#5 - Sospetti

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Ore 20. L'auto di Marco arriva sotto casa mia.

Scendo in fretta ed entro.
Mi stavo godendo il tragitto nella più totale beatitudine. Marco ogni tanto toglieva lo sguardo dalla strada per guardarmi stranito

"Beh, hai pensato a quella cosa?"

"Si Mark"

"Ti vedo rilassato e contento. Questo mi fa piacere"

"Ho capito un po' di cose. Riflettendo oggi pomeriggio ho finalmente capito molte cose di me"

"Beh allora dimmi: ti va di fermarci un po'?"

"Mark non mi va"

"Cosa? Sei etero quindi?"

"No sono gay"

"Allora che significa? Non mi ami più?"

"Mark tu mi piaci ancora solo che ancora non mi sento pronto per questo"

"Cazzata"

"Se non facciamo niente non significa che non ci sia amore tra di noi"

"Cosa cazzo mi può significare quello che hai detto? Per come la vedo io il tuo è solo un capriccio"

Mi sentivo strano. Se prima una frase del genere mi feriva nel profondo, ora non faceva effetto. Mi sentivo sicuro di me e le parole mi uscivano senza problemi

"Sono Gay punto. E se tu metti in dubbio la nostra relazione, beh allora sei tu quello che ha paura ed è insicuro"

Mark rimase sconvolto dalle mie parole. Forse quello fu la prima volta in cui ci dicemmo quello che pensavamo

"Tomma' io ti amo lo sai. Ho fatto coming out solo con te. Sto mettendo a rischio tutto per te. Cosa succederebbe se tutti venissero a sapere che sono gay? Prenderebbero in giro me e te. Non mi importa sia chiaro. A me interessa che stiamo bene. Ma quello che voglio è migliorare il nostro rapporto"

"Cosa c'è da migliorare spiegami. Stai facendo tu un problema dietro l'altro. Stiamo bene insieme, la mia inesperienza non c'entra niente"

"Continua a credere quello che vuoi. Io non so cosa ti sia successo ma una cosa te la posso dire: non sei lucido"

"Bene, fantastico. È come parlare al vento. Accompagnami a casa".

La serata finì così. Non mi piaceva litigare con Marco. In fondo sapevo che anche lui era incasinato mentalmente. Era la sua prima relazione. Dovevamo abituarci.

Il giorno seguente, arrivai puntuale in classe. Mark fece ritardo. Come al solito non gli dissero nulla. Non fa niente. Non voglio che sia ancora infuriato.
La lezione parti'

"Ragazzi prendete il libro di storia a pagina 46"

Mark mi guardò e fece un mezzo sorriso. Volevo parlagli.

"Dopo andiamo in bagno?"

"Ok Tomma' "

Continuammo a sorriderci per alcuni secondi, fino a quando Marco posa l'occhio sul mio libro di storia non ancora aperto.

Piano piano il suo sorriso si trasformò in sospetto. Mi guardò come se stesse aspettando una risposta...

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FUTURO

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<<Ci dica la verità>>

<<Ve la sto dicendo>>

<<Quindi lei sostiene che sia tutto partito da lì?>>

<<Certo! Quella stessa mattina mi incontrai col ragazzo della biblioteca per farmi prestare il libro di storia. Marco conosceva a memoria quasi tutti gli studenti della scuola. Sapeva della sua omosessualità e subito collegò il miglioramento d'umore a quel ragazzo>>

<<Cosa successe poi?>>

<<Per tutta la giornata fu tranquillo, ed io ero talmente pieno di pensieri che non mi accorsi di niente. Andammo in bagno e lui cominciò a farmi complimenti per il mio aspetto fisico e la mia intelligenza. In realtà nella sua testa visualizzava solo quel ragazzo e me. Ancora adesso non riesco a capire come fa a recitare così bene. Mi baciò come faceva da sempre. Per me fu bello, ma dentro di sè rimuginava>>

<<Come ha fatto un ragazzo da solo ad aver ottenuto la fiducia di tutti gli studenti ma soprattutto dei dirigenti?>>

<<Ci penso in continuazione. Forse non troverò mai una spiegazione e sinceramente non mi interessa. Oggi bado a mè stesso>>

<<La invitò a uscire quella stessa sera?>>

<<No. Accadde un'altra cosa che sono sicuro a voi interessi parecchio>>

<<Ci racconti>>

<<Quando tornammo a casa, io mi buttai sul letto contento come un bambino, mentre lui era furente. In tutti questi anni si era mantenuto in uno stato che potremmo definire stand-by. Fortuna vuole che quel giorno a casa sua non ci fosse nessuno. Aprì la porta d'ingresso e senza chiuderla percorse il corridoio. Durante il tragitto dalla porta principale al bagno, lanciò lo zaino con tutta la rabbia che aveva dentro. Entrato in bagno si trovò faccia a faccia col muro e lì tirò un pugno. Poi un altro, con due mani, poi con una sola oppure con la destra o la sinistra, insomma, neanche quando il sangue gli uscì dalle nocche il suo cervello non smetteva di provare tutta quella rabbia e odio. Per la prima volta si sentì fregato, umiliato. Colpito nel suo punto debole. Il sudore e il sangue non riuscivano a fargli smettere di colpire la parete. Continuando sarebbe riuscito a crepare le piastrelle. Quando non potè più muovere le braccia a per l'acido lattico e le mani tremolanti, andò verso il lavandino ma il suo sguardo fu indirizzato verso lo specchio. Guardandosi vide solamente me: il ragazzino più piccolo di lui che era riuscito a ferirlo>>

<<Quindi è stato un gesto partito da lei?>>

<<Vorrei potervi dire che sia stata un'azione provocata da una semplice gelosia, ma la verità è che lui è sempre stato così. Solo che nessuno è mai riuscito a scalfirlo. Ve lo sto raccontando così dettagliatamente perché possiate capire di che genere di persona stiamo parlando. Di certo non potete entrargli in testa. Io ci sono stato e posso dirvi che davanti a quello specchio ridotto in quello stato l'unica frase che poteva dire è...>>

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PRESENTE

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"Gliela farò pagare"

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