CAPITOLO 137

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Ero ancora intenta a fissare il mio riflesso nella specchiera quando sentii un improvviso rumore di nocche battere contro al legno. La porta si aprii dopo un mio "Avanti", rivelando l'esile figura di Dollarus.

«Principessa, ero passato per-» Ma non terminò mai quella frase, spostando il suo sguardo, ora cupo, da me al pavimento.

Seguii il movimento dei suoi occhi fino a soffermarmi sulle mie ciocche rosse annodate sul marmo.

Mi irrigidii. In quegli ultimi giorni avevo realizzato come Dollarus desse particolarmente importanza all'ordine e, con quel mio gesto, temetti di averlo irritato.

In tutta risposta, l'omino chiuse la porta alle sue spalle, entrando nella camera.

Lo guardai avvicinarsi silenziosamente, sul volto un'espressione indecifrabile.

Era a pochi metri da me quando iniziai parlare «Avrei pulito...» Feci per dire, in un tentativo di giustificare quella mia mancanza di rispetto. «Mi disp-» Ma questa volta fui io a non riuscire a terminare la frase.

Dollarus mi strinse a sé così forte, da farmi quasi mancare il fiato. Era impressionante quanta forza avesse.

«Lyra, tu non sei sola.» Strabuzzai gli occhi a quell'improvvisa dichiarazione.

Quella frase, detta in quel modo e in quel momento... senza che lo sapessi, era esattamente ciò di cui avevo bisogno. Ma quelle poche macerie che ero riuscita a mettere insieme, in solitudine, da quando Rubyo se ne era andato, crollarono come un castello di sabbia dopo essere stato raggiunto da un onda.

Gli occhi, sbarrati, iniziarono a pizzicare, chiudendosi sempre di più. L'attimo dopo, le mie ginocchia cedettero sotto al peso del mio corpo ma, ancora stretta nella presa di Dollarus, non caddi.

Era sempre stato così: ero sempre riuscita a non cadere, a rimanere in piedi, non con le mie sole forze, ma appoggiandomi a qualcun altro, pesando su qualcun altro, gravando su qualcun altro.

La consapevolezza mi raggiunse forte come un pugno: non era cambiato nulla.

«Non è servito a niente.» Mi asciugai una lacrima con il dorso della mano.

Quando avevo iniziato a piangere? Ero patetica. Come potevo credere che un taglio di capelli e un vestito più scollato avrebbero risolto tutto?

«Non è vero, Principessa.» Dollarus si staccò dalla presa solo dopo essersi assicurato che le mie gambe mi reggessero in piedi. «Lasciare andare quel giovanotto è stata la scelta migliore che poteste fare.»

Lo fissai in silenzio.

«Per lui e per voi.» L'omino mi guidò con la mano affinché mi sedessi sullo sgabello della specchiera. «Vedetela così: voi siete uscita da palazzo per combattere una guerra. Avevate una spada...» Indicò l'arma ora a terra, poco lontano dalle ciocche di capelli. «...uno scudo...» I miei occhi brillarono: Rubyo. «...e perfino un cavallo.» Con un cenno del capo, Dollarus indicò nella direzione della porta, oltre la quale si trovava la camera di Gideon.

Quell'associazione riuscii a strapparmi, seppur brevemente, un sorriso.

«Ma sapete cosa non avete mai avuto?» Continuò l'omino.

Scossi la testa.

«Un'armatura.» I suoi occhi eterocromi brillavano nei miei, l'insieme della determinazione di Gideon e della lealtà di Rubyo. «Quale soldato andrebbe mai in guerra senza un'armatura? È ovvio foste destinata a fallire.»

Il sorriso che mi rivolse in quel momento mi scaldò il cuore. Quello era il sorriso di un alleato, di un compagno, di un amico.

In Dollarus, e nel suo volto dall'età indecifrabile, avevo tutto ciò di cui avevo bisogno.

Nella costruzione delle mie fondamenta, Dollarus era la chiave di volta, l'elemento che, senza modificare la struttura, ne avrebbe alleggerito il peso.

«Ed è per questo che noi ora forgeremo l'armatura più bella che si sia mai vista.»

Lo vidi allungare la mano oltre le mie spalle, fino a raggiungere le boccettine appoggiate sulla specchiera che, toccandosi tra loro, tintinnarono.

Con un movimento elegante ne stappò una, rivelando una sostanza rosea e burrosa.

Con mano esperta, tamponò l'anulare al suo interno, per poi spostare quel tocco sulle mie labbra, con una delicatezza che mai avrei pensato sarebbe potuta appartenere ad un uomo di guerra come Dollarus.

Immaginai le mie labbra, passive al gesto, dipingersi della sfumatura dei peschi in primavera.

«Ed ora il tocco finale.» L'omino, sollevandosi dalle mie labbra, prese qualcosa dall'interno della sua giacca. «Chiudete gli occhi.»

Ubbidii.

«Ero passato per darvi questa.» Lo sentii dire, mentre mi guidava nel voltarmi verso la specchiera. «Ora potete riaprirli.»

Sbattei più volte le palpebre fino ad incontrare il mio riflesso nello specchio. Mi vedevo, sì, ma non mi riconoscevo. Della Lyra ladra, scappata da palazzo da sette anni, non c'era più nulla. Ora, davanti ai miei occhi, c'era una donna, c'era una Principessa. Una vera Principessa.

Allungai la mano sopra al mio capo, fino a sfiorare le intarsiature della tiara, per poi lasciarla ricadere fino alla punta dei capelli, che ora terminavano poco al di sotto delle spalle.

«Io- Grazie.» Dissi solo. Ma quella singola parola non sarebbe stata sufficiente ad esprimere la complessità delle emozioni che, in quel momento, provavo.

«Adesso andiamo. Vi stanno aspettando.» Dollarus mi porse il braccio, che accettai con un sorriso.

L'attimo dopo, le porte della mia stanza si spalancarono, rivelando il corridoio, prima spoglio, ora adorno di fiori, nastri e tessuti.

I miei piedi, scalzi, camminarono per i lunghi corridoi e per i larghi porticati interni, incontrando gli uomini di Dollarus che, l'uno dopo l'altro, si inchinavano. Non al loro Signore, ma a me, la loro Principessa. Uno ad uno, dopo aver posto ossequi, si mettevano in coda, unendosi nella sfilata verso la sala principale.

Tutti quei convenevoli, quegli addobbi, quella tiara... solo allora capii veramente le intenzioni di Dollarus: in un palazzo che non mi apparteneva, in un Regno dove nessuno mi riconosceva, Dollarus mi avrebbe restituito la mia identità di Principessa.

In quel momento, era sceso dal suo piedistallo di uomo più potente di Chaot, solo per elevare me, una Principessa senza diritti, al rango più alto, e tutto ciò senza perdere la rispettabilità che gli apparteneva.

Nessun uomo, donna, umano, essere dell'Altro Sole o bastardo meritava il comando di Chaot, se non Dollarus.

«Ci siamo.» Disse, arrestando momentaneamente l'avanzata in prossimità di una svolta. «Dietro questo angolo non c'è solo un banchetto, Principessa, ma il vostro futuro. Siete pronta?»

E fu allora che decisi.

La determinazione di Gideon.
La lealtà di Rubyo.
Il rispetto di Dollarus.

Quelli sarebbero stati i miei tre nuovi pilastri, i più forti, sopra cui avrei costruito il mio Regno.

«Sono pronta.»

E, avanzando un passo, ero pronta a varcare la soglia del mio futuro.

Royal Thief IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora