#23 - Perfidia pt1

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"PRIMA LA STORIA DELLA SIGARETTA E ADESSO QUESTO? MA CHE CAZZO HAI IN TESTA? SONO I FILM SOLITI CHE VI VEDETE VOI RAGAZZI?" urlò Federico

"Hai perso la nostra fiducia sappilo" disse Rossana

"Scusatemi..." rispose con voce tremante e piangente Samuele, il quale rimase per tutta la discussione seduto sul divano con la testa china poggiata sulle sue mani

"NO TI DEVI STARE ZITTO E BASTA! SEI UN RAGAZZO A POSTO CON UNA FAMIGLIA PER BENE! CHE CAZZO DI...CHE NERVOSO MI STAI FACENDO VENIRE! MO PIANGI VERO? DOVEVI PENSARCI PRIMA"

"E non ci hai detto niente! Lo abbiamo scoperto da un'analisi del sangue che non doveva nemmeno essere fatta per questo! Che altro ci nascondi?"

"CHE ALTRO CI NASCONDI? HAI FATTO ALTRO? CHE CAZZO POSSO PENSARE DI TE?".

Dopo essersi strofinato i capelli, Federico, arrabbiato di vedere il figlio pentito troppo tardi per una cosa che aveva commesso, si avvicinò e gli tirò uno schiaffo. Non se lo aspettava. Era seduto composto, non vedeva niente. Lo schiaffo lo fece sdraiare sul lato destro. Vide solamente i genitori andare in un'altra stanza urlando. La vista era sfocata per via delle lacrime.

Samuele guardando nel vuoto, si sentì completamente perso. Non sapeva cosa fare. Era in un vicolo cieco da cui non poteva uscire. Capì che neanche scappando sarebbe riuscito ad uscire da quella situazione.

Si toccò la guancia colpita dallo schiaffo. Era calda e rossa. Quando se ne accorse e sentì il dolore, si mise a piangere con le lacrime che scendevano a fiumi ogni volta che sbatteva le palpebre e sul divano si creò una pozzetta che fece bagnare parte dei suoi capelli e lo zigomo destro.

Marco, al buio e con finestre chiuse, osservava la registrazione di quello che era successo 10 ore prima comodamente sdraiato sul suo letto. Le urla di Federico suscitavano in lui un ghigno soddisfatto, mentre considerava totalmente inutile l'intervento di Rossana. Lo schiaffo scaturì un'espressione sorpresa. Era una di quelle piccolezze che non aveva previsto, ma che gli facevano provare una contentezza più unica che rara.

In quello stesso momento anch'io mi trovavo sul letto. Non avevo parlato con i miei. La giornata era stata pessima. Sentivo un peso sul petto. Opprimente. Sapevo che non potevo fare niente e questo mi faceva stare male. Non avevo voglia di usare il telefono. Sapevo che sarei finito inesorabilmente nel profilo di Samuele, per cui mi limitavo a guardare il soffitto, e come immaginavo, mi venne in mente la mattinata al parco con lui. Mi vennero in mente gli sguardi, ma sopratutto le emozioni che ho provato, la libertà e la felicità nel poter amare così tanto una persona. Una felicità che non vi so descrivere. Ti fa vedere il mondo con allegria. Qualunque evento negativo veniva eliminato con una facilità inspiegabile.

Una volta che tornai alla tanto odiata libertà, il peso opprimente di prima si fece risentire. Senza telefono, né televisore acceso e senza fare niente, mi sentivo con la testa fra le nuvole e il cervello spappolato per via di tutti quei pensieri. È strano. Prima ero spensierato. Badavo a giocare, a guardare film e serie tv, insomma, tutto quello che fa un ragazzo comune. Ora, invece, non ho voglia di fare niente. Penso solo a una cosa. Solo a chi è capitato di trovarsi davanti a una situazione così può capire. L'unica cosa che ti fa stare bene è la speranza, però vivere solo con quella, a poco a poco, ti butta a terra. Aspettare...e aspettare. Quell'attesa che prima o poi qualcosa sarebbe cambiato, ti porta a scervellarti, isolarti, vedere solo il nero delle cose e per ogni cosa che si fa, pensare alle conseguenze.

Dopo quel pomeriggio, che tutti e tre ci sincronizzammo a pensare alla stessa cosa, cercammo di distrarci. Samuele restò in casa a leggere vecchi libri, dato che, i suoi genitori gli avevano tolto il cellulare. Io restai sul letto con il mal di testa, e Marco si preparò per andare a trovare una persona.

Durante il tragitto a piedi, chiamò Dennis

"Che c'è Mark?"

"Sei geniale cazzo! Avrai quello che vuoi: Samuele, la promozione, quello che vuoi! Sei un mito! È andata alla perfezione!"

"Marco...pensaci bene...abbiamo fatto solo una cazzata"

"Quei due stanno soffrendo nello stesso momento! Come fai a dire che è una cazzata?"

"Marco...ma porca troia..."

"Basta così. Se non sai vedere come stanno le cose è meglio che chiudo la chiamata...anche perché sono arrivato a casa di una persona..."

"Marco...Samuele sta malissimo. Non viene più a scuola, i suoi genitori non si fidano più di lui e non gli parlano. Ti consiglio di farla finita".

Marco non sentì l'ultima frase, che subito chiuse la chiamata con Dennis.
Era su una strada non illuminata. Camminava al buio, guardando solo davanti a sé. Sapeva benissimo quando sarebbe stato il momento di girarsi a destra per citofonare alla palazzina. Dopo qualche metro a piedi, in mezzo al buio, che metteva Marco a suo agio, si fermò di fronte al citofono.

Non poteva più pazientare dal desiderio che aveva. Una volta che vide davanti a sé i nomi di Federico e Rossana, tirò un sorriso di soddisfazione.

Premette il pulsante, e i sei led del videocitofono si accesero, mentre lui aspettava una risposta per entrare.

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