CAPITOLO 84

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Dopo altri tre giorni ero già in piedi, pronta ad essere ricevuta da Markus. Ma prima ancora avevo un'altra cosa di cui occuparmi, che per la Mutazione non avevo potuto fare prima.

La notte, a passi rapidi e silenziosi, guidata solo dalla luce dei miei ricordi, ripercorsi i corridoi tortuosi che portavano alle prigioni, fino a raggiungere una cella in particolare.

Uno sputo mi bagnò le scarpe.
Lo ignorai.

«Non biasimarmi, se salto i convenevoli.» Dissi, avvicinandomi alla prigione e afferrando le sbarre in ferro.

«Tu sei la madre di Gideon, non è vero?» Domandai allora, decisa, ma con la voce flebile. «Cosa è successo? Stando qui in prigione saprai sicuramente più cose di me.»

La donna continuò a guardarmi sempre più fredda e diffidente, con quel suo sguardo pungente, cristallino tanto quanto quello del figlio.
Sedeva con la schiena ricurva per la spessa catena che le pesava sul collo, mentre solo un cencio sporco le copriva il corpo denutrito.

«Non fingere di non saperlo, quando sei tu la causa della sua morte!»

Confusa scossi la testa, accigliandomi.

«No. Hai ragione. È stata colpa mia, mia soltanto.»

La donna iniziò a delirare, chiudendosi su sé stessa e stringendosi i pugni nei capelli.

«Mio figlio... ha sempre fatto tutto per me, arrivando addirittura a barattare di propria iniziativa la sua prigionia per la mia libertà... che sciocco è stato a credere che il Monarca mi avrebbe lasciato andare... ahah, il mio bambino, così ingenuo.» Parlava guardando un punto indefinito ai suoi piedi, come se l'interlocutore non fosse altro che sé stessa.

«Io- io non capisco...» In realtà, speravo solo di starmi sbagliando.

La donna alzò lo sguardo truce, gettandosi fulmineamente verso le sbarre.

«Il mio bambino si è offerto al Monarca come mercenario in cambio della mia libertà.» Il Kelpie parlava con gli occhi sbarrati, fissi nei miei, ed il viso schiacciato tra due sbarre.

«Io ero il suo obiettivo vero? Doveva riportarmi a palazzo così che tu potessi essere rilasciata.»

Chiuse gli occhi, sorridendo, come se si stesse immaginando il momento, assaporandone la libertà.

Ma poi, di scatto, li riaprì.

«Ma qualcosa è andato storto. Tu, tu mi hai tolto mio figlio, il mio bambino. Si è innamorato di te, non è vero? Per questo non voleva più completare la sua missione. Gideon ha preferito te a me

Riuscii a percepire la collera divampare dal suo sguardo.

«Se fosse davvero così ora non mi troverei qui.» Non riuscii a nascondere la punta di disprezzo nella mia voce.

Per quanto mi ci fossi affezionata, non riuscivo a tollerare la sua ipocrisia, il suo tradimento.

«Se non fosse così, lui ora sarebbe ancora vivo.»

Deglutii.

«Cosa gli è successo?»

«È stato il Monarca. Lo ha torturato per giorni interi, senza lasciarlo riposare un solo istante. Sentivo i colpi da qua.»

Le ginocchia cedettero e caddi per terra, portandomi inconsciamente una mano sulla bocca.

«Non si è mai opposto. Non ha mai pianto, urlato o chiesto di fermarsi. Quella era la sua punizione per averti ferita.»

A quelle parole qualcosa dentro di me si ruppe. Non gli avrei mai perdonato il tradimento, ma non gli avrei mai neanche augurato la morte.
Sentii il pizzicore delle lacrime farsi strada verso i miei occhi, ma lo ignorai.

«Non gli era bastata la tua pugnalata.»

Mi fissai le mani tremanti, ricordandomi di come si fossero bagnate di sangue, del sangue di Gideon.

«Ma a quanto pare per te uno non era sufficiente.»

La guardai, confusa e con la visuale ancora sfocata per il pianto.

«Hai dovuto legare a te anche quella guardia, condannandola.»

Mi sentii sprofondare.

«H-hai visto Rubyo?!»

Una luce strana le illuminò lo sguardo.

«Quindi è questo il suo nome? Quella guardia, quel tuo fedele cagnolino, ha confidato in te fino alla fine.»

Scossi la testa, strusciando i talloni al pavimento in pietra delle prigioni.
Questa volta non riuscii a trattenere le lacrime.

«Era così convinto che tu saresti andata a salvarlo, che avresti trovato un modo per liberarlo. Aveva più paura per te, libera nel palazzo, che per sè stesso, chiuso in una cella in balia dei malumori del Monarca.»

I singhiozzi si fecero asfissianti.

«Proprio degno di un cane da guardia

«Smettila!» Svuotai improvvisamente i polmoni. «Non paragonarlo ad un cane!»

«Hai ragione. Lui è solo un'altra vittima, come mio figlio. La cagna sei tu.»

In quel momento gli occhi del Kelpie si illuminarono di una rabbiosa luce dorata. Vidi i suoi muscoli gonfiarsi e le narici dilatarsi: era sul punto di trasformarsi.

Pochi attimi dopo, in un grido di frustrazione, tutta quella furia animale scomparve, lasciando il posto a delle scosse bluastre.

In quel momento mi fu chiaro.

«È la catena, non è vero? Ti costringe in una forma, umana o di Kelpie, finché non viene rimossa.»

Il Kelpie, corrugato dalla diffidenza, annuì.

«Io- io credo di poterlo fare.»

Era quello che era successo al primo incontro tra me e Gideon, il motivo per cui da Kelpie, aveva improvvisamente assunto sembianze umane.

«Solo chi l'ha messa può toglierla.»

Scossi la testa, perplessa. «Non c'è un'eccezione o un caso particolare...?» Chiesi.

Il Kelpie rimase totalmente apatico, fissandomi negli occhi come se nulla potesse più scuoterlo.

«Si. Solo l'erede al trono.»

Mi allungai con uno scatto verso la catena della donna, ma questa si allontanò.

«Io posso liberarti!»

«Preferisco tenermi questa catena che essere assoggettata a qualcuno. Non ho intenzione di sottostare ai tuoi ordini solo perché l'Erede in persona mi ha liberata.»

Rilasciai un sospiro secco.

Ecco allora, come Gideon aveva scoperto la mia vera identità.
Ecco allora, come sarebbe stato sicuro della preda da braccare: chiunque lo avesse liberato, sarebbe stato senza ombra di dubbio l'Erede, il suo obiettivo.

Royal Thief IIWhere stories live. Discover now