Capitolo 9

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Quella mattina mi svegliai tardi.
Erano le 10 quando decisi finalmente di alzarmi dal letto e andare a fare colazione.
Alice dormiva ancora, quella notte aveva lavorato fino alle 7 quindi non si sarebbe svegliata tanto presto.
Odiavo fare colazione da sola. Forse odiavo troppe cose ma ero fatta così e non potevo farci niente.
Avevo una voglia matta di cappuccino e croissant alla crema. Non mi svegliavo mai con delle voglie strane ma quella mattina volevo proprio mangiare quello.
Decisi di andare in un bar. Mi vestii velocemente, mi resi presentabile e uscii.
C'era un bar in fondo alla strada che faceva dei croissant divini.
I miei piedi camminavano da soli, non seguivano più le istruzioni del cervello e in pochi minuti fui arrivata.
Si sentiva un buon profumo uscire da una finestra.
A vedere da fuori non c'era molta gente così entrai.
Andai dritta verso il bancone.
Sembravo una posseduta, non mi ero guardata in torno da quando ero entrata. Avevo sempre tenuto lo sguardo fisso in avanti e camminavo decisa.
Mi sedetti sul primo sgabello libero che trovai e aspettai che qualcuno venisse a prendere la mia ordinazione.
Si avvicinò una ragazza dai capelli neri.
« Sai già cosa prendere?» chiese.
« Si, vorrei un cappuccino e un cornetto alla crema grazie.»
Mi guardò negli occhi e chiese ancora.
« Nient'altro?»
Scossi la testa e lei si allontanò.
Potevo scommettere di aver già visto quegli occhi. Non potevo essermi dimenticata quello sguardo. Però non ricordavo la ragazza.
Aveva gli occhi di una tonalità di azzurro molto rara. Non sono molte le persone fortunate che hanno quegli occhi. Ero sicura di averli già visti.
La mia ordinazione arrivò subito. Guardai ancora una volta quegli occhi per cercare di ricordare ma nulla.
Stavo bevendo il mio cappuccino e quasi mi strozzai quando sentii una voce famigliare.
« Sei un po' in anticipo sai?» disse.
Alzai lo sguardo dalla tazzina e mi trovai davanti la persona che aveva parlato. Era anche lui dietro al bancone con un grembiule nero legato intorno alla vita.
« Matt? - dissi osservandolo ancora per qualche istante poi continuai - tu lavori qui?»
Lui annuì.
Fantastico! Ero la persona più sfortunata al mondo. C'erano altre decine di bar nelle vicinanze e io dovevo proprio andare in quello dove lavorava la persona che dovevo a tutti i costi evitare. Sono davvero molto fortunata!
Mi continuai a maledire mentalmente ancora per un po' poi mi ricordai quello che aveva appena detto.
« In anticipo per cosa?» chiesi.
« Per il nostro appuntamento, è ovvio!»
A quelle parole mi strozzai con il cornetto e iniziai a tossire come una persona asmatica. Matt scoppiò a ridere e cominciò a dire frasi senza senso che io non sentii neanche.
Quando mi ripresi lo fulminai con lo sguardo.
« Mi sembra di essere stata chiara ieri sera!» mi dissi di non perdere la calma.
« Lo sei stata ma io ti ho detto che non mi sarei arreso.» mi fece l'occhiolino.
Dovevo stare calma.
Non gli risposi. Presi i soldi che mi ero infilata nella tasca dei pantaloni prima di uscire di casa e li lasciai sul bancone. Mi alzai dallo sgabello e camminai verso l'uscita. Sapevo che non mi avrebbe fatta andare via tanto facilmente ma non per questo non potevo provare a scappare.
Lo sentii muovere dietro al bancone. Continuai a camminare e uscii dal bar.
« Dove vai?» chiese.
« Ovunque ma non qui!» risposi.
« Ma abbiamo un appuntamento e, visto che ti sei presentata dove avevamo deciso, non puoi andartene così!»
Scoppiai in una risata amara.
« Pensi veramente che io sia venuta qui per l'appuntamento?! - annuì- Non mi ricordavo neppure della nostra uscita. Non volevo e non voglio uscire con te. Sono venuta qui per puro caso, non sapevo neppure che era il bar vicino alla stazione! È stata una coincidenza!!»
Dissi tutto d'un fiato. Prima che parlò ci fu un momento di silenzio.
« Pff, le coincidenze non esistono!»
Ma perché non poteva lasciarsi scaricare normalmente come un ragazzo normale? Doveva per forza complicarmi tutto?
Non aveva ancora finito.
« Senti non so cosa ti spinga a non accettare un mio appuntamento. Mai in passato una ragazza mi aveva rifiutato quindi sono sicuro di me quando dico che sono un bel ragazzo. Non so perché continui a rifiutarmi ma ti ho solo chiesto di uscire non ti andare a letto insieme. Cosa ti costa conoscere una persona nuova? Non dobbiamo per forza metterci insieme! Non farti pregare e non scappare perché tanto sai che non mi arrenderei.»
Lo guardai dritto negli occhi, non sapevo cosa ribattere. Non potevo rivelare a un perfetto sconosciuto il perché non avessi amici. Mi guardò con occhi da cucciolo.
« E poi oggi è anche il mio compleanno.»
Forse se avessi accettato mi avrebbe lasciata in pace.
« Una condizione!- dissi - Una volta che saremo usciti insieme non dovrai più chiedermelo e mi lascerai stare. Ok?»
« Affare fatto. Tanto sarai tu a chiedermi di uscire ancora.»
Mi allontanai.
« Sbruffone!» gli urlai.
« Sono solo sicuro di me!» disse.
« Comunque non sei bravo a mentire! Oggi non è il tuo compleanno.»
Avevo imparato con il tempo a riconoscere chi mentiva e devo dire di essere diventata molto brava.
Gli leggevo dallo sguardo che cercava di capire come avessi fatto, non gli lasciai il tempo di rispondermi e dissi.
« Sabato sera alle 21 di fronte a casa mia, tanto sai dov'è! Non fare tardi mi raccomando.»
E me ne andai con il sorriso in volto.

Ero seduta sulla sdraio sul balcone e di casa e stavo pensando.
Non vedevo l'ora che ricominciasse la scuola. Non perché mi mancavano amici e compagni, visto che di amici non ne avevo e i compagni mi lasciavano in disparte, ma perché almeno avrei riempito le mie giornate.
Durante le vacanze passavo tutto il tempo ad annoiarmi e a fare le stesse cose sempre.
Mi alzavo, facevo un po' di compiti, leggevo e poi uscivo per andare in palestra fino alle 22.
Sicuramente le altre diciassettenni avevano una vita più movimentata e interessante della mia.
Una volta, quando non ero ancora sola, non c'erano mai momenti noiosi. Avevamo sempre qualcosa in programma e spesso e volentieri andavamo dove ci portava l'istinto. Non eravamo persone prevedibili ma piuttosto legate all'avventura.
Volevamo persino girare tutta l'America salendo sul primo autobus disponibile e proseguire fino a quando ne avevamo voglia.
Le persone comuni, nonostante avessero perso il loro partner, decidevano di portare a termine tutto ciò che avrebbero dovuto fare insieme così da rendere felice almeno in parte il loro amico che non c'è più.
Peccato che io sono tutt'altro che una persona comune.
Non sono mai partita per quel nostro insolito viaggio e per molte altre cose che avevamo programmato perché se l'avessi fatto mi sarei sentita ancora più male di quanto non mi senta già e non avevo bisogno di altra sofferenza.
Ero una codarda egoista, avevo paura di tutto e non facevo nulla per gli altri.
Ero davvero una brutta persona!

Fight for youWhere stories live. Discover now