CAPITOLO 93

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Mi aveva tradita e per quello non sarei mai riuscita a perdonarlo, ma in quel momento, quando rividi Gideon davanti ai miei occhi dopo tutto quel tempo, sentii qualcosa rompersi dentro di me.

La pelle, attorno a polsi e caviglie, era livida per le catene che lo costringevano in ginocchio, dove oramai il tessuto dei pantaloni si era consumato per il troppo calore. Le labbra, crepate ed incrostate di sangue secco, erano leggermente socchiuse, mentre gli occhi, totalmente chiusi, erano incavati nel viso scarno, che aveva perso quella peculiare tonalità diafana tipica dei Kelpie. Tutto il resto del corpo era ricoperto di ferite, alcune ancora aperte che, se non per deidratazione, lo avrebbero fatto morire per dissanguamento.

Mi morsi la lingua, in un tentativo di non nominare il nome di Gideon ad alta voce, ma Aerin, evidentemente, non dovette riuscirci.

«Vi conoscete! Che sorpresa.»

A quell'esclamazione mi si accapponò la pelle: l'udito delle Fyrae era così sviluppato da sentire anche la voce dei Kelpie che, di norma, solo l'interlocutore poteva ascoltare.

Il Kelpie, ignorando l'essere dell'Altro Sole, si buttò tra le braccia di suo figlio. Da come si muoveva, immaginai dovesse chiamarlo disperatamente.

Dentro di me, sentii un vecchio richiamo, un istinto, che mi spingeva a gettarmi in soccorso di Gideon. Ma quel lato oramai non mi apparteneva più, da quando ero diventata un Rasseln, da quando ero tornata a palazzo, da quando Gideon mi aveva tradita. Respinsi quel sentimento in un angolo così remoto del mio animo, che nel cuore rimase posto solo per del nero disprezzo. Rimasi impassibile. Perfino a quella visione, io, rimasi impassibile.

Il barlume di bontà che ancora viveva in me nei confronti di Gideon, spingeva a farmi credere che quello non fosse altro che un gesto strategico per non rimetterci la pelle, un tentativo di evitare di destare sospetto a quei sensi così fini.

Ma fu Aerin a cedere, commettendo un errore che ci avrebbe potuto portare alla morte.

Colta dalla disperazione, mi parlò:
«Aiutalo, ti prego! Non respira!»

A quella richiesta così struggente, la Fyrae mi rivolse uno sguardo raggelante. In un istante mi ritrovai a dosso i suoi occhi che, seppur ciechi, mi scrutavano l'anima.
L'espressione del suo volto cambiò in un istante, caricandosi di ferocia.

Eravamo spacciate.

In quell'istante di realizzazione afferrai la daga: ora non aveva più senso nascondersi.

Così come Aerin liberava Gideon dalle catene a colpi di zoccoli, io mi avventavo sulla Fyrae, puntandole contro il pugnale.

Questa riuscì a deviare il colpo, ma non fu in grado di impedirmi di intrappolarla, avvolgendola in una presa soffocante. La tenevo immobilizzata con il mio corpo, stringendola da dietro, con una mano a tapparle la bocca e con l'altra a puntarle l'arma al collo.

Nel mentre, davanti a noi, Aerin ancora si disperava, intenta a risvegliare Gideon. Sentii un senso di disagio al pensiero di che non si riprendesse mai più, ma poi, Aerin, fece un'altra follia.

In un ultimo, estremo, tentativo di risvegliare il figlio, Aerin riprese sembianze umane, esplodendo in una bolla d'acqua che investì Gideon. L'istante dopo, però, la donna cadde sul suolo di quel cratere, svenuta, mentre dai loro corpi si alzava del fumo.

Distratta dalla scena, però, non riuscii a prevedere la mossa della Fyrae che, all'improvviso, infuocò tutto il suo corpo. Con un grido di sofferenza mi staccai dall'essere dell'Altro Sole, facendo ricadere a terra il pugnale rovente.

Riuscii a spegnere il fuoco sui miei vestiti, ma non a fermare l'attacco successivo della Fyrae, dritto alla gola.
Con forza, mi prese il collo, spingendomi a terra, dove il mantello in juta si stava consumando a contatto con il suolo incandescente, mentre la sua mano rilasciò altro calore, annebbiandomi la vista.

Tentai di liberarmi, spingendo con tutta la mia forza contro il suo busto, ma la pelle rovente mi obbligò a ritrarmi quando, un odore di carne bruciata, si sparse nell'aria.

Sentii la Fyrae rafforzare la presa, aggiungendo anche l'altra mano, mentre il calore della terra mi stava consumando il corpo e le braccia ustionate erano fuori gioco.

Continuavo a riaprire e chiudere gli occhi, mentre la focalizzazione diminuiva sempre di più. Oramai anche il cuore non palpitava più inquieto, rilasciando adrenalina. Era calmo, regolare, arreso al suo destino, pronto a fermarsi.

Chiusi gli occhi.

Ma improvvisamente riuscii nuovamente a respirare.

Li spalancai di nuovo, boccheggiando.

I miei occhi incontrarono uno sguardo cristallino e limpido come le acque dei torrenti, tremante e traboccante di emozioni.

Gideon.

Ma non riuscii a proferir parola. La mia bocca era chiusa così come il mio cuore.

«Alzati, dobbiamo andar via di qui.»

Facendo attenzione alle ustioni, Gideon mi tirò a sé, sollevandomi. La repulsione che provai per il suo tocco fu tale da rilasciare una scarica senza neppure il bisogno di fiatare. Gideon non parve stupirsi, si allontanò solo amareggiato e ferito, fisicamente e sentimentalmente.

Come se ne avesse avuto il diritto.

Solo una volta in piedi notai il corpo morto della Fyrae, che giaceva a terra con il collo spezzato.

Gideon corse nuovamente in direzione della madre, prendendola tra le braccia e sollevandola dal suolo. Li raggiunsi al centro del cratere, ma in quel momento Gideon scattò in piedi, spingendomi verso la parete rocciosa. Lo vidi arricciare il naso all'ennesima scarica, ma questa volta non indietreggiò, anzi. Stringendo sempre la madre tra le braccia, mi si avvicinò sempre di più, oscurandomi con il suo corpo.
Il mio cuore boccheggiò, così come le mie labbra che si schiusero colme di astio. Feci per parlare ma, ancor prima che potesse uscirmi alcun suono, Gideon mi baciò.

Sgranai gli occhi.

L'istante dopo, tre Fyrae entrarono nel camino di quel vulcano spento. Per la prima volta fui felice che fossero cieche, così da non vedere le scariche che, come lampi, illuminavano a giorno il cratere.

Sentii Gideon trattenere un gemito di dolore, mentre corrugava le sopracciglia in un vano tentativo di resistere.

Ma in quel momento commisi un errore e lo guardai negli occhi. In quelle iridi di vetro riuscii a percepire tutto il tempo trascorso assieme, tutti i combattimenti, tutti i salvataggi, le litigate, i tradimenti, la lontananza... la mancanza.

Sentii il cuore creparsi nel petto, mentre la scarica diminuiva sempre di più la sua intensità.

Gideon lo notò: la fronte si distese e, i suoi occhi tremanti, si chiusero lentamente.
Quel suo tentativo di zittirmi divenne un vero bacio.
Sentivo la sua voglia di lasciarsi andare all'emozione, di spingere quel bacio con più intensità. Ma si trattenne, fremente e con i nervi a fior di pelle, si trattenne.

«Sono andati via.» Bisbigliò improvvisamente, rompendo il bacio.

La voce gli uscì più roca del solito, spezzata.

Feci per ripulirmi le labbra dal suo tocco ripugnante, ma mi fermò.

«È per curarti.» Solo allora mi accorsi del suo sangue sulle mie labbra. «Non fraintendere, è per aver salvato mia madre.»

Come se avessi potuto fraintendere.

«Ora possiamo andare.» Disse in fine, stringendo di più Aerin tra le braccia.

Annuii e, senza fiatare, lo seguii.

Royal Thief IIWhere stories live. Discover now