CAPITOLO 111

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«Rubyo, tu mi amavi?»

In quel momento vidi se sue pupille espandersi a tal punto, da divorare il verde muschio dell'iride.

Il suo sguardo tremava nel mio.

«Mi amavi?» Ripetei, per assicurargli che avesse sentito bene.

Il labbro si mosse, incerto, schiudendosi. Ne uscì una voce roca ed esitante, in netto contrasto con la seriosità delle sopracciglia corrugate.

«No, Lyra. Io non ti amav-»

Un'improvvisa foschia iniziò a opprimere l'aria attorno a noi, interrompendolo momentaneamente.

«Io non ti am-»

Ritentò di finire la frase, ma questa volta fu Dollarus ad intervenire. «In sottocoperta!»

Notando il tono imperativo, feci per avviarmi ma Rubyo mi prese il braccio, bloccandomi. «Non ho finito.»

«Adesso!» La voce di Dollarus rimbombò su tutta la nave, di cui oramai non era più possibile distinguere nulla.

La foschia iniziale ora era diventata una nebbia fin troppo fitta.

«Ho capito, tranquillo.» Cercai di tagliare corto, consapevole della vergogna che si stava facendo strada dentro di me risalendo dallo stomaco. «Non c'è bisogno che tu finisca. Ora facciamo cosa ci ha detto Dollarus.» Tentai un sorriso, ma non riuscii a nascondere il velo di amarezza né nella mia voce né nel mio sguardo.

Quella consapevolezza mi fece sentire il bisogno di nascondere il mio volto dagli occhi analitici di Rubyo, cosa che feci nel momento in cui gli diedi le spalle per andare sottocoperta.

Le gambe, come molle, marciavano scattanti e sembrava che nulla potesse fermarle, neanche la mia volontà.
Eppure l'attimo dopo mi ritrovai sul legno umido del ponte di comando, accasciata e piegata in un due da un improvviso grido assordante.

Con gli occhi chiusi, iniziai a contorcermi, scossa da spasmi convulsi,  raggomitolata a terra, mentre mi premevo le unghie nel cranio in un tentativo di tapparmi le orecchie.

Cercai di spostarmi sottocoperta puntellando gomiti e ginocchia nel legno del ponte di comando ma, in quella posizione, i movimenti che riuscivo a fare erano minimi.

Sentivo la testa scoppiarmi, letteralmente.
Era come se qualcuno, da dentro, stesse spingendo contro il cranio per venire fuori.

Aprii gli occhi, sperando di accelerare i miei movimenti, ma ottenni solo uno sguardo che, per la pressione, si accavallava e perdeva continuamente la focalizzazione, diventando tutt'uno con la nebbia.

Nel contorcermi, gettai lo sguardo indietro.

Una sensazione di vuoto mi oppresse il cuore quando dietro di me non trovai nessuno.

Con gli occhi che mi lacrimavano per l'aumento della concentrazione di salsedine nell'aria, abbandonai il mio tentativo di attutire quel frastuono acuto, peggiore anche del grido delle arpie, e iniziai a vagare sul pontile in cerca di Rubyo.

Ma la nebbia non aiutava.

Camminavo a stenti, con piccoli ed incerti passi, tastando l'aria davanti a me.
In tutto quel mio indugiare, però, non riuscii a prevenire l'improvvisa scossa che seguì, perdendo così l'equilibrio ed inciampando nei miei stessi passi.

Sbattei l'anca contro il fianco della nave.

In un attimo, mi ritrovai con la testa e la parte superiore del busto che pendevano verso il mare aperto.

Smisi di respirare per un istante quando i miei occhi si fissarono sulle onde nere che sbattevano contro lo scafo.

Ma la mia condizione di apnea dovette interrompersi vista la velocità con cui il cuore prese a pompare sangue nel momento in cui il mio sguardo si incrociò con un altro nel mare.

Royal Thief IIWhere stories live. Discover now