CAPITOLO 95

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Non appena gli esseri dell'Altro Sole ci videro entrare nell'acqua, si arresero all'idea di averci perso, ritirandosi. Mi stupii di quella loro facile resa, ma dopotutto si trattava di esseri fatti prevalentemente di fuoco.

Ma non era ancora tempo per rallegrarsi: per noi la battaglia non era ancora finita.

Poco dopo esserci immersi, infatti, iniziammo a sentire la potenza delle correnti tirarci al centro del mulinello.
Ebbi pochi secondi per prendere una boccata d'aria, poi fui trascinata sott'acqua.
La corsa e le ferite, unite al calore dell'isola, mi avevano sfinita e non mi sforzai neppure di tenere gli occhi aperti: mi abbandonai totalmente alla corrente, consapevole che non sarei mai riuscita a sovrastarla.

Venivo sbattuta in ogni direzione, in cerchio o in moti irregolari. Non distinguevo più nulla. Sentivo la mia testa ripiegarsi all'interno del mio petto, mentre le gambe sembravano volersi staccare. Una fitta lancinante mi attraversò la spalla nel momento in cui un braccio si piegò in modo innaturale.

L'unica ancora di salvezza era la mano di Gideon, stretta attorno al mio polso. Non potevo vederle o sentirle, ma sapevo che delle scariche blu in quel momento lo stavano respingendo. Non mi sarei meravigliata se mi avesse lasciata andare.

Lo aveva già fatto una volta.

Proprio in quell'istante, mentre annegavo nel buio, percepii la presa allentarsi, ma, anziché favorire quella situazione, Gideon irrigidì i muscoli.

Sgranai gli occhi. Non potevo morire. Non ancora. Non prima di aver trovato Rubyo.

Provai a contrastare le spinte delle correnti, cercando invano di allungare il mio corpo nella direzione di Gideon, che stava facendo lo stesso. Ma non riuscivo a raggiugerlo. Le rapide sembravano volerci separare ad ogni costo e le contrazioni vane mi obbligarono a rilasciare dell'ossigeno prezioso. Presto, troppo presto, mi sentii venir meno.

In quell'istante lessi il panico negli occhi di Gideon. Sapeva che in quelle condizioni non ce l'avrei fatta.

Dentro di me risi sprezzante. Che bisogno c'era di fingere ancora interesse nei miei confronti? Ora sua madre, l'unica cosa che davvero contava per lui, era libera. Non doveva più riconsegnarmi a Markus viva, poteva lasciarmi morire ed andarsene per la sua strada.

Ma accadde l'inimmaginabile.

Gideon abbandonò la presa che teneva salda Aerin e si gettò verso di me. Mi raggiunse, stringendomi tra le braccia, nascondendomi il volto nella sua clavicola.

Le acque scure erano costantemente illuminate da lampi elettrici.

Chiusi gli occhi, mettendo a tacere un lievissimo bisbiglio di senso di colpa.

L'istante dopo, sentii Gideon accelerare nuotando verso il cuore del mulinello.

Poi il vuoto.

*

Mi risvegliai tossendo e boccheggiando, sotto lo sguardo vitreo di Gideon, nascosto dietro a candide ciocce gocciolanti. Era sopra di me, in un tentativo di rianimarmi, mentre con una mano mi teneva la testa sollevata dal suolo.

Non appena ripresi totalmente coscienza, lo allontanai da me, notando come la maggior parte delle ferite dell'Isola d'Estate fossero scomparse. Rimanevano solo le bruciature della Fyrae, che il sangue di Gideon non poteva guarire perché causate da un'essere dell'Altro Sole come lui.

Mi sentii violata.

Poi, improvvisamente, mi colpì il ricordo di ciò che era accaduto in acqua.

«Aerin!» Iniziai freneticamente a guardarmi intorno. «Dov'è? Gideon dov'è tua madre?! Perché l'hai fatto?!»

«Sto bene, Erede.» Da dietro le spalle di Gideon comparve l'esile figura di Aerin, perfettamente sana e salva. Stava camminando verso di noi strizzandosi i lunghi capelli argentei. «Da chi credi che questo ragazzo abbia preso le sue doti natatorie?»

Royal Thief IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora