CAPITOLO 80

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Gli occhi gonfi e rossi non trovavano pace in quella lurida notte di maggio, infastiditi anche solo dalla debole luce lattea della luna crescente, che era accompagnata dalle stelle, così brillanti e numerose in un cielo ironicamente terso.

Desideravo chiudere le pesanti tende davanti al flebile, ma irritante candore; tappandolo, soffocandolo. Ma non ne trovai la forza.
Il mio corpo tremava, singhiozzante, protetto dalla lunga stoffa del vestito che ora mi nascondeva i piedi scalzi.
Le ultime lacrime mi solleticavano il naso, ricadendo lente e inumidendo il raso untuoso delle coperte.

Un rumore di nocche contro uno spesso, ma oramai cavo, strato di legno echeggiò nel silenzio.

Il mio singhiozzo si bloccò bruscamente a metà.

La fioca fiamma delle candele del corridoio si slanciò, stretta e lunga, nel buio della camera, accompagnando dei passi.

«Lyranna, dormi?»

A quella voce mi irrigidì sul posto, stringendo la presa sul mio avambraccio a tal punto da infilzarmi le unghie nella carne.
Strizzai con forza gli occhi. La paura soffocava il dolore.

«Mi è piaciuto tanto oggi...» Bisbigliò Markus apatico, avvicinandosi. «...solo noi due, come ai vecchi tempi. Mi sei mancata così tanto.»

Soffocai un gemito.

Prima il fruscio delle coperte, poi l'inclinarsi del materasso, mi fecero raggelare il sangue nelle vene.

«Sei cambiata così tanto...» Una mano viscida mi pettinò i capelli stesi sul cuscino. «Eppure rimani sempre la mia sorellona.»

Il cuore sembrava volesse uscirmi dal petto nel momento in cui sentii il corpo di Markus avvicinarsi alla mia schiena mentre, con il suo braccio, mi avvolgeva il bacino.

«Dopo tutti questi anni, hai ancora lo stesso profumo.» Sentii il suo respiro graffiarmi il collo.

Il materasso si inclinò nuovamente.

«Finalmente siamo di nuovo insieme.»

A quelle parole, Markus si sporse oltre le mie spalle, baciandomi la guancia come farebbe un genitore nei confronti di un figlio.

Poi il suo peso scomparve.

Rimasi cristallizzata lunghi secondi, cercando di calmare il battito assordante del mio cuore, ignorando il solletichio delle lacrime e il bruciore del labbro spezzato.

Quando riaprii gli occhi desiderai morire. Con uno spasmo incurvai la schiena, indietreggiando, soffocando nella gola un grido di terrore.

Il mio cuore affondò così in fretta e in profondità da farmi mancare il respiro: Markus, inginocchiato al margine del letto, teneva il suo volto a pochi centimetri dal mio. Era quasi del tutto oscurato dalla luna, in controluce, tranne che per le labbra, sollevate in un sorriso disumano che gli mostrava i denti, bianchi, in contrasto con le sue sclere pece.

«Sapevo fossi sveglia.»

Iniziai a boccheggiare.

«Non sei mai stata brava a fingere. Per me sei come un libro aperto.»

Deglutii, la gola improvvisamente secca, non più pienamente cosciente di ciò che mi circondava.

«Sai che odio chi mi mente.»

Non risposi, e l'apatico sorriso di Markus svanì in un modo inverosimile.

«Vieni con me.»

Con ciò mi prese per il polso, tirandomi giù dal letto e trascinandomi fuori dalla camera.

Royal Thief IIWhere stories live. Discover now