Capitolo 2

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Stephanie




Primo giorno di scuola, quattro parole da poter racchiudere in una sola definizione: incubo.
La Roosevelt High School è il raggruppamento di tutto ciò che più odio al mondo. All'esterno inganna, con quell'ingresso imponente, sembra il classico istituto severo dove l'istruzione è alla base di tutto. In realtà è una scuola privata ricca di figli di papà e ragazze che credono di essere la copia sputata di Angelina Jolie.
Arriccio il naso mentre cammino tra i corridoi, affiancata da mio fratello che ha già attirato l'attenzione di tutti, con quella camminata sicura e quella faccia da schiaffi.
Quando ci fermiamo ai nostri armadietti, che fortunatamente sono vicini, noto perfino qualche ragazza ammiccare dei sorrisi maliziosi nella sua direzione. A lui non dispiace e non fa assolutamente nulla per nasconderlo.
«Assurdo» sbuffo.
Jordan aggancia le mie spalle sotto il suo braccio protettivo e allenato. «Che vuoi farci? Hai un fratello attraente.»
Gli sgancio una gomitata allo stomaco che lo costringe ad indietreggiare di qualche passo. «Anche poco egocentrico, in effetti.»
Non gli farei mai un complimento, ma ha ragione, so che è così. Mio fratello è davvero un bel ragazzo, con quei capelli biondi che gli ricadono in morbide onde sulla fronte e un paio di occhi blu come zaffiri, non passa mai inosservato. Il fisico da atleta, poi, completa il perfetto quadro estetico.
Peccato per il carattere da sbruffone, perché se facesse uscire fuori il suo lato dolce e comprensivo, sarebbe il perfetto principe azzurro che qualsiasi ragazza sogna.
La campanella suona e siamo costretti a separarci, perciò corro alla ricerca della mia classe di letteratura inglese.
Quando la raggiungo, mi rendo conto di essere arrivata in ritardo rispetto a tutti gli altri, così mi accomodo al primo banco libero che trovo, tenendo gli occhi incollati al pavimento.
Peccato che il mio tentativo di passare inosservata non sia andato a finire bene, perché la professoressa Campbell mi chiede di alzarmi e presentarmi.
Scena muta? Sì. Mi limito a pronunciare il mio nome velocemente e risedermi, con le guance in fiamme.
Una mano finisce improvvisamente sul mio avambraccio e, quando sollevo lo sguardo, il volto di una ragazza occupa il mio intero campo visivo. I suoi grandi occhioni nocciola troppo truccati mi scrutano curiosi, il suo sorriso perfetto ma inquietante si allarga. Un caschetto corvino le conferisce un'aria altezzosa ma, quando apre bocca, mi rendo conto che devo smetterla di sputare pregiudizi.
«Ciao, ti sei trasferita da poco?»
Annuisco distrattamente. «Tre giorni fa.»
«Da dove vieni?»
«Boston.»
Le sue perfette labbra piene si spalancano. «Wow, è parecchio lontano.»
Annuisco un'altra volta e spero di porre fine alla conversazione, prima che la professoressa si arrabbi e mi spedisca dalla preside il primo giorno.
«Io sono Adeline, comunque» bisbiglia, dato che la lezione è cominciata.
«Stephanie.»

Trascorse le due ore, mi alzo con l'idea di uscire di corsa dall'aula. La voce della ragazza mora, però, inchioda i miei piedi al suolo.
«Vuoi fare un giro?»
Sbatto le palpebre un paio di volte, prima di assicurarmi che si stia riferendo proprio a me. Sto per rifiutare, perché sinceramente non è una mia priorità fare amicizia, ma non mi concede il tempo necessario.
Adeline mi afferra per un braccio e mi trascina tra i corridoi gremiti di studenti. Avvicina la sua bocca al mio orecchio, prima di cominciare a parlare e indicare con l'indice la selezione in gruppi, senza la minima vergogna.
«Vedi quelli laggiù? Stagli lontana, sono i religiosi e farebbero di tutto per trascinarti in chiesa con loro.»
Svoltiamo l'angolo. «Loro sono le cheerleader, troppo trucco e poco cervello, non perderci tempo, non sono capaci di avviare una conversazione sensata.»
Sfociamo in un altro corridoio, questa volta più spazioso. «Lì ci sono i musicisti, lì quelli fissati con l'arte e la pittura...»
Raggiungiamo il cortile sul retro, caratterizzato da spazi verdi, panche e tavoli di legno, alcuni nascosti all'ombra, altri esposti al sole.
«Ecco, a destra ci sono i giocatori di football. Mentre lì, in fondo, invece... è la parte oscura della Roosevelt. Non avere mai a che fare con loro.»
Aggrotto le fronte, piuttosto confusa. «Perché?»
«Okay, partiamo da quelle tre. Le due bionde sono Marisa e Tiffany, sono gemelle, ma non è di loro che devi preoccuparti. Vanessa, invece, è una serpe. Non farti notare e non ti darà fastidio.»
Mi sfugge una risatina sarcastica, perché tutto questo mi sembra davvero assurdo. «Sono finita dentro High School Musical? Ci manca soltanto che tu ti metta a cantare.»
Adeline mi lancia un'occhiata seria. «Dico sul serio, Stephanie.»
Infilo le mani nelle tasche dei miei jeans e decido di assecondarla. «Okay, allora, che mi dici dei ragazzi che sono con loro?»
«Il biondo è Danny Flores, è stato sospeso l'anno scorso per aver spaccato il naso al professore di nuoto. Il rosso è Kevin Moore, dicono che sia un po' fuori di testa a causa della droga che assume continuamente e ha un'ossessione per le ragazze, perciò spera di non entrare mai nel suo mirino.»
Ascolto attentamente ogni singola parola e ne rimango esterrefatta. Ma una domanda si insinua nella mia testa e arriva alla mia bocca prima che possa fermarla. «Li conosci bene mi sembra, giusto?»
Lei scrolla le spalle e mi trascina verso un tavolo, tirandomi per il polso. «Ma certo, ci conosciamo tutti dall'asilo, qui.»
E non mi concede il tempo di replicare, perché mi indica tre persone che adesso si trovano esattamente di fronte a me.
«Noah Cook, Gabriel Evans e Keira Brown» annuncia i nomi lentamente e io cerco di memorizzarli, soltanto perché si mostrano gentili e mi sorridono.
Il primo indossa un paio di occhiali da vista rotondi, che gli conferiscono un'aria da Harry Potter dei nostri tempi, ma molto più alto e carino. Il secondo sembra un modello uscito da una rivista, gran parte dei capelli sono legati in un codino disordinato, mentre l'altra parte ricade sulle spalle in onde castane e morbide. La ragazza, invece, è talmente bella da far male alla vista, con tutte le curve al posto giusto e dei capelli di un color melanzana sbarazzino.
Sembrano tutti maledettamente perfetti qui e mi chiedo cosa ci faccia io, in mezzo a loro, che non sono neanche lontanamente carina.
«Le stavo spiegando da chi sarebbe meglio nascondersi» spiega Adeline, accomodandosi.
Io la imito ma, ancora una volta, non riesco a replicare. La gola mi si chiude quando noto le espressioni di puro shock che mi circondano.
Mi volto e lo sguardo finisce su mio fratello, che cammina a testa alta e si dirige verso il tavolo proibito, in compagnia di un altro ragazzo.
«E adesso questo chi diavolo è?» chiede Gabriel.
«Non lo so, ma è molto carino» suggerisce Keira.
Una smorfia piega le mie labbra. «È mio fratello, si chiama Jordan.»
I loro occhi si sbarrano su di me, mentre Adeline esplode in una risata.
«Oh, scusami! Commento fuori luogo» esclama Keira, portando le mani davanti la sua bocca.
«E dimmi, Stephanie, che ci fa tuo fratello con Carter Baysen?» domanda Noah, assottigliando gli occhi.
«Ma io non so nemmeno chi sia questo Baysen...»
Adeline punta lo sguardo su di lui. O, forse, dovrei dire su tutto il suo splendore. I suoi ricci nocciola sono corti e fissati con strati di gel, i suoi pettorali si intravedono da sotto la maglietta aderente che indossa e i suoi occhi brillano anche a distanza, due smeraldi profondi.
Tutti sembrano roteare intorno a noi, si muovono in funziona di lui. Tranne Jordan.
«È il diavolo tentatore, non c'è una sola ragazza che non sia andata a letto con lui e... finisce sempre allo stesso modo: lui le scarica l'attimo successivo, ma comunque continuano ad amarlo e venerarlo. Farebbero qualsiasi cosa lui chiedesse, manco fosse un Dio» spiega Keira.
«Non è solo questo il punto. Carter non percepisce il pericolo, non ha limiti, fa qualsiasi cosa gli passa per la testa. Vuole rubare? Organizza una rapina. Vuole spacciare? Lo fa» precisa Adeline, scuotendo la testa, mentre i suoi occhi si perdono all'interno di qualche ricordo.
Deglutisco rumorosamente, mentre tento di digerire tutte queste informazioni fin troppo forti per i miei gusti.
«Un maschio Alfa bastava, adesso ne dobbiamo sopportare due? Che grande ultimo anno!» esclama Gabriel, riferendosi a mio fratello.
Rimango in silenzio, mentre la mia più grande preoccupazione torna ad essere reale. Perché Jordan ha già frequentato brutte compagnie in passato. Speravo che questa fosse la volta buona per ricominciare e voltare pagina.
Non ho intenzione di rimanere ferma, mentre lo guardo ritornare al punto di partenza.

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