#26 - Perfidia pt4

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Arrivò la sera. Mia madre entrò di soprassalto. I suoi capelli ricci erano già pronti. Questo mi faceva capire che avrei dovuto sbrigarmi poiché era tardi. Ero completamente al buio, e quando accese la luce, portai le mani agli occhi.

A lei non avevo raccontato niente di quello che stava succedendo. Quando mi vedeva piangere le dicevo che io e Marco stavamo semplicemente affrontando un brutto periodo, ma che era una cosa da niente. Da tempo mi suggeriva di invitarlo per conoscerlo, ma io non me la sentivo per niente. In ogni caso, non persi tempo e cominciai a cambiarmi.

"Samuele!"

"Si mamma! Che c'è?" risposi dalla mia camera

"Io e tuo padre ce ne andiamo"

"Okay divertitevi"

"Guai a te se esci da qui" disse Federico

"Tranquilli. Non farò niente"

"Voglio proprio vedere" concluse Rossana, uscendo dalla porta seguita da suo marito.

Samuele sapeva che avrebbe infranto le regole ancor prima che i suoi iniziassero a prepararsi. Quando sentì che l'auto si allontanò, prese il suo zainetto con dentro coperte, laptop e altre cose e uscì di casa avendo cura di chiudere la porta principale lasciando accese le luci dentro casa.

"Erica! Sono arrivato in casa" disse Marco al telefono

"Grazie mille, Marco! Sai dove stanno tutte le cose per il bambino?"

"Assolutamente. Non ti devi preoccupare di niente"

"Scusami ancora il disturbo"

"Stai tranquilla! Tanto lo sai che non mi piacciono le feste"

"Che caro! Grazie eh"

"Divertiti Erica! Non pensare a niente!"

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<<Quale era precisamente il rapporto che aveva Marco con i professori?>>

<<Per alcuni di semplice amicizia, per altri di quasi familiarità>>

<<Chi più di tutti?>>

<<Con chi andava più d'accordo? Beh senza dubbio con la preside. Era pazza per Marco, pensate che lui andò parecchie volte a casa sua per occuparsi di suo figlio di 4 anni, quando lei non c'era. Avvicinarla fu semplicissimo. Inoltre era anche vedova. Vale il discorso che ho fatto prima sugli adulti>>

<<Come si chiama?>>

<<Erica Longo>>
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Arrivai a casa di mia zia. Non era poi così distante. Vedetti ancora quei mobili antiquati, lampadari del dopoguerra e marmo splendente, che mi fece desiderare più che mai di scappare da lì.

"Sedetevi, dai" disse mia zia ai miei genitori. Eravamo i primi arrivati. Ben presto la sala da pranzo di sarebbe riempita.

Nel frattempo, Samuele suonò alla porta del centro. Udì voci dall'interno. Non aspettavano nessuno la sera di natale. In fretta e furia, aprirono la porta. Quando vide le loro facce stupite non pensò a niente: gli occhi divennero lucidi e cominciò a piangere singhiozzando. Era felice di rivedere quelle persone che sapeva non lo avrebbero mai attaccato. Angela accorse subito da lui abbracciandolo e tenendo la testa sulle sue spalle. Gli altri guardavano la scena senza dire una parola. Si chiedevano cosa avesse. La prima a parlare fu Angela.

"Samuè...che ti è successo? Racconta!" chiese senza avere una risposta. Cercava di asciugarsi le lacrime come meglio poteva. Vedendo che il suo pianto diventava più forte e i singhiozzi erano più rumorosi, lo fece sedere sul divano nel salone. Il chiasso gioioso di prima aveva lasciato posto ad un silenzio di ascolto interamente dedicato a Samuele. Tutti i presenti lo guardavano per cercare di capire meglio.

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