambiato argomento. In quel momento però non ce la facevo perché non avevo altro di cui parlare e non potevo scappare senza un motivo per ciò gli risposi nel modo più sincero che avessi potuto, forse parlarne con qualcuno mi avrebbe aiutato a capire quello che dovevo fare.
« Non lo so. Voleva spazio e glielo sto dando, ma non mi ha mai spiegato il motivo per cui ha deciso, così di punto in bianco, che aveva bisogno di una pausa ed io adesso non so cosa dovrei fare. Mi evita e, a quanto pare, non vuole darmi una spiegazione.» dissi gesticolando.
Non volevo dirgli che avevo paura che mi lasciasse perché temevo che dicendolo potesse accadere realmente.
« Hai provato a parlargli? Sicuramente non fa tutto questo senza un motivo. Conosco abbastanza bene Tyler per dire che se ti sta lontano ha delle ragioni valide.»
« E allora perché non vuole dirmele?» sbottai.
« Non lo so. Devi chiederlo a lui questo.» disse cautamente.
Probabilmente temeva una mia reazione isterica.
« Non voglio essere io a tornare da lui. Se ci tiene realmente a me allora verrà altrimenti sono pronta a lasciarlo andare.» dissi anche se dentro di me sapevo che non era vero.
« Ragazzi, andate negli spogliatoi. Abbiamo finito!» urlò per l'ennesima volta il professore.
Mi alzai senza aspettare una risposta da Pet, avevo paura di quello che mi avrebbe detto.
Non ci misi molto a cambiarmi e, come al solito, fui la prima ad uscire dallo spogliatoio.
Ero stufa di stare li dentro perciò, anche se quel pomeriggio avevo dei corsi, decisi comunque di uscire da scuola.
Mandai un messaggio a Bea di non aspettarmi e andai direttamente in palestra.
Mi devi delle risposte. Mi rispose lei e sapevo che era la verità.
Fatti spiegare da Peter, per i dettagli ci sentiamo più tardi. Dopodiché spensi il cellulare.
Avevo bisogno di sfogarmi o sarei scoppiata. Non ce la facevo più. Tyler era sempre stata la mia valvola di sfogo, era colui che mi distraeva e sapeva cosa fare quando avevo i miei momenti tristi. Però avevo capito che ormai non era solo più quello. Non solo mi aiutava nei momenti difficili, ma anche in quelli di pura quotidianità Tyler riusciva a rendermi la giornata migliore. Bastava un sorriso, una sua battuta o un suo abbraccio a migliorarmi la giornata e l'idea che in quel momento e ormai da un mese non potevo contare su di lui mi distruggeva.
Rimasi in palestra quasi tutto il pomeriggio. Parlai con Marcus, sentiva ancora il peso del suo intervento alla vista e, anche se ormai era tornato a casa da quasi cinque mesi, era ancora molto stressato e aveva paura, sebbene non lo dava a vedere, che non tornasse come prima. Fortunatamente lui non percepì la mia tristezza e così non dovetti subirmi il suo interrogatorio.
Sapevo però che non potevo evitare le mille domande che mi avrebbe posto Bea appena l'avrei chiamata.
« Quando pensavi di dirmelo?» chiese arrabbiata appena la chiamai.
Non avrebbe mai imparato a salutare quando qualcuno la chiamava.
« Speravo si sistemasse tutto senza bisogno che voi venivate a saperlo.» risposi alzando le spalle anche se lei non poteva vedermi.
« Com'è successo?» chiese più tranquillamente.
Le raccontai tutto e, anche se avrei preferito non farlo, rivissi quella notte.
Le raccontai della mia paura che mi lasciasse, del vuoto che sentivo ogni volta che mi passava accanto e non mi considerava e che temevo anche che riuscisse a dimenticarmi e sostituirmi. Mi fidavo di lui, ma in quel momento non sapevo cosa aspettarmi.
Anche lei, come Peter, mi disse di andare a parlargli e, sebbene non volessi, mi convinse che era la scelta migliore da fare.
L'unica cosa che non sapeva era che io ero disposta a lottare per lui, ma non ero più sicura che lui fosse pronto a fare lo stesso.
Era stata la mia salvezza, ma la sua assenza poteva diventare anche la mia distruzione.

Fight for youWhere stories live. Discover now