Capitolo 40

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La città stava man mano lasciando spazio ad un paesaggio più verdeggiante. Avevamo da poco lasciato alle nostre spalle la strada principale e adesso stavamo percorrendo una strada secondaria che saliva su una collina. Non mi ricordavo di essere passata di lì la scorsa volta, ma speravo che il tassista sapesse dove andare.
Avevo paura di raggiungere la mia destinazione. L'ultima volta che ci ero andata, ovvero la prima volta, non avevo provato nessuna emozione. Mi ero goduta la piacevole sensazione che mi dava l'aria sul viso e il calore del corpo di Tyler su cui ero appoggiata. Ora invece avevo paura, paura di ciò che sarebbe potuto accadere perché non avevo la benche minima idea di cosa avrebbe fatto lui. Sentivo un vuoto alla bocca dello stomaco e mi stavo torturando le mani dal nervosismo.
Come mi capitava ogni volta che ero in ansia, cominciai a farmi domande.
Se lui non fosse stato lì? E se ci fosse stato, cosa gli avrei detto? Se si volesse rimangiare tutto e avesse cambiato idea su quello che voleva da me, da noi? Ce l'avrei fatta a rialzarmi di nuovo o sarei sprofondata ancora più in basso?
« Signorina, siamo arrivati.» mi disse il tassista.
Scesi dall'auto titubante e lasciai i soldi all'autista.
Rimasi ferma in piedi vicino all'auto finché questa non se ne andò. Ormai non potevo più scappare, dovevo affrontarlo.
Camminai lentamente verso la riva del lago guardandomi intorno.
Le mie mani chiedevano pietà, ma non riuscivo a placare la tensione.
Il mio sguardo vagava ovunque, ma di lui non c'era traccia. Forse non era qui.
Continuai a camminare lungo la riva e a guardarmi in giro.
La mia pancia brontolava, non avevo pranzato e mi stava venendo fame. In più, quel vuoto allo stomaco legato al nervosismo non migliorava le cose.
Ma che cosa ci facevo esattamente lì? Perché mi ero fatta tutti quei chilometri per venire qui? Se lui me lo avesse chiesto, ammesso che l'avrei trovato, cosa avrei detto?
Non conoscevo neanch'io il motivo e, se non lo avessi trovato al più presto, mi sarei sicuramente pentita della mia stupida scelta di venire qui.
Ormai mi stavo arrendendo, avevo fatto una sciocchezza ad andare lì.
Mi girai per tornare indietro, ma qualcosa mi bloccò.
Oltre un gruppo di bambini, appoggiato alla staccionata che contornava il molo c'era un ragazzo. Era lontano e non potevo dire con precisione de era lui o no, ma mi incamminai comunque nella sua direzione. Così almeno potevo dire di averci provato e non avrei convissuto con il dubbio.
Mi sentivo terribilmente debole, per la prima volta non sapevo cosa avrebbero portato le mie azioni.
Sembrava che nessuno si fosse accorto di me, tutti stavano continuando a giocare, a leggere o a parlare.
Io, invece, mi sentivo mangiare dentro. Era come se quel vuoto allo stomaco si stesse pian piano allargando e io non potevo farci nulla.
Non mancava molto, una decina di passi e sarei arrivata al suo fianco. A quella distanza riuscivo a riconoscerlo, era proprio Tyler.
Aveva una sigaretta in mano, ogni tanto faceva un tiro e poi buttava fuori il fumo. Era intento ad osservare le onde che si infrangevano all'altezza del molo. Il leggero venticello gli spettinava i capelli corti e la debole luce del sole rifletteva in parte il verde dei suoi occhi.
Era davvero bellissimo.
Quando lo vidi sembrò quasi che il buco allo stomaco si fosse leggermente riempito, ma più mi avvicinavo più diventava di nuovo grande.
Appena lo raggiunsi non dissi nulla.
Imitai la sua posizione e guardai il lago.
Sentivo il suo sguardo su di me, si era girato non appena mi ero messa al suo fianco e non smetteva di guardarmi.
« Cosa ci fai qui?» chiese.
Tra tutte le cose che poteva chiedermi aveva scelto proprio l'unica a cui non sapevo dare risposta.
« Mi stavi aspettando.» dissi ricordandomi del messaggio che mi aveva mandato.
« Non pensavo saresti venuta con qui.»
« Perché me lo hai detto allora?»
Questo discorso non c'entrava nulla con quello che dovevamo dirci realmente.
« Ti dovevo dimostrare come sono realmente.»
Non aveva senso.
« Forse prima dovresti darmi delle spiegazioni.» dissi.
Mi girai e lo guardai. Questa volta era lui che guardava l'orizzonte e il sorriso che prima aveva in volto era scomparso lasciando il posto ad un'espressione più seria.
« Forse.» disse.
Appoggiai la schiena alla staccionata e guardai i bambini in lontananza giocare sulla riva.
« Da dove vuoi iniziare?» mi chiese.
« Voglio sapere tutto. Da quando mi hai dato buca all'ultimo messaggio. Voglio sapere il perché ti diverti a farmi del male e voglio sincerità!» dissi autoritaria.
« È una storia lunga.»
« Ho fatto tanta strada per sentirla.»
« Non mi diverto a farti del male, pensavo che lasciandoti stare non avrei fatto casino come sempre. Ci sono molte cose che non sai su di me, non voglio dirtele, o almeno non ora, ma non voglio che tu pensi che mi diverto a farti del male.» cominciò.
Non parlai, non sapevo cosa dire a questa sua prima confessione.
« Non so se ti ricordi, ma, il giorno che dovevamo vederci, prima di uscire dalla palestra Josh, Steven e Peter mi hanno chiamato. Dovevano parlarmi. Non volevano allontanarmi da te, sia chiaro, ma volevano solo ricordarmi alcune cose su di me. La scelta di lasciarti andare è stata solamente mia. Ho deciso che la scelta migliore fosse quella di dirtelo, ma perché lasciarti credere che potessi ripensarci? Così prima di uscire da scuola Sarah mi chiese cosa avevo in programma per il pomeriggio e, non avendo nulla da fare, la invitai fuori. Non feci nulla, so a cosa stai pensando, ma no. Non sono quel tipo di ragazzo che se la fa con tutte. Non sono un santo, ma con Sarah no. Ovviamente lei ha frainteso quello che poteva esserci tra noi due e non mi lasciava più stare.»
« Ma tu non l'hai respinta però.» lo interruppi.
« Non ne avevo nessun motivo.»
Lo guardai malissimo ma lui non ci fece caso e continuò.
« Andava tutto per il meglio, poi quel tipo è venuto a prenderti a scuola e tu ti sei fiondata tra le sue braccia. Sembrava mi stessi provocando, non ci vedevo più dalla gelosia.»
« Fermo! Tu eri geloso di Matt?» lo bloccai di nuovo.
« Non ero geloso, mi dava solo fastidio che una come te, allergica al contatto umano- rise amaramente- si sia buttata tra le braccia di un altro che non fossi io, visto che aspettavo un tuo abbraccio o un qualcosa dal nostro primo appuntamento.»
« Ok, tu eri geloso. Ma perché?»
« Non lo so, pensavo che allontanandoti non avrei avuto conseguenze, ma a quanto pare era tardi ormai.»
« Quindi?» chiesi.
« Dopo quell'episodio me ne sono andato da solo e, beh poi sai quello che è successo il giorno dopo.» disse sorridendo
« Mi hai rapita» sottolineai.
« Non è stato il modo più delicato per parlarti, ma era l'unico che avevo. Lo so, sono stato stupido e ti chiedo scusa ma avevo bisogno di parlarti.»
« Parlare? Mi hai aggredito, volevi che ti dicessi i fatti miei su Matt. Ti sembrava parlare? A me non proprio.» sbottai.
« Ti ho già chiesto scusa. Ma vedo che non ti ha traumatizzato tanto visto che adesso sei qui.» disse sogghignando.
Era proprio vero, i ragazzi non sanno distinguere ciò che si può dire da ciò che bisognerebbe evitare.
Gli girai le spalle e cominciai ad andarmene.
« Dove vai? Non ti ho raccontato tutto.»
« Mi basta. Ho sbagliato a venire, pensavo fossi più maturo e che non mi avresti rinfacciato il fatto di averti permesso di giustificarti come se fossi un'ingenua.»
Mi prese il polso e mi fece voltare verso di lui facendo così scontrare i nostri petti.
« Quello che mi hai detto nello sgabuzzino mi ha colpito e avevi ragione. I messaggi erano un metodo di comunicazione, visto che non avevo altro modo per parlarti. Hanno funzionato per fortuna e ne sono veramente contento.»
« Non basta a perdonarti.»
« Sono stato uno stronzo, non ti posso promettere che non lo sarò di nuovo, ma voglio provarci comunque. Ci sono tante cose che non sai di me e tante che io non so di te, ma va bene così. Prima o poi ti dirò tutto. Non rinuncerò più a te perché ormai non posso più, ho solo bisogno di sapere se per te è lo stesso.» disse.
Oh Cazzo! Non l'aveva detto sul serio vero?
E ora cosa gli dicevo?
Voleva qualcosa da me, qualcosa che io non avrei potuto dargli, ma allo stesso tempo che una parte di me voleva.
Ero di nuovo piena di dubbi, ma quella volta non avevo tempo per pensarci a lungo.
Chiusi gli occhi, sospirai e poi finalmente parlai.

Spazio autrice
Ehila! Come va?
Mi scuso per il ritardo, volevo pubblicare ieri, ma era il mio compleanno e non ce l'ho fatta. ;)
Scusatemi davvero, ma spero che questo capitolo basti a farmi perdonare.
Fatemi sapere che ne pensate.
Buona lettura, un bacio
Franci

Fight for youWhere stories live. Discover now