Capitolo 49

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Ero di nuovo fuori da quel bar, il preferito di David. Lui si trovava come ogni sera seduto davanti al bancone.
Avevo paura, come sempre, ma quella volta sapevo che non sarebbe andata a finire bene. Ormai conoscevo cosa sarebbe successo da lì a poco, ma nonostante ciò non riuscivo a muovere neanche un passo per dirlo a David. Ero come immobilizzata, come se mi avessero congelato in quella posizione, con le gambe accavallate e le braccia conserte, su quella panchina.
Quando arrivarono quei due uomini, tutto successe velocemente. Vidi la testa sanguinante di David sul bancone e i due uomini che lo picchiavano a sangue. Subito dopo iniziai a correre, ritrovandomi poi in quel vicolo.
Tremavo e piangevo. Avevo paura e solo un'immagine mi passava continuamente per la testa: il corpo in fin di vita di David.
Rimasi accovacciata in quel vicolo a piangere per ore e, solo quando intravidi qualcuno di fronte a me, alzai lo sguardo.
« Sei solo capace a scappare.» disse.
Non lo riconobbi subito a causa delle lacrime che oscuravano la visuale, ma appena riuscii a mettere a fuoco capii chi si trovava davanti a me.
« Cosa?» chiesi tirando su con il naso.
« É tutta colpa tua, avevi promesso che non saresti più scappata e invece guardati!- disse indicandomi- Non può andare avanti così.» continuò alzando il tono di voce.
« Non capisco, dove vuoi arrivare?»
« Addio Élodie.» concluse voltandomi le spalle.
Cominciò a camminare allontanandosi da me e, come qualche ora prima, non riuscii a muovermi.
Questa volta però urlai, lo pregai di fermarsi, ma lui non mi diede retta. Ero sfinita, mi faceva male la gola e non avevo più voce.
Era destino, non ero degna di avere qualcuno al mio fianco pronto a sostenermi in tutte le mie scelte, buone o cattive che siano. Riappoggiai la testa sulle mie ginocchia e chiusi gli occhi.

Ero in uno stato di dormiveglia quando qualcuno cominciò a scuotermi. Non volevo sapere chi fosse, non volevo avere altre delusioni.
« Élo.» mi chiamò dolcemente.
Avevo mal di testa e mi sentivo da schifo. Non riuscivo ad alzarmi, non che lo volessi, ma stare seduta in quella posizione per ore mi aveva fatto indolenzire il sedere.
« Élodie.» mi sentii di nuovo chiamare.
Una mano cominciò ad accarezzarmi la schiena e questo gesto mi diede un senso di sicurezza. Finalmente mi decisi ad alzare lo sguardo.
« Simon?» sussurrai.
Mi guardai intorno, non ero più nel vicolo al freddo, ma ero a casa mia seduta sul pavimento del bagno.
« Cosa ci faccio qui?» chiesi.
« Vorrei saperlo anch'io. Ti ho sentita urlare e mi sono preoccupato. Non mi avevi detto che avevi di nuovo gli incubi.»
Spalancai gli occhi. Non glielo avevo detto apposta, non volevo farlo preoccupare, ma ormai era venuto a saperlo.
« Perché non me lo hai detto?»
« Ti saresti preoccupato per me, e tu sei qui per Alice.» risposi.
« Sarei venuto a saperlo prima o poi, non avresti dovuto tenermelo nascosto.»
Mi alzai di scatto dal pavimento, le forze che fino a qualche secondo prima non c'erano era comparse dal nulla e in quel momento mi sentivo un po' meno male. In più non era certo il momento giusto per una sua ramanzina.
« Dove stai andando adesso?» chiese alzando ancora il volume della voce.
« Sono stanca.» risposi freddamente.
Camminai velocemente verso la mia camera senza mai voltarmi, sapevo che mi stava seguendo.
« Scusa, non volevo alzare il tono di voce, ma mi hai colto alla sprovvista.» si scusò.
« Ho notato.»
« Da quanto tempo ce li hai?» chiese calmo.
Mi sedetti al suo fianco sul mio letto.
« Da settembre.» risposi.
« Perché?» chiese stringendo i pugni.
Sapevo che lo turbava il fatto che non gli avessi detto nulla per così tanto tempo.
« Non lo so. Da un giorno all'altro sono tornati.» mentii.
Non volevo dirgli che probabilmente era colpa di Tyler che mi aveva fatto rivivere quei momenti il giorno del ballo.
« Élo, non mentirmi.» sospirò.
Sbuffai, nessuno mi conosceva meglio di lui.
« Ho avuto un attacco d'ira verso Tyler una sera e gli ho raccontato in maniera molto generale di David.»
« Gli hai raccontato cosa gli è successo?» chiese non capendo.
« No, ma gliel'ho fatto capire quasi.»
Fortunatamente non mi chiese i dettagli sull'incubo di quella sera. Altrimenti gli avrei dovuto spiegare che non c'era solo David nel mio incubo, ma che avevo altre paure.
« Dovresti parlarne con lui. Il modo migliore per sconfiggere un problema è partire da dove tutto è cominciato, per cui devi andare da Tyler.»
« Io non posso, non sono pronta a raccontargli tutto. Proverebbe pietà e compassione per me, come giù a Miami. E non voglio che la storia si ripeta anche qua.»
« So che non mi hai raccontato tutto dell'incubo, ma so anche che c'entra Tyler più di quello che tu vuoi farmi credere. Perciò va da lui e parlagli. Non sei costretta a raccontargli tutto, solo quello che ti preoccupa maggiormente.»
Probabilmente aveva ragione, era stato a causa di Tyler se avevo di nuovo gli incubi per cui lui era l'unico che poteva aiutarmi a sconfiggerli.
Mi alzai da letto pronta ad andare da Tyler, ma appena aprii la porta della mia stanza mi ricordai che era piena notte.
« Qual è il problema?» chiese Simon.
« È tardi, non posso presentarmi a casa sua a quest'ora.»
« Tardi? Non è neanche mezzanotte e sicuramente non starà ancora dormendo.»
Mezzanotte? Ma a che ora mi ero addormentata? E per quanto avevo dormito?
« Sbrigati!» rise.
Mi infilai un paio di leggins sopra agli shorts e presi una felpa dell'armadio.
Uscii di casa velocemente e, solo quando ormai ero in strada, mi accorsi che non sapevo dove abitava Tyler.
Non ero mai andata a casa sua e non avevamo mai parlato di dove abitasse.
« Peter!» sussurrai.
Mandai un messaggio a Pet chiedendogli l'indirizzo della casa di Tyler.
Mi rispose subito dicendomi dove abitava, ma non sapeva se lo avrei trovato a casa. Lo ringraziai e cominciai ad incamminarmi.
Era buio e non c'era nessuno per strada. Stavo cominciando a ripensare alla mia folle idea di andare a casa sua quando un'auto si fermò al mio fianco.
Cominciai a immaginarmi gli scenari più orribili. Un serial killer mi aveva scelta come la sua prossima vittima? Oppure un mal intenzionato voleva "divertirsi" con me?
Appena il finestrino dalla parte del passeggero si abbassò tirai un sospiro di sollievo.
« Pensavo avessi bisogno di un passaggio.» ghignò Simon.
Sorrisi e lo ringraziai salendo in auto.
In meno di cinque minuti fummo arrivati a destinazione.
Prima di partire Simon mi assicurò che sarebbe andato tutto bene, ma io ero comunque molto nervosa.
La casa era abbastanza grande, era su due piani e si trovava in una zona tranquilla di Orlando.
Suonai il campanello e aspettai che qualcuno venisse ad aprirmi.
Nessuno aprì, probabilmente Pet aveva ragione, Tyler non era in casa. Suonai un'altra volta per sicurezza, ma anche questa volta nessuno aprì.
Ne rimasi un po' delusa, certo ero ansiosa, ma nonostante questo volevo veramente parlargli.
Ripercorsi il corto viale verso la strada e aprii il cancelletto.
Stavo chiudendo quest'ultimo quando sentii la porta della casa aprirsi.
Mi voltai verso di essa e vidi Tyler spiazzato quanto me sull'uscio.
« Élodie?» chiese con la voce leggermente roca.
Fantastico, l'avevo svegliato.

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