CAPITOLO 100

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Quando arrivammo alla Fonte, ero sul punto di svenire.

Le forze mi erano venute a mancare sempre di più durante il percorso, ma ogni volta, puntualmente, mi ero alzata da sola, facendo leva sulle mie sole forze e rifiutando costantemente l'aiuto di Gideon.

Avevo deciso che non avrei mai più contato sull'aiuto altrui. Non volevo più essere ferita o ferire gli altri.

Gideon, d'altro canto, aveva passato la maggior parte del tempo alle mie spalle, dandomi indicazioni sul sentiero, senza avvicinarmisi se non per tentare, invano, di aiutarmi quando cadevo.

La vecchia me, che ancora non sapeva del tradimento, probabilmente avrebbe creduto che mi stesse tenendo d'occhio. Ora però, riuscivo solo a pensare che non avesse più il coraggio di guardarmi in faccia, sapendo che io fossi consapevole delle sue bugie.

«Devi fidarti di me un'ultima volta.» Disse Gideon avvicinandosi lentamente al tronco di ghiaccio al quale mi ero accasciata, oramai insensibile al freddo.

Non lo guardai neppure in faccia.
Mi limitai a fissare il lago davanti ai miei occhi. Non riuscivo a capacitarmi di come la superficie non fosse congelata come tutto il resto dell'isola. Per essere "la Fonte" non era tanto grande quanto mi aspettassi, ma dalle sfumature scure della superficie sembrava molto profonda.

«Ti prego.»

Mi sollevai a fatica. Oramai zoppicavo.

«Ne ho abbastanza di questa storia. Dimmi solo cosa devo fare.»

Quella fu la prima volta che lo guardai negli occhi dalla fine della discussione e non seppi dire cosa fu più freddo, se il clima o il mio sguardo.

In confronto a tutto quel ghiaccio, Gideon non sembrava poi così pallido.

«Nel lago c'è un'insenatura. Devi attraversarla e raggiungere l'altra parte.»

«Poi?»

«Poi quando saremo di là ti spiegherò il resto.»

«Saremo?» Sollevai un sopracciglio. Pensavo di essere stata abbastanza chiara sul fatto di non volere il suo aiuto.

Gideon sospirò. «Non ti aiuterò. Ti seguirò e basta. Questo non puoi impedirmelo.»

Di logica potevo, il contratto della catena me lo permetteva. Ma non lo feci.

Avanzai un passo pieno di dubbi verso la superficie.

«Lyra...»

Questa volta Gideon riuscì ad afferrarmi il polso per qualche secondo prima che la scarica lo respinse.

«... so che sei un'ottima nuotatrice, ma questo è il Regno dell'Altro Sole. Non sai cosa ti aspetta lì sotto, per non parlare del tuo braccio. Non sei nelle condizioni.»

Coperta dai pantaloni, Gideon non doveva essersi accorto che anche la mia gamba fosse praticamente fuori uso.
Ogni cosa, dal luogo, alle mie condizioni fisiche, alla mia coscienza, diceva che Gideon aveva ragione, che dovevo farmi aiutare, che da sola non ce l'avrei mai fatta.

Eppure non gli diedi ascolto.
Forse troppo orgogliosa.
Forse troppo ferita.
O semplicemente, forse troppo stupida.

Nonostante la mano sana mi facesse ancora male dallo spiacevole incontro con le alghe carnivore, la usai per rimuovere gli stivali in cuoio che sarebbero stati un notevole peso in più in quella gara all'ultimo respiro.
Sciolsi anche il mantello, che cadde a terra pesante, e la giacca in pelle e camoscio.

Il freddo mi penetrò le ossa, insinuandosi al di sotto della sottile maglia in cotone, stirata dal vento sul mio sterno.

Gideon guardò la scena senza fiatare.

Immersi per prima la gamba insensibile e, nonostante ciò, il freddo che provai fu tagliente.

Una nube di condensa mi appannò la vista al mio gemito di sofferenza.

Gideon approfitto di quel mio momento di esitazione per gettarsi prima di me, precedendomi.

Mi portai la mano alla bocca in un tentativo di sopprimere il battere dei denti man mano che proseguivo.
Il livello dell'acqua mi aveva già raggiunto la vita.

Un altro breve passo e finii con la testa sotto la superficie.
Avvenne tutto così improvvisamente che non riuscii né a prendere una boccata d'aria, né non inghiottire dell'acqua.

Riemersi subito, seppur solo con la testa. Sputacchiai dell'acqua, ricacciata fuori dai polmoni che ora bruciavano, sotto lo sguardo silenzioso di Gideon.

Non mi aspettavo un tale dislivello.

Questa volta, prima di immergermi, presi un'abbondante boccata d'aria.
Lasciai scivolare la testa nell'acqua e aprii gli occhi.

Mi bloccai sul posto.
Non riuscivo a muovere un muscolo.

Davanti a me, o meglio, sotto di me, c'erano centinaia e centinaia di metri di acqua e buio. Era come un buco nella terra. Non avevo mai visto niente di così profondo, neanche durante la traversata da Kayl ad Erling.

Ero terrorizzata.

Riemersi boccheggiante, i capelli appiattiti contro il mio volto, indietreggiando sul dislivello in cui riuscivo a toccare.

Poco dopo di me emerse anche Gideon. Era nella sua forma di Kelpie.

Mi ero buttata da strapiombi e falesie e nuotato in torrenti in piena, ma l'idea di essere stata sospesa a galleggiare sopra quel buco nero di cui non vedevo la fine mi faceva battere il cuore come mai prima d'ora.

«Stai piangendo.»

Sgranai gli occhi, inumidendomi ancora di più gli zigomi con la mano bagnata, nel tentativo di asciugarmi le lacrime con un rapido gesto tremante.

Neanche io stessa mi ero accorta che stessi piangendo, come aveva potuto notarlo Gideon, nonostante la mia pelle bagnata e le gocce d'acqua che mi cadevano dalle ciglia?

Il vento ora, dopo essere emersa da quelle acque gelide, sembrava tiepido.
Chiusi gli occhi, abbandonandomi un attimo a quell'illusione di calore.

Rubyo.

Riaprii gli occhi. Gideon mi fissava ancora in silenzio.

«Ora sono pronta. Andiamo.»

Inalai un'altra ingorda boccata d'ossigeno, consapevole che non sarebbe stata sufficiente in caso avessi cambiato idea a metà del percorso, e mi immersi.

Presi a nuotare verso il centro della fossa. Nonostante due arti fuori-uso, riuscivo a muovermi abbastanza rapidamente. Quegli anni di fuga nelle rapide dei torrenti in piena erano serviti a qualcosa.

Tuttavia, man mano che scendevo, iniziavo a vederci sempre di meno per il buio.

Improvvisamente, come la luce tenue di una lucciola, il manto di Gideon prese a risplendere come la prima volta che lo avevo visto: stava brucando l'erba, di notte, indisturbato sotto la pioggia, con la pesante catena ancora legata al collo.

Si era trovato al posto giusto, nel momento giusto. Come avevo fatto a non capirlo subito?

Un aumento di pressione allo stomaco mi fece capire di essere quasi a corto di ossigeno.

Con la coda dell'occhio gettai una rapida occhiata alla superficie che avevo lasciato alle mie spalle. Come temevo, non avrei avuto abbastanza ossigeno per tornare indietro.

Potevo solo proseguire.
Ma non ancora per molto.

La mia determinazione fu rafforzata dalla comparsa in un ulteriore fonte di luce che, seppur fin troppo lieve per illuminare un tale vuoto, era il segno che stavo cercando: il varco.

Accelerai l'andatura per quanto mi fosse possibile, preceduta da Gideon.

Oramai ero così convinta di avercela fatta... ma una voce lo immobilizzò all'istante.

Solo la sua criniera si muoveva nell'acqua scura.

«Gideon!»

Una voce femminile a me sconosciuta ruppe il silenzio di quelle acque.

Royal Thief IIWhere stories live. Discover now