CAPITOLO 86

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Due giorni dopo, eravamo in viaggio.

Galoppammo tre giorni e due notti prima di raggiungere Krat: usciti dalla Capitale, ci dirigemmo nel cuore del Regno, attraversando il fitto bosco che oramai conoscevo a memoria. Una morsa mi strinse lo stomaco quando, quegli alberi, quei cespugli e quei sentieri mi ricordarono i momenti trascorsi assieme a Gideon e Rubyo, quando eravamo ancora lontani dal palazzo, lontani da mio fratello. Dopo una notte di sosta, in cui i Rasseln si alternarono nel turno di guardia, proseguimmo verso pendii scoscesi, che presto si trasformarono in una catena montuosa. Seguitammo in fila indiana per delle polverose stradine rocciose a strapiombo sul bosco, salendo sempre più in quota, mentre il tiepido sole primaverile picchiava sulle nostre teste. Dopo aver riposato per un'altra notte in una grotta naturale, ne uscimmo dal lato opposto, attraversando così la montagna. Non appena fummo fuori, il forte vento freddo proveniente dall'Isola d'Inverno prese a graffiarci la pelle, facendoci rabbrividire. Ci spingeva con così tanta forza verso le catene rocciose, che risultò quasi impossibile raggiungere la vallata sottostante, oscurata da uno spesso strato di nebbia. Quando arrivammo in pianura, i polpacci mi bruciavano e anche i cavalli, dai quali eravamo stati costretti a scendere, sembravano sfiniti.

Un silenzio tombale ci accolse, mentre fendevamo la nebbia con i nostri corpi e lo scalpito degli zoccoli dei cavalli.

«È sempre stato così qui?» Domandai, stringendomi le spalle nel mantello per resistere al freddo.

«Dipende.» Rispose Coline. «Se ti riferisci alla nebbia, si. Se ti riferisci al silenzio, no...»

L'ex guardia imperiale osservò i dintorni con lo stesso occhio vigile di chi ha vissuto per anni in un luogo, imprimendo nella propria mente ogni minuzioso dettaglio e ora ne stia cercando una differenza tra le pieghe.

Immaginai che dovette avere la mia stessa reazione alla vista del palazzo dopo così tanti anni.

«Quando ero ancora una recluta, si sentivano per tutto il giorno lo scocco degli archi, il clangore delle spade, l'affanno dei respiri...»

Coline, malinconica, proseguiva quasi in testa al gruppo dei Rasseln, immersa nei ricordi che le sue parole facevano riaffiorare e che i suoi occhi plasmavano davanti a lei.

Improvvisamente si portò una mano in viso, tappandosi il naso disgustata.

«L'odore però è rimasto lo stesso!»

Una ventata gelida mi portò al naso un umido tanfo di cavolo marcio.
Spontaneamente mi tappai il naso, asfissiata.

«Ti ci abituerai dopo un po', spero...»

«Cos'è?» Domandai disgustata.

«La palude. È più un acquitrino, ma nessuno lo chiama così... o almeno fin quando io ero ancora una matricola.» Aggiunse dopo un po', malinconica.

Capivo esattamente cosa stesse provando, e le poggiai una mano sulla spalla in un tentativo di rassicurarla.

«Dove sono gli altri?» Chiese improvvisamente ad un Rasseln.

«A riposare. Oggi c'è astinenza.» Rispose lui, stranamente accondiscendente.

Coline si accigliò. «Chi questa volta?»

«Gerard.» Disse il Rasseln, improvvisamente scuro in volto, abbassando lo sguardo.

«Mi dispiace.» Coline strinse l'avambraccio dell'essere dell'Altro Sole, mentre questo si limitò solo ad annuire.

«Cosa è successo?»

Era la prima volta che un Rasseln mostrava un'emozione diversa dalla rabbia e dall'odio, e questa cosa mi lasciò destabilizzata.

Royal Thief IIWhere stories live. Discover now