Capitolo 62

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« Come ti senti?» chiese Tyler rompendo il silenzio che si era creato tra noi.
Ci eravamo seduti sul bordo del ring con le gambe a penzoloni ed io ero appoggiata con la testa sulla sua spalla.
« Sto bene grazie a te.» risposi.
Non sapevo come fare a dimostrare la mia gratitudine nei suoi confronti, volevo che capisse cos'aveva significato per me il suo comportamento, ma non trovavo le parole giuste.
In un momento in cui non avevo nessuno su cui contare perché Marcus non c'era, lui era riuscito a sorreggermi e a confortarmi come nessuno avrebbe saputo fare meglio.
« Posso farti una domanda?» chiesi ricordandomi quello che mi aveva detto prima.
Aspettai che mi facesse un segno di assenso e poi gli chiesi.
« Perché hai smesso di fumare? Insomma, so che è un comportamento positivo, ma non è una cosa facile da eliminare dopo che hai una certa dipendenza.» dissi leggermente in imbarazzo.
Lo vidi sorridere probabilmente perché si aspettava che glielo avrei chiesto.
« Ricordi quando ti ho detto il perché io fumavo?» chiese ed io annuii subito.
« Ti distrae dalla realtà o da qualsiasi altra cosa.» risposi.
« Beh, adesso non ho più bisogno di distrarmi. La mia vita non fa più schifo come una volta e ho trovato una persona che riesce a farmi stare bene anche quando non ho molta voglia di sorridere.» rispose.
Un sorriso orgoglioso si aprì sul mio viso e quasi mi commossi.
« Grazie.» dissi prima di avvicinarmi a lui e baciarlo.
« A volte però mi chiedo se lo stesso vale anche per te.» disse appena lo lasciai andare.
Lo guardai sorpresa dal suo cambiamento improvviso di tono di voce e lui si spiegò meglio.
« Oggi te ne sei andata via senza aspettarmi, senza neanche pensare che io potessi aiutarti, senza pensare che potevo consolarti. So che è difficile per te confidarti, ma mi sembra di non avere fatto passi avanti da quando stiamo assieme.»
« Non capisco come mai torniamo sempre a questo discorso.» risposi.
« Forse perché non lo abbiamo mai concluso?» rispose seccamente.
« Te l'ho già detto, ma te lo ripeto. Non è facile per me fidarmi delle persone, ma con te sto facendo davvero tanti progressi e, anche se forse non riesco a dimostrarlo, il livello di fiducia nei tuoi confronti è cresciuto notevolmente.» dissi.
« Dovresti cominciare a dimostrarlo allora.»
Come riusciva a cambiare carattere così velocemente? Non era la prima volta che lo faceva e anche quel giorno eravamo passati da un'atmosfera di tranquillità a discutere. Riuscivamo sempre a distruggere il nostro momento di sincronia in cui sia lui che io eravamo tranquilli.
Era colpa mia, gli nascondeva troppe cose e non potevo pretendere che queste rimanessero allo scuro per sempre. Se volevo avere un futuro con lui avrei dovuto raccontargli del mio passato anche se avesse potuto fare male.
« Quando poi ti deciderai a parlarmi, fammi uno squillo.» continuò visto che io non rispondevo.
Detto ciò si alzò e si diresse verso la porta.
« Dove stai andando?» chiesi.
« Ho della roba da fare.» rispose senza voltarsi.
« Non lasciarmi da sola.» dissi.
Non si fermò e continuò per la sua strada. Sapevo che aveva ragione, lui a me aveva raccontato tutto, si era completamente esposto al mio giudizio e io in cambio non gli avevo dato nulla. Dovevo fare quello che era giusto, dovevo fare quello che avevo deciso poco prima.
« Aspetta!» dissi alzandomi e prendendo un suo polso.
« Sono una stupida, ma quando fai così non ragiono più e nella mia testa non penso ad altro se non a tenerti testa. Dobbiamo parlare.» dissi.
Lo condussi verso l'ufficio di Marcus. Se avevo deciso di confessargli tutto mi sarei dovuta sentire a mio agio e il posto migliore era quello in cui avevo rivelato per la prima volta tutto.
« Cosa vuoi sapere?» chiesi sedendomi su una poltrona.
« Cosa devi dirmi?» chiese a sua volta.
Ormai era fatta, avevo deciso e non potevo più tirarmi indietro. Non sarei più scappata da lui, io lo volevo al mio fianco e per questo dovevo raccontargli il mio passato.
« Promettimi che mi lascerai finire prima di parlare, ok?» annuì alla mia richiesta e allora cominciai.
« Sono nata e ho vissuto a Miami fino a quando avevo 12 anni. La mia famiglia ed io abitavamo in una casa lontana dal centro città, in una zona molto tranquilla. All'età di sei anni conobbi la mia migliore amica, si era appena trasferita nella casa accanto alla mia e diventammo subito amiche. Siamo cresciute assieme, eravamo come sorelle, i suoi erano amici dei miei genitori e spesso eravamo tutti insieme. Nulla poteva andare meglio, ma ho imparato che le cose belle sono destinate a finire. Avevo dodici anni quando capii sulla mia pelle questa frase.» mi fermai.
Non volevo piangere, ma il groppo che mi si era formato in gola sembrava non lasciarmi scelta.
« David non era mio padre, lui era quello di Crystal e Alice era sua madre. Mi dispiace non avertelo detto prima, ma non sapevo come fare.» dissi sospirando.
Ero stata molto vaga e perciò non mi stupii quando Tyler mi fece una domanda.
« Dov'è adesso questa ragazza? E perché abiti con Alice?»
Ed ecco le risposte che mai avrei voluto condividere con qualcuno.
« Lei non c'è più, mi ha lasciata cinque anni fa in un incidente stradale. Stavamo andando all'aeroporto perché dovevamo partire per l'Europa, eravamo tutti assieme e David guidava. Andava tutto per il meglio, Crystal ed io eravamo felicissime di questo nostro viaggio e stavamo programmando quello che avremmo fatto una volta arrivate. Peccato che però tutti i nostri progetti sono saltati. In un incrocio un'auto non si è fermata, ci è venuta addosso e, a causa della sua alta velocità, ci ha ribaltati.»
Non ce la feci più e una lacrima dopo l'altra cominciai a piangere.
« Sono morti. Lei, mia mamma e mio papà non ce l'hanno fatta. Sono morti sul colpo e nessuno ha potuto fare niente. Io mi sono risvegliata un giorno dopo l'accaduto in ospedale con Alice e David al mio fianco. Loro si sono presi cura di me, da quel giorno non mi hanno fatto mancare nulla e ci siamo sorretti a vicenda.» dissi.
Lo vidi alzarsi dalla poltrona e prendermi il viso tra le mani. Sussurrava qualcosa, ma non capii quello che diceva perché i miei singhiozzi non mi facevano sentire.
« Dovevo andare a vivere dai miei nonni, ma volevo andarmene da Miami. Quella città aveva troppi ricordi che mi facevano pensare a chi avevo perso e quelli che credevo miei amici non erano per niente d'aiuto. Alice e David sapevano come mi sentivo e cosi chiesero il mio affidamento e ci trasferimmo qui. Tre mesi dopo però anche David se ne andò, si sentiva in colpa per quello che aveva fatto, pensava che se fosse stato più attento avrebbe potuto evitare l'incidente, pensava fosse colpa sua. Così siamo rimaste in due, solo Alice ed io.» finii tra le lacrime.
« Mi dispiace davvero tanto, se solo avessi saputo non ti avrei mai obbligata a dirmelo.»
« No, ho deciso io di dirtelo. Tu non mi hai obbligata, dovevo dirtelo prima o poi e dopo quello che hai fatto oggi per me era giunto il momento.»
Riuscii a sorridere, ma solo per poco perché la tristezza prese di nuovo il sopravvento.
« Élo, guardami.» disse.
Non avevo ancora alzato gli occhi da terra da quando lui si era avvicinato. Non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi, avevo paura di vederci compassione e pietà ed io non volevo che lui mi guardasse in quel modo.
Mi decisi comunque ad alzare lo sguardo, non potevo rimanere con gli occhi fissi a terra per sempre.
« Io non me ne vado, ok?» disse accarezzandomi dolcemente la guancia.
Era quello che volevo sentirmi dire, quello che speravo mi dicesse dopo che gli avessi raccontato la mia storia.
Lo abbracciai per non so quanto tempo, ma quando mi allontanai da lui avevo smesso di piangere.
« Andiamo a casa mia?» chiese.
Ero stanca e il pianto mi aveva fatto venire mal di testa perciò annuii. Mi prese per mano ed uscimmo dalla palestra chiudendo tutto.
In poco tempo fummo davanti casa sua e non capii il motivo, ma mi sentii subito al sicuro.
Entrammo mano nella mano diretti subito al piano superiore, ma in casa c'erano anche gli altri che ci fermarono.
« Hai già fatto tutto quello che dovevi fare?» mi chiese Steve ed io annuii solamente.
Non volevo fare vedere che avevo pianto per cui abbbassai la testa e lasciai che i capelli mi ricadessero sul viso.
« Se avete bisogno di noi siamo sopra.» disse Tyler anticipando gli altri.
« Ok, va tutto bene?» chiese a quel punto Peter.
Tyler rispose al mio posto ed insieme salimmo in camera sua.
Non parlammo più del mio passato, sapevo che lui aveva ancora molte domande da farmi, ma gli fui grata che non mi chiese nulla in quel momento.
Ci coricammo insieme sul suo letto, ero davvero stanca e in poco tempo mi addormentai ascoltando i battiti del cuore di Tyler.

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