Capitolo 17

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« Basta ti prego! Basta!» non ce la facevo più.
Mi lacrimavano gli occhi per quanto avevo riso. Eravamo nel bar vicino alla stazione, quello dove lui lavorava. Era tutto il pomeriggio che ridevo.
In quel momento Matt mi stava raccontando degli aneddoti su alla sua infanzia e non riuscivo a trattenere le risate.
Stavo veramente bene in sua compagnia.
Ero arrivata lì un po' prima delle 14 e Matt aveva appena finito di lavorare quando entrai. Mi aveva invitata ad uscire ma alla fine eravamo rimasti nel locale.
Avevo conosciuto sua sorella. Era la ragazza che mi aveva servito e che stava dietro al bancone la prima volta che ero entrata.
Avevamo gli stessi occhi e anche i lineamenti del viso erano simili. Era davvero una bella ragazza ed era anche simpatica.
Passammo tutto il resto del pomeriggio a ridere e scherzare. Tornai a casa per cena. Mangiai insieme a Alice e, dopo una settimana che ci vedevamo solo di sfuggita, ci aggiornammo.
Visto che il giorno dopo nessuna delle due doveva lavorare, guardammo dei film fino a tardi.

I giorni passarono.
Matt ed io diventando sempre più uniti. Ci vedevamo spesso e ero riuscita ad aprirmi un po' di più con lui.
Durante il mese di Agosto mi portò ancora una volta al mare e, ogni tanto, andavamo in piscina.
Si era fatta di nuovo sentire Beatrice. Eravamo uscire un paio di volte insieme, o a fare shopping o per un semplice spuntino. Avevo conosciuto molte cose particolari su di lei ed avevamo instaurato un buon rapporto.
Le vacanze estive stavano per concludersi.
Forse per la prima volta in cinque anni ero riuscita a cambiare leggermente, a diventare, o forse dovrei dire ritornare, la vecchia Élodie. La strada però era ancora lunga e non ero sicura di riuscire a tornare quello di un tempo perché c'erano molte cose che non potevano essere sostituite.

La domenica prima dell'inizio delle lezioni, Bea e delle sue amiche avevano organizzato una serata per concludere le vacanze invitando anche me.
Decisi di accettare l'invito non solo per passare una serata diversa, ma anche perché volevo provare a me stessa di aver fatto dei cambiamenti.
Alle 20 ero pronta per uscire.
Avevo ricevuto un messaggio da Bea poco prima che mi informava che sarebbe passata sotto casa mia così avremmo fatto la strada che ci separava dal locale insieme.
« Io vado!» dissi salutando Alice.
« Certo, divertiti!» mi rispose.
Presi la borsa ed uscii di casa.
« Ehi!» mi salutò con un cenno della mano Bea.
« Ciao!» risposi io imitando il suo segno.
« Aspetta! Fatti un po' vedere! - disse prendendomi per mano e facendomi ruotare su me stessa - Stai veramente d'incanto! » concluse.
Non ero abituata ai complimenti e gli risposi con un semplice grazie sussurrato.
« Anche te stai veramente bene!» dissi sorridendo.
« Lo credi davvero? Sai questo vestito non l'avevo mai messo e non indosso quasi mai i tacchi però per questa sera ho voluto fare un'eccezione e li ho messi, i capelli li ho lasciati sciolti e li ho fatto leggermente mossi per cambiare e...»
Scoppiai a ridere interrompendo il suo discorso.
« Parli sempre così veloce?» chiesi senza smettere di ridere.
Prese una ciocca di capelli e se la mise dietro l'orecchio.
« Scusa! Sono una che parla molto, non me me rendo conto e inizio a parlare senza smettere per molto tempo. Se succede ancora dimmelo, non voglio annoiarmi o cose del genere. Sono strana e non voglio...» La bloccai.
« Lo stai facendo di nuovo.» dissi sorridendole.
« Giuro che la smetto.» rispose.
Risi di nuovo.
« Non preoccuparti non mi da fastidio anzi, ti ascolto volentieri.» dissi per confortarla.
Parlammo per tutto il tragitto, o meglio lei parlava e io la ascoltavo facendo ogni tanto qualche osservazione.
Arrivammo al locale quasi dieci minuti dopo.
« Eccovi finalmente!» disse una ragazza correndoci in contro.
Doveva essere una delle amiche di cui mi aveva parlato Bea.
« Scusate il ritardo, abbiamo avuto un imprevisto.» le rispose Beatrice facendomi l'occhiolino.
« Si immagino!» disse la ragazza intuendo a cosa si riferiva Bea.
Sorrisi al suo commento e mi risalì una sorta di malinconia. Mi ricordavano quando Crys ed io ridevamo e scherzavamo insieme e quando ci prendevamo in giro. Ingoiai il groppo che mi era risalito in gola e, un po' titubante, entrai nel locale con loro.
Cenammo scherzando e ridendo. Erano davvero simpatiche e Beatrice non perdeva l'occasione di far ridere tutte. Mi stavo divertendo anche se c'era qualcosa che mancava in quella serata e , sebbene non volessi, non mi sentivo nel posto giusto.
«Andiamo a fare strage di ragazzi! Ragazze, in discoteca!» urlò Bea incitandoci a seguirla non appena uscimmo dal locale.
Aveva bevuto qualche bicchiere di troppo ed era molto vivace, più del solito. Continuò ad urlare a squarciagola per tutto il tragitto e alla fine di ogni parola allungava l'ultima lettera. Faceva veramente ridere. Forse non se ne era accorta ma tutte la guardavano e la prendevano in giro.
Arrivammo di fronte all'ingresso della discoteca. Un uomo robusto e con una faccia poco raccomandabile era sulla porta. Aveva una cicatrice sopra l'occhio destro, all'altezza del sopracciglio, era abbastanza spaventoso. Deglutii, presi un respiro profondo e seguii le ragazze.
« Ehi Ed!» lo salutò Bea.
Rimasi sorpresa nello scoprire che si conoscevano ma non dissi nulla. L'uomo le sorrise e la strinse in un abbraccio.
« Mamma mia ragazza! Quanto hai bevuto?» chiese facendo una faccia disgustata.
« Io non ho bevuto!- rispose lei - Vero Élodie?» mi guardò
Sbarrai gli occhi. Davvero non deve accorgeva?
«Certo! Come no» risposi io sarcastica.
« Visto?» disse Bea riferendosi all'uomo e indicando me con il pollice.
Sorrisi. Ed spostò lo sguardo di nuovo verso di me.
« Tienila d'occhio!» mi disse facendomi l'occhiolino.
Non sapevo cosa dire ed annuii soltanto
In risposta lui ci aprì la porta ed entrammo.
Appena misi piede all'interno della discoteca la puzza di alcool mischiata al fumo era ripugnante. Noj ero abituata a questo tipo di odori visto che era la prima volta che entravo in un posto del genere. Persi subito di vista le amiche di Beatrice e in pochi secondi anche lei sparì.
Decisi di avvicinarmi al bar. Di solito, nei film, il bacone è il posto meno affollato e dove si riesce a respirare senza che nessuno ti pesti un piede o ti tiri una gomitata.
Avevo ragione. Trovai subito uno sgabello su cui sedermi.
« Cosa ti porto?» mi chiese la ragazza dietro al bancone.
« Un bicchiere d'acqua grazie.» risposi.
Avevo la gola secca e avevo bisogno di bere. La ragazza mi guardò ancora un istante come per capire se stessi scherzando ma quando realizzo che era ciò che volevo mi girò le spalle per riempirmene uno. Probabilmente nessuno prendeva mai da bere dell'acqua.
Le sorrisi debolmente e poi spostai di nuovo la mia attenzione sulle persone che stavano ballando.
Non passò molto tempo che un ragazzo si avvicinò a me.
« Balliamo» disse guardandomi.
« No grazie, io non ballo.» risposi.
« Non era una domanda!» disse scocciato.
Lo fissai stupita dal suo comportamento.
« Beh la mia era un'affermazione invece!» dissi iniziando a innervosirmi.
Vidi nei suoi occhi crescere la rabbia. Come si permetteva di parlarmi così? Non lo conoscevo e pensava di potermi fare degli ordini?
Si avvicinò al mio viso. Mi allontanai tirando indietro la schiena ma rimasi incastrata tra il suo corpo e il bancone.
« Senti bambina. Se non vuoi avere dei guai è meglio se fai ciò che ti dico. Capito?» chiese.
Era decisamente fuori di testa. Lo guardai spiazzata. Mi aveva lasciato senza parole ma non gli avrei mai permesso di fare ciò che voleva.
Lo spinsi leggermente e lui indietreggiò di un passo senza mai staccare lo sguardo da me.
Dovevo riuscire a scappare e l'unico modo era assecondarlo.
« Andiamo.» dissi nel modo più convincente possibile.
« Vedo che hai capito!» mi rispose lui con un ghigno divertito in volto.
Raggiungemmo la pista e lui iniziò a strusciare il suo corpo contro di me. Appoggiai la schiena al suo petto e, quando meno se lo aspettava, gli pestai un piede.
Fece qualche passo indietro allontanandosi da me.
« Brutta stronza!» urlò.
Non aspettai altro e corsi fuori dal locale.
Non mi guardai mai indietro. Corsi per non so quanto tempo è senza una meta.
Quando mi fermai avevo il fiato corto e piagevo. Non sapevo precisamente quando avevo iniziato a piangere ma, in quel momento non riuscivo a smettere.
Era buio e non capivo dove mi trovavo. Non avevo mai visto questo posto e in giro non c'era nessuno a cui potessi chiedere indicazioni.
Continuai a camminare. Non molto più tardi raggiunsi una piazza illuminata. Finalmente riconobbi il posto.
Mi sedetti su una panchina e iniziai a pensare.
Non sarei mai dovuta andare ad una festa. Cosa pensavo di fare? Non ero il tipo da feste e mai lo sarei stata. Dovevo smetterla di comportarmi in qualcuno che non ero, non sarei mai cambiata.
Avevo lo sguardo basso e non mi accorsi che un signore stava "allestendo" uno stand di fronte a me. Era una mano da strada. Lo guardai preparare tutto il necessario per i suoi trucchi di magia e, quando iniziò il suo spettacolo, rimasi estasiata dalla sua bravura. Ero la sua unica spettatrice. Alla fine della performance mi guardò. Prese il cilindro da cui poco prima aveva fatto uscire una colomba ed estrasse un foglio piegato in quattro. Lo aprì, mi girò le spalle e lo attaccò davanti al tavolino.
" Dimentichi i tuoi problemi e ti concentri solo sulla magia per poter capire il trucco " c'era scritto.
Era vero, in quei cinque minuti di spettacolo non avevo pensato ad altro se non alla sua magia.
Mi alzai dalla panchina si cui ero seduta, prese degli spiccioli che avevo in tasca e glieli lasciai ringraziandolo.
Solo allora decisi che era ora di tornare a casa.

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