Capitolo 37

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« Finalmente mi hai chiamata!» disse Bea senza neanche salutarmi.
« Ciao anche a te.»
« Non ti immagini neanche quello che ti sto per dire.» esultò maliziosa come sempre.
« Non sono più sicura di volerlo sapere.»
Ovviamente lei non mi ascoltò.
« Allora, hai presente oggi quando te ne sei andata con Matt?»
« Si, c'ero anch'io.»
« Appunto, sei andata da lui e gli sei fiondata addosso. Non potevi fare mossa più furba mia cara Élodie.»
« Mi stai mettendo paura, sembri posseduta.» dissi.
« Fammi finire. Siamo rimasti tutti a guardarti per un attimo poi dopo Josh ha ricominciato a fare battute noiose e ti abbiamo perso di vista.»
« Ok...» dissi intimorita per quello che poteva dire.
« Tutti tranne uno.»
« Non voglio sapere chi.»
« Tanto lo sai già mia cara.»
« Smettila con questo tono malizioso!» la rimproverai.
« Tyler è rimasto a guardarti fino a quando non te ne sei andata e guardava malissimo il tuo amichetto.»
« Non voglio più sentire nulla.» la zittii.
« Ma dai, adesso arriva la parte più bella.»
« Non mi interessa.»
« Tanto lo so che la vuoi sentire.» sembrava stesse giocando, sembrava una di quelle bambine piccole che si infastidiscono a vicenda per chi ha il giocattolo più bello.
La accontentai, ero pur sempre curiosa.
« E va bene. Vai avanti.»
Emise un verso di gioia e proseguì.
« Stavo dicendo... Dopo che sei partita si è di nuovo girato nella nostra direzione e ha brontolato sottovoce qualcosa. Non ho capito cosa ma si vedeva che era arrabbiato per quello che avevi fatto.» rise.
« Sicura di non essertelo immaginato?» la interruppi.
« So quello che vedo. Si stava rodendo dalla gelosia!»
« Fatico a crederci.»
« Élodie.» mi riprese.
« È vero, scusa ma se gli importava tanto di me ed è geloso, non mi avrebbe lasciata ad aspettarlo mentre lui se ne andava con un'altra.»
« Fidati di me. So cosa ho visto, sembrerà strano, ma è così.»
« Non lo so. Non vorrei illudermi di contare qualcosa per lui.» ammisi.
Era vero, le illusioni non mi avevano mai portato nulla di buono e la speranza mi portava sempre dove non volevo.
« Io ti dico solo quello che ho visto. Potresti non ascoltarmi e fare finta di niente oppure andare da lui e chiarirvi.» disse.
« Non sono una che da seconda possibilità né nuove occasioni.»
« Tu pensaci ok?»
Annuii anche se lei non poteva vedermi.
« Ci vediamo domani.» la salutai non volendo proseguire quella conversazione.
« Ciao Élo.» disse.
Chiusi la chiamata e entrai in casa.
Possibile che dovevo avere tutti questi problemi?
Non gli avrei mai parlato a Tyler, avrei chiuso tutti i rapporti con quel tipo e sicuramente non lo avrei perdonato.
Forse Bea poteva avere ragione, ma non lo avrei mai ammesso e, men che meno, l'avrebbe ammesso lui.
Mi aveva chiesto di pensarci? Io ci avevo pensato, non avrei mai tirato fuori l'argomento.
Non ci pensai più, ormai era tardi avevo preso la mia decisione.
Salutai Alice che era intenta a guardare un film alla televisione e andai in camera mia.
Erano le nove passate, non era tardi, ma ero stanchissima.
Andai a coricarmi e non ci misi molto ad addormentarmi.
Non capivo come mai, ma sebbene avessi gli incubi riuscivo lo stesso ad addormentarmi senza problemi.

La mattina seguente mi alzai presto visto che ero già sveglia da molto e, sempre seguendo la solita routine, andai a scuola.
Anche quella mattina ero in anticipo e non vedevo Bea da nessuna parte.
Mi appoggiai ad una ringhiera e presi il cellulare dalla tasca.
« Merda!» imprecai.
Avevo le mani completamente sporche, non so come avevo fatto, ma ce le avevo tutte e due nere.
Qualcosa mi diceva che era solo una delle tante disgrazie che avrei passato oggi.
Facendo attenzione a non sporcarmi ancora di più presi lo zaino ed entrai a scuola per andare al bagno.
Mancavano ancora 25 minuti all'inizio delle lezioni.
I corridoi erano vuoti e mettevano una certa angoscia. Odiavo girovagare da sola lì dentro, le pareti grigie e le lunghe file di armadietti mi facevano venire in mente quelle scene che si vedono nei film dell'orrore. E io non avrei fatto una bella fine.
Per mia fortuna arrivai ai bagni senza brutte sorprese e mi lavai le mani tranquillamente.
Ci misi un po' a fare andare via lo sporco, chissà cosa avevo toccato per ridurle in quello stato.
Uscii dal bagno ripercorrendo ogni minuto fa quando ero uscita di casa per capire cosa avevo fatto, ma non mi venne in mente nulla.
Ero immersa nei miei pensieri quando qualcosa, o meglio qualcuno, mi tirò per un braccio.
Cogliendomi di sorpresa non riuscii nemmeno a ribellarmi.
« Mettimi giù!» Urlai appena mi caricò su una spalla.
Vedevo solo sue gambe muoversi e avevo la faccia schiacciata contro la schiena.
Sentii aprirsi una porta e poi mi mise a terra.
Avevo tutti i capelli davanti agli occhi e non riuscivo ancora a riconoscere chi era il mio "rapitore".
« Ma che cosa ti è preso?» chiesi spostandomi i capelli dal viso.
« Tu!» Urlai appena capii chi era.
« Non hai niente altro di meglio fa fare? Che cosa ti salta per il cervello, ammesso che tu ne abbia uno?» sbottai.
« Dobbiamo parlare.» disse freddamente.
« Non abbiamo nulla da dirci e poi perché in... uno sgabuzzino?» chiesi rendendomi conto solo in quell'istante dove ci trovavamo.
« Non mi avresti ascoltato da altre parti.»
« E cosa ti fa credere che qui ti ascolterò? Spostati!» dissi spingendolo via da davanti alla porta.
Lui stranamente si spostò senza fare resistenza, ma capii subito il perché. Aveva chiuso la porta a chiave.
« Fammi uscire!» gli ordinai.
« Prima dobbiamo parlare.»
Sbuffai, non avrei ottenuto nulla. Appoggiai la fronte alla porta e pensai. O mi tranquillizzavo o continuavo ad urlare come una pazza fino a quando non mi avrebbe fatta uscire.
Optai per la prima opzione.
« E va bene. Di cosa fuori parlare sentiamo?» dissi girandomi e incrociando le braccia al petto.
« Perché ieri ti sei fiondata tra le braccia di come si chiama? Matt?»
Al diavolo la prima opzione.
« Vuoi veramente parlare di questo?» Urlai.
Lui non rispose perciò continuai.
« Perché invece non mi dici come mai mi hai lasciata ad aspettarti fuori da scuola per oltre venti minuti? Perché te ne sei andato con quella tipa anche se avevi appuntamento con me? O perché sei diventato di nuovo scorbutico e odioso? Dopo tutto quello che mi hai fatto vuoi davvero parlare di Matt?»
« Voglio capire perché cazzo l'hai abbracciato quando da me non ti facevi neanche prendere per mano.»
Ormai la calma che dovevo mantenere era sparita ed ero estremamente furiosa.
« Tu sei malato.- risi amaramente.- Fammi uscire.»
« Non abbiamo ancora finito.»
« Penso che ci siamo già detti abbastanza.» risposi tranquilla anche se mi sentivo esplodere.
Volevo andarmene da quella situazione il più velocemente possibile, ma lui non mi stava aiutando.
« Mi dispiace» sussurrò.
Non era quello che doveva dire, anche se in parte volevo sentirglielo pronunciare. Gli risposi con il suo stesso tono di voce.
« A me no.» mentii, solo in parte però.
Mi guardò confuso, allora gli spiegai.
« Grazie a tutto quello che è successo ho capito che persona sei realmente e non quello che volevi farmi credere.» risposi con l'amaro in bocca.
Ricacciai indietro le lacrime che si stavano formando. Non dovevo piangere, non ora.
« E che persona sarei?» chiese.
« Manipolatrice, bugiarda e di cui non ci si può fidare.»
« Io non sono così, tu non mi conosci, ma se solo...» lo bloccai.
« Non voglio sentire "se", non voglio conoscerti, o almeno non più»
« Ti posso spiegare.» mi supplicò.
Scossi la testa, non ne volevo più sentire parlare.
« Fammi uscire, per favore.»
« Dammi un'altra possibilità.» disse.
« Apri questa porta, per piacere?»
« Solo una, non ti chiedo altro.»
« Devo andare a lezione.»
Si avvicinò a me e io automaticamente mi spostai di lato per lasciargli lo spazio di aprire la porta. Le sue intenzioni però erano altre.
Indietreggiai fino a ritrovarmi con le spalle al muro, Tyler era davanti a me e aveva appoggiato entrambe le mani ai lati della mia testa. Mi aveva intrappolata e si stava avvicinando pericolosamente al mio viso.
Misi le mie due mani sul suo petto e lo spinsi, ma lui non fece una piega.
« Ti dimostrerò chi sono veramente.» Si avvicinò ancora.
« Non devi dimostrarmi nulla, lasciami passare.»
Il suo sguardo si posò sulle mie labbra.
Non mi sarei fatta baciare, non in uno sgabuzzino mezzo buio dal ragazzo che dovrei odiare.
Girai la testa di lato prima che le sue labbra raggiungessero le mie e, mentre era sorpreso, gli presi le chiavi dalle mani ed uscii.
Prima di chiudermi la porta alle spalle però mi girai per dirgli un'ultima frase.
« Non do seconde possibilità, le persone non cambiano.»
Chiusi la porta e me ne andai.
Forse quel chiarimento, se così si può chiamare, non era stato inutile. Forse mi serviva avere un confronto diretto con lui.
Entrai in classe e, per la prima volta senza domande o pensieri, riuscii ad ascoltare la lezione.

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