CAPITOLO 112

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Da quando eravamo scesi dalla nave, non ero riuscita a sollevare lo sguardo da terra.
La cosa più lontana che riuscivo a distinguere, e che mi permetteva di capire in che direzione andare, erano i piedi di Dollarus.

Si, le Sirene erano state preoccupanti, così come quell'intera situazione nella quale ci eravamo ritrovati, e dovevo ringraziare la metà non umana di Dollarus che gli aveva consentito di restare in sé durante l'attacco... ma non erano quelle le immagini che occupavano la mia mente in quel momento, privandomi del tutto della mia concentrazione.

«Scus-» Dissi senza neanche rifletterci nel momento in cui sbattei contro qualcuno, ma il resto della frase mi si bloccò in gola quando, alzando gli occhi, vidi a chi appartenesse la schiena che avevo colpito.

Rubyo.

«Tranquilla.» Provò a dire, schiarendosi la voce, mentre il suo sguardo indugiava da qualche parte in lontananza.

«Cos'é questa tensione nell'aria?» Intervenne Dollarus. «Non ditemi che ora state facendo i timidi...»

Ci fissò senza parlare per qualche istante, poi continuò basito: «Inizialmente è stato un incidente, ma visto come poi ci avete preso gusto... Principessa, direi che ora avete trovato le rispost-»

«Hai ragione.» Rubyo riprese a camminare, la voce era piatta. «È stato un incidente e io non ero in me, quindi perché dovremmo darci importanza? Tu sei l'unico che lo sta facendo qui.»

Lo sguardo eterocromo di Dollarus, prima luminoso e scherzoso, si rabbuiò all'istante. Era palese che non avesse apprezzasse il modo in cui Rubyo gli si fosse rivolto.
E, sinceramente, neanche io, che non riuscii a trattenermi.

«Non eri in te... vero, ma fino a che punto?»

Non riuscii a nascondere una punta di astio nel mio tono. Cosa stava cercando di fare? Negare tutto quello che era accaduto?

«Li ho visti, sai? I tuoi occhi, tornare alla normalità.» Per non parlare di come ti rifiutassi di lasciare la presa.

Ma quelle ultime erano parole che non avrebbero mai trovato voce.
Erano parole, che non ebbi bisogno di pronunciare per ottenere una reazione da Rubyo che, evidentemente preso alla sprovvista, si girò di scatto.

«Cosa staresti insinuando, Principessa?»

Il tono cercava di mascherare una rabbia che lo sguardo e i denti stretti stavano rivelando.

«Dato che hai perso la memoria, lascia che ti ripeta come stanno le cose: tu sei la Principessa e io solo una guardia a tuo servizio. So bene qual è il mio posto e quale linea non oltrepassare.»

Rimasi a fissarlo per qualche attimo. Non riuscivo a credere alle mie orecchie. Stava davvero rigirando la situazione in quel modo?

«Mi pare di averti già risposta sulla nave, ma lo ripeterò per essere certo che tu capisca una volta per tutte: no, io non ti amo.»
Vidi il suo sguardo tremare quando aggiunse: «Non l'ho mai fatto e mai lo farò.»
Il pugno era stretto lungo il fianco. «Per me sei solo un dovere, una Principessa che devo proteggere in quanto guardia imperiale. Non farti illusioni.»

Rimasi senza parole, mentre qualcosa, dentro di me, si ruppe.

Mi sentii una stupida per aver preteso di conoscere e capire i sentimenti di una persona che ora, per me, era un estraneo.
Cosa stavo cercando di ottenere?

Risi.
Fu la risata più falsa della mia vita.

«Hai ragione, ahah.» Sentii l'improvviso bisogno di grattarmi una nuca che non prudeva affatto. «Che sciocca sono stata. È colpa mia.» Sul volto avevo stampato un sorriso artefatto.

Lo sguardo della guardia si rabbuiò improvvisamente e fece per chiamare il mio nome, ma l'unica cosa che riuscii a fare fu ignorarlo ed incamminarmi mentre, con una mossa furtiva, mi asciugavo una lacrime dal volto.

Una famiglia, aveva detto Dollarus. Come potevo considerarlo tale?

No, era impossibile per me essermi affezionata ad una persona che mi considerasse solo come un dovere... o forse erano stati gli anni di solitudine a farmi affezionare imprescindibilmente a lui.

Eppure, se le cose fossero state davvero così, la sua reazione alla scoperta della perdita della mia memoria sarebbe stata esagerata.

«Principessa fate attenzione.» Dollarus mi afferrò il gomito, tirandomi indietro.

Colta alla sprovvista e chiusa tra i miei pensieri persi l'equilibrio e, se non fosse stato per l'intervento repentino della guardia sarei caduta.

«Svegliati.» Il tono era severo, ma nei suoi occhi non c'era traccia di quella durezza.

«Se pestate, quelle erbacce rilasciano spore soporifere.» Intervenne poi Dollarus. «Meglio prendere un altro percorso.»

Mi limitai ad annuire e a lasciargli fare strada.

«L'Isola di Primavera è un po' diversa dalle altre Isole dell'arcipelago.» Disse Dollarus mentre schivava un ramo, tanto basso da ostruire anche il suo passaggio. «È completamente disabitata. Non troverete nè esseri dell'Altro Sole, nè animali, di alcun genere."

Per un momento mi sentii sollevata, niente esseri dell'Altro Sole significava scampato pericolo, ma sentendo le seguenti parole di Dollarus capii di essermi rallegrata troppo presto.

«È invivibile perfino per loro.»

A quelle parole vidi la mia guardia passare da dietro di me al fianco di Dollarus con un lungo affondo, per poi afferrare l'omino per la spalla.

«Capisci il pericolo nel quale stai mettendo Lyra?! Nel quale stai mettendo la Principessa

Dollarus si scrollò di dosso la mano del ragazzo, attaccandosi poi alla fiaschetta prima di proseguire.

«Non mi sembra aver obbligato nessuno. Sei stato tu stesso ad accettare di farla venire con noi, di farla venire con te.»

«Non sapevo in cosa stessimo andando in contro!»

«A maggior ragione saresti dovuto essere più prudente. È sempre la Principessa, anche senza i vostri ricordi.»

Con quella frase, Dollarus dovette centrare in pieno Rubyo, che rimase immobile e in silenzio, con lo sguardo rivolto verso il basso dove l'ometto si trovava.

Era come vedere un bambino avere la meglio contro un genitore.

«Capisco il tuo dovere...» Aggiunse un'ultima volta Dollarus prima di voltarsi e riprendere la camminata. «...ma la Principessa non è debole come pensi, non sottovalutarla.»

La guardia aggrottò le sopracciglia, ma Dollarus era già rivolto verso la strada per accorgersene.

«Non è quello- Non la sto sott-» Un urlo secco gli bloccò la frase a metà. «Lascia perdere. Sarebbe inutile.» Disse come fra sé e sé.

Finito il suo sfogo, il ragazzo si voltò verso di me e, afferrandomi un attimo per il braccio, mi fece segno di incamminarmi, per poi rimettersi in coda.

«Prima troviamo quel maledetto fiore e prima ce ne andiamo da qui.»

E nessuno fiatò più.

Royal Thief IIWhere stories live. Discover now