Capitolo 54

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« Tu cosa?» chiesi senza smettere di ridere.
« Stanno esagerando non ascoltarli.» mi rispose Tyler.
Steve stava raccontando un piccolo aneddoto della loro vita da coinquilini e il mio ragazzo ne era protagonista.
« Stavo dicendo.- riprese Steven- Eravamo appena rientrati da una serata molto movimentata quando Tyler, molto ubriaco, sentì dei rumori all'interno della casa. Entrò furtivo in soggiorno, ma non c'era nessuno, eppure i rumori continuavano.» cominciò a ridere.
« Ero ubriaco, non capivo nulla!» si lamentò il mio ragazzo sbuffando.
« Più girava per la casa più i rumori diventavano forti. Non capiva cosa fossero e da dove arrivassero e lui continuava ad andare in giro con una mazza da baseball.» continuò Peter.
Li guardai invitandoli a continuare, ma erano troppo presi dal ridere che non ci riuscivano.
« Fino a quando non si inciampò su qualcosa e cadde per terra. Era come un enorme sacco di patate con i piedi legati da un filo, non riusciva più ad alzarsi.» disse ancora Josh.
« Si era attorcigliato i piedi attorno ad una decorazione del locale in cui eravamo stati - disse tra le lacrime Steve- ed in cima a queste decorazioni c'era proprio l'oggetto che faceva rumore. Erano quattro lattine che sbattevano una addosso all'altra, ma lui non se ne era reso conto e muovendosi creava quei suoni.»
« Era talmente ubriaco che non capiva quello che era successo. Quella sera non riuscì più ad alzarsi e dormì per terra.» continuò Pet.
« E il giorno dopo, quando si svegliò, dovette strisciare fino alla cucina per cercare delle forbici per liberarsi e correre in bagno. Non mi sono mai divertito così tanto.» finì Josh.
Stavo piangendo dal ridere. Non riuscivo a smettere e la faccia scocciata di Tyler non faceva altro che incrementare le mie risate.
« Non fare l'offeso, qualcuno deve pur metterla al corrente di ciò che fai.» lo stuzzicò Peter.
« Non ce n'è bisogno, ormai non faccio più queste cazzate e voi sapete benissimo che non vado fiero di quel periodo della mia vita, quindi potevate evitare!» rispose innervosito Tyler.
« Ecco perché sta con te, non ti conosce realmente.» continuò Josh.
« Chiudete la bocca.» li zittì ancora il mio ragazzo.
Smisi di ridere all'istante, cosa non conoscevo di Tyler? C'era veramente qualcosa di lui che mi avrebbe fatto pentire delle mie scelte? Quanti segreti mi nascondeva?
Certo, io non potevo giudicarlo visto che ero la prima che aveva segreti, ma pensavo che lui non mi tenesse allo scuro di nulla. Mi aveva detto dell'incidente e delle pene che stavano scontando, ma c'era ancora dell'altro che io non sapevo? Qualcosa di più grave, forse?
Mi riscossi dai miei pensieri solo quando Tyler mi lasciò la mano e si alzò. Cominciò a sparecchiare la tavola, forse solo per tenere occupate le mani e pensare ad altro. Infatti non ascoltò più gli altri che continuarono a ridere ricordando quel giorno.
« Vado a farmi una doccia.» disse appena finì di mettere le tazze nel lavello.
Lo guardai non capendo il suo comportamento, ma lui non ricambiò il mio sguardo. Non sapevo cosa pensare.
Perché se l'era presa tanto? Non l'avevano raccontato ad uno sconosciuto, ma a me e, visto che mi conosceva, doveva sapere che non lo avrei mai giudicato.
Ad un certo punto mi sentii osservata così rivolsi di nuovo la mia attenzione ai ragazzi.
Steven mi stava fissando. Gli rivolsi uno sguardo interrogativo e lui mi indicò con un cenno del capo le scale.
Guardai in quella direzione, ma non mi alzai. Probabilmente Tyler voleva restare da solo quindi non sarei salita.
Tornai a posare il mio sguardo su Steve e scossi la testa. Un sorriso si aprì sulle sue labbra facendomi diventare ancora più perplessa. Quasi sicuramente notò la mia espressione confusa e mimò con le labbra un "vai".
Scossi nuovamente la testa e lui alzò gli occhi al cielo.
Possibile che non capiva? Se Tyler mi avesse voluto mi avrebbe chiesto di andare su con lui.
« Se non vai su tu da sola ti ci porto io con la forza.» mi sussurrò.
« Vuole stare solo.» risposi.
« Come fai a saperlo?» chiese con un ghigno.
« Lo so!» sbuffai.
« So quello che ha passato, Élo. Non ha avuto un passato calmo e tranquillo quindi ricordare i tempi andati è molto doloroso per lui. Gli faresti solo un favore se non lo lasciassi solo a pensare a ciò che ha passato.»
« E se volesse stare da solo?» chiesi.
« Se voleva stare solo doveva pensarci prima di mettersi con te.»
Sorrisi alla sua affermazione.
« Non ti facevo così saggio.» risposi prima di alzarmi per salire al piano di sopra.
Aprii la porta della sua camera pensando di trovarlo lì, ma era vuota. Sentii ancora l'acqua della doccia correre perciò mi sedetti sul letto ad aspettarlo.
Sapeva che sarei salita? Aveva lasciato la porta aperta per me? Forse Steve aveva ragione, Tyler sperava che salissi per non farlo pensare al passato. Un passato doloroso per di più. Chissà cos'era successo. Forse dopo l'incidente il senso di colpa e il peso di una condanna grave che poteva influenzare tutta la sua carriera futura l'avevano portato ad ubriacarsi per dimenticare. Sperai che non fosse per quello, sapevo cosa significava ritrovarsi in quello stato.
Mi risvegliai dai miei pensieri solo quando sentii la porta del bagno aprirsi.
« Sapevo che ti avrei trovata qui.» mi disse Tyler sorridendomi.
Alzai lo sguardo verso di lui e spalancai gli occhi per la sorpresa. Aveva solamente un asciugamano legato in vita quindi il suo fisico scolpito era in bella mostra.
Ma quanto poteva essere figo?
Si passò una mano tra i capelli bagnati e raggiunse il suo armadio alla ricerca di qualcosa da mettersi.
L'avevo già visto a torso nudo, ma vederlo con solo un asciugamano così era tutta un'altra cosa. Probabilmente si accorse che mi ero incatata ad ammirarlo perché mi rivolse un ghigno divertito. Divenni rossa dall'imbarazzo.
« Ehi tesoro, capisco che sono un bello spettacolo, ma così mi consumi.» disse.
« Ma piantala!» risi lanciandogli un cuscino che lui schivò.
Mi fece la linguaccia e si girò di nuovo verso l'armadio.
Non c'era più traccia di rabbia nel suo sguardo, era tornato tranquillo, come se quella doccia avesse lavato via tutte le sue preoccupazioni.
Però non volevo fare finta che non fosse successo nulla poco prima. Così, correndo il rischio di farlo arrabbiare di nuovo, parlai.
« Va tutto bene?» chiesi seria.
« Certo, perché non dovrebbe?» rispose tranquillamente.
« Posso farti una domanda?»
« Qualunque cosa.» continuò senza voltarsi.
« Perché ti sei ubriacato quella sera?» chiesi senza timore.
Avevo bisogno di saperlo, avevo bisogno di sapere che non si era ridotto come David, avevo solo bisogno di una sua conferma, ma questa non arrivò. Tyler si irrigidì e si appoggiò con le mani all'armadio. Potevo vedere i suoi muscoli sulla schiena contrarsi e le mani si erano chiuse a pugno.
Avevo scelto una domanda sbagliata.
Mi alzai dal letto sicura di me, volevo sapere la risposta è avrei fatto di tutto per farmela dire.
« Ti prego Tyler, rispondimi.» dissi avvicinandomi a lui.
Gli appoggiai una mano sulla spalla per farlo voltare nella mia direzione, ma lui non si girò. Continuò a restare immobile senza parlare per altri secondi. Fui di nuovo io a rompere il silenzio.
« Per favore.» sussurrai.
Lo abbracciai da dietro e appoggiai la mia guancia alla sua schiena. Sebbene lui fosse ancora mezzo svestito, non mi feci prendere dall'imbarazzo e continuai.
« Ho bisogno di saperlo.» dissi.
« Non capiresti, nessuno capisce.» mi rispose finalmente.
« Non puoi saperlo. Non sai come potrei reagire.» dissi più determinata che mai.
Non so cosa quella frase gli fece scattare dentro di sé, ma come una molla si girò velocemente verso di me e mi buttò sul letto.
In un attimo mi ritrovai con la schiena appoggiata al materasso e Tyler sopra di me che si reggeva sulle braccia per non schiacciarmi.
« Tu non vuoi realmente saperlo, sei solo curiosa di sapere il perché.» rispose acidamente.
« Io voglio saperlo perché mi preoccupo per te, ho visto come ti sei comportato sotto e non voglio succeda più. Ma devo sapere perché ti ha dato così fastidio.» dissi determinata.
« Dicono tutti così.» rise amaramente.
« Io non sono tutti, io sono la tua ragazza. Ti prego.» risposi più calma.
Spostò lo sguardo dai miei occhi in un punto indeterminato della stanza e, dopo aver preso un respiro profondo, parlò.
« Solo perché stiamo assieme non significa che devi sapere tutto sul mio passato. Soprattutto quando sei tu la prima a tenermi nascosto tutto.» disse.
Ahia, colpo basso.
Prima mi dice che non c'è fretta, che lui mi aspetta e dopo invece mi rinfaccia il fatto che gli nascondo tutto? Certo, sono stata io a cominciare, ma non c'era il bisogno di scagliarmi addosso le mie colpe.
« Non stiamo parlando di me adesso.»
« Non parliamo mai di te.»
Rimasi spiazzata dalla freddezza con cui usò quelle parole, ma non mi feci abbattere.
« Vuoi parlare di me ora?» chiesi sfidandolo.
Lui non rispose né mi guardò.
« Bene, parliamo di me allora. Cosa vuoi sapere? Il perché degli incubi? Perché sono sonnambula? O preferisci conoscere il motivo per cui non mi affeziono a nessuno? Ovviamente tu sei escluso da questo nessuno. Cosa vuoi sapere Tyler? Dimmelo avanti!» dissi.
Sapevo che mi stavo remando contro, ma sapevo anche che lui non mi avrebbe mai chiesto quelle cose anche se stavamo discutendo.
Sbuffò come se gli avessi appena fatto un torto e si girò guardandomi di nuovo negli occhi.
Mantenni il suo sguardo e cercai di mostrarmi il più determinata possibile.
« Ero ubriaco quasi tutte le sere. Sai come si dice " bevo per dimenticare", ma per me non era così. Io bevevo perché volevo punirmi per ciò che avevo fatto. Avevo mandato all'ospedale tanta gente e qualcuna era ridotta pure peggio. Ogni volta che mi ubriacavo rivivevo l'incidente e, ogni volta, mi sentivo sempre peggio dentro. Il senso di colpa mi stava distruggendo e non riuscivo a venirne fuori. La sera bevevo e la mattina mi alzavo con il dopo sbornia, ma il male fisico non era nulla in confronto a ciò che provavo psicologicamente. Continuai così per settimane fino a quando Josh non si rese conto che avevo toccato il fondo.» cominciò.
Vedevo la sofferenza nel suo sguardo, ma anche molta voglia di lascirsi il passato alle spalle e ricominciare.
Proprio l'opposto di me. Io non volevo dimenticare ciò che mi era successo mentre lui cercava ogni giorno di passare oltre.
« Stavano pranzando quando io rientrai a casa ubriaco. Era l'una e dalla sera prima loro non mi vedevano. Cominciai ad insultarli, dissi a Steve e Peter che erano dei vogliono che non riuscivano a fare nulla di buono mentre con Josh ci andai giù più pesante. Lui mi fece parlare, ma alla fine del mio discorso mi diede l'ultimatum. " O ti fai curare o te ne vai." mi disse. All'inizio risi per la sua affermazione, ma vedendolo serio smisi subito. Uscii di casa incazzato, ma quando la sbornia passò, capii che aveva ragione. Tornai a casa con la coda tra le gambe e, chiedendo scusa ai ragazzi, feci la scelta migliore della mia vita.» finì.
Lo guardai con occhi spalancati dallo stupore. Sapevo che dovevo aspettarmi una cosa del genere, ormai avevo capito che c'entrava l'incidente con il suo " brutto periodo", ma mai avrei pensato che mi avesse raccontato tutto così facilmente e soprattutto così sinceramente.
Aprii la bocca per parlare, ma non uscirono parole, non sapevo cosa dire.
« Lo sapevo.» disse alzandosi.
Non mi resi conto che se ne era andato fino a quando non sentii più il calore del suo corpo sul mio. Aveva interpretato il mio silenzio in maniera sbagliata, ma come contraddirlo ero rimasta zitta con la sorpresa dipinta in volto.
« Sapevi cosa?» chiesi risvegliandomi dal mio stato di trans.
« La tua espressione, sapevo che non avresti capito. Mi guardi come se fossi un alieno, come se il mio comportamento fosse così sconcertante.» rispose.
« Io ti capisco. Capisco te, capisco Steve e Pet, ma soprattutto capisco Josh. Ti guardavo così perché mi hai colto alla sprovvista, non pensavo mi raccontarsi tutto.»
« Solo chi lo prova sulla sua pelle può capirlo, non so neanche perché te l'ho detto.» rispose scuotendo la testa.
Per questo ti capisco. Pensai.
Forse era ora di dirglielo, forse era arrivato il momento di parlare di me, forse gli serviva uno stimolo per capire che io potevo aiutarlo come lui stava aiutando me.
« 24 novembre 2010.» dissi.
« Cosa?» chiese girandosi verso di me.
« Era il 24 novembre 2010, quest'anno sono già cinque anni.» ripetei.
Lui mi guardò confuso, ma prima che potesse aggiungere altro parlai di nuovo io.
« Andava avanti già da più di tre mesi, ma quella notte raggiunse l'apice se così si può chiamare...»

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