CAPITOLO 105

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Rotolai nuovamente al suolo, boccheggiando.

Il paesaggio, precedentemente immacolato, ora era segnato da profondi solchi nella neve, che il mio corpo aveva lasciato ogni qual volta venissi colpita, e mazzolini di fiori sparsi qua e là, dove il mio sangue era caduto.

Avevo già ucciso una decina di burattini ghiacciati: era sufficiente un singolo graffio del pugnale.
Ma ogni volta che uno andava distrutto, quella donna ne creava altri due.

I cervi erano forti, ma lenti e facili da uccidere. Il vero problema erano le aquile, che piombavano su di me con un attacco coordinato e rapido, seppur meno potente.

La donna cacciò l'ennesimo urlo di strazio, graffiando l'aria, quando uccisi un altro di quegli esseri.

Rimasi a gattoni sulla neve, in un tentativo di recuperare energia. Tossivo ripetutamente e respiravo a fatica, mentre nella bocca il sapore ferroso del sangue si mischiava alla saliva.

«Adesso basta con le buone maniere.» Disse raccogliendo uno dei fiori che si trovava in prossimità. «Sei solo una bambina viziata.»

Nelle sue mani quel fiore si trasformò in uno stiletto di ghiaccio, tanto trasparente quanto affilato.

«Hai bisogno di una vera lezione.»

Dopo quelle parole, senza esitazione, la donna conficcò la lama nel petto di Rubyo.

«No!»

Il mio urlo di strazio echeggiò in quel luogo desertico.

Sentii il mio cuore andare in frantumi, assieme alla mia speranza, mentre dalla gola, graffiata per le urla, non passava neanche più il respiro.

Il pugnale mi scivolò dal palmo senza che io potessi far nulla.

Ma poi accadde l'impossibile.

Rubyo, con la pelle cianotica e morsa dal freddo, si sollevò dalle ginocchia della donna e aprì gli occhi: due pozzi di catrame.

Scossi la testa.

No, quello non era il Rubyo che conoscevo. Il mio Rubyo emanava sempre calore e i suoi occhi smeraldo brillavano di luce.

Quella maledetta donna aveva trovato la mia debolezza: aveva reso Rubyo un burattino. Un burattino contro cui non avrei mai combattuto.

Senza darmi neanche il tempo di sollevarmi, Rubyo mi fu addosso con un breve affondo.

Rotolando nella neve, riuscii a schivare i primi colpi rimettendomi in piedi, ma la mia fortuna durò ben poco. Tutte le mosse che conoscevo, le tattiche di combattimento, mi erano state insegnate da lui. Non avrei mai potuto avere la meglio su Rubyo, in particolare partendo già svantaggiata per la fatica accumulata e l'astinenza al Gyft.

Un pugno mi colpì lo zigomo.
Indietreggiai giusto in tempo per schivare il secondo, riuscendo a bloccare Rubyo a terra con uno sgambetto.

«Fermati. Io non voglio farti del male!» Seduta sopra di lui, gli tenevo le mani bloccate dietro la schiena. «Rubyo, ti prego!»

«È inutile bambina.» Intervenne la donna, con una voce di una calma cristallina. «Oramai il corpo contro cui stai combattendo non è che un contenitore vuoto. Arrenditi.»

A quelle parole vidi lo stiletto di ghiaccio materializzarsi tra le mani di Rubyo.

Riuscivo a percepirne l'aria fredda che emanava senza neppure toccarlo.

Con un abile movimento del polso, Rubyo riuscì a tagliarmi l'avambraccio, lasciando che altri fiori rosati crescessero dal terreno.

Sia per il dolore che per la sorpresa allentai la presa, dandogli la possibilità di liberarsi.

Trattenni un gemito di sofferenza quando, facendosi forza sulle braccia per reggere il busto ancora al suolo, Rubyo mi colpì al fianco con un calcio, guadagnando il tempo necessario per invertire i nostri corpi.

La testa mi sprofondò nella neve e, in pochi secondi, mi ritrovai sotto di lui, con entrambe le mani bloccate sopra la mia testa.

Durante gli anni di allenamento questa era stata la mossa che più di tutte Rubyo si era rifiutato di fare. Senza mai darmi una vera e propria giustificazione, aveva sempre chiuso il discorso con 'non hai bisogno di impararla, ti proteggerò io'.

L'ironia della sorte.

Per quanto non volessi ammetterlo, stavo iniziando a perdere le speranze. Forse quello era davvero un corpo vuoto, un contenitore, forse davvero del Rubyo che conoscevo non era rimasto più nulla.

Il volto di Rubyo rimaneva impassibile, con quei suoi occhi pece apatici, mentre conficcava il pugnale a destra e a sinistra della mia testa in un tentativo di colpirmi.

Il mio cuore sprofondò quando sentii il bruciore di un taglio sullo zigomo.

Ma il dolore fisico non era niente in confronto a quello che stavo sentendo dentro.

Era ora di finirla.

Con una potente testata colpii il naso di Rubyo, facendogli allentare la presa sui miei polsi e sbilanciandolo all'indietro abbastanza da spostarlo dal mio corpo con un calcio.

Invertii nuovamente i nostri corpi, questa volta intrappolandolo supino sotto di me.

Come il fedele burattino che era diventato, non demorse, continuando a cercare di pugnalarmi.

Afferrai lo stiletto. Era esattamente al centro del mio volto.

Sentii la lama di ghiaccio tagliarmi il palmo, mentre il braccio tremava sotto la pressione della forza di Rubyo.
Vidi una goccia del mio sangue gocciolargli sullo zigomo, ma il mio sguardo era fisso in quello di Rubyo.

«Ti prego! Svegliati! Non puoi aver dimenticato tutto! Non puoi aver dimenticato me!» Rubyo mi guardava apatico, con le palpebre mezze socchiuse.

Con il cuore in lacrime gli sferrai un pugno con la mano libera.

Era tutto inutile.

Ma non avrei mai ferito Rubyo. C'era solo un modo.

Mi alzai di fretta, con gli occhi lucidi e l'ira che muoveva i miei passi.
Senza più curarmi di Rubyo, gli diedi le spalle, raccogliendo il pugnale che avevo lasciato cadere poco prima.

Ora quella donna era il mio unico obiettivo.

«Va' a farti fottere.»

Mi bastò un tentativo per lanciare il pugnale e centrarla in pieno cuore, ma nello stesso istante un conato mi fece bruciare lo sterno, mentre un rivolo di sangue iniziò a sgorgarmi dal labbro.

Mentre quell'illusione attorno a me scompariva, lasciando nuovamente posto al bosco, io abbassai lo sguardo, notando come la punta dello stiletto di ghiaccio stesse sporgendo dal mio fianco.

Mi girai verso Rubyo appena in tempo per vederlo cadere al suolo, privo di vita.

In quello stesso istante, lo stiletto con il quale Rubyo mi aveva pugnalata si sciolse, trasformandosi in neve, rivelando un foro nel mio corpo.

Con la mano tremante tentai di coprirmi la ferita, ma il sangue era troppo.

Mi accasciai sul ghiaccio, dove una pozza rossa si espandeva a vista d'occhio. Da lontano, sarebbe potuta sembrare un insieme di rose rosse, ma questa volta non si trattava di fiori.

Il mio corpo, disteso sul freddo, era circondato da ciò che mi piacque immaginare come un giardino di rose rosse in continua espansione.

La vista offuscata guardava solo davanti a sè, dove giaceva il corpo di Rubyo.

Allungai il braccio verso di lui, silenziosa, mentre una lacrima mi accarezzava la tempia.

«Visto? Ho mantenuto la promessa: se tu fossi morto, io ti avrei seguita.»

E così come quella lacrima, abbandonatasi alla gravità, cadde sul pavimento ghiacciato, anche il mio braccio cadde, privo di forze, senza che riuscisse a sfiorare Rubyo.

Royal Thief IIWhere stories live. Discover now