Capitolo 16

3.7K 82 6
                                    

Stephanie






Carter viene trascinato lontano dal cortile, senza opporre particolare resistenza. Mentre il suo avversario, Noah, pare non darsi pace. Lo leggo all'interno suoi occhi che vorrebbe ammazzarlo. Continua a camminare avanti e indietro, furioso, mentre borbotta parolacce di ogni genere.
Non posso fare a meno di chiedermi se le parole di Carter corrispondano a verità. Possibile che abbia una cotta per Adeline e che non me ne sia accorta? In quel caso, avrebbero senso tante cose.
Con ancora il vassoio pieno di cibo tra le mani, che non ho alcuna intenzione di ingerire, raggiungo Keira in un angolino in disparte, dato che non sembra ben accetta al solito tavolo da lei occupato.
Lei mi sorride sconsolata. «Non devi farlo per forza.»
«Cosa?» chiedo, mostrando chiaramente la confusione sul mio volto.
«Stare con me, io sto bene, non sentirti costretta» ricalca.
«Se sono qui è perché voglio esserci, Kei. Non mi piace il modo in cui ti stanno trattando tutti» preciso.
Ed è la verità. Posso comprendere la rabbia di Adeline, ma non il suo atteggiamento tanto crudele. Senza parlare dei ragazzi, che la evitano manco avesse la peste.
«Me lo merito» fa spallucce.
Scuoto la testa, dopo aver bevuto un sorso di succo di frutta alla mela. «Non così, questa è cattiveria.»
E questa mia ultima affermazione viene udita proprio da Adeline, che si è avvicinata alle nostre spalle, senza che me ne accorgessi in tempo per cucirmi la bocca.
«Ah, sono cattiva, Steph?» mi domanda, utilizzando un tono affilato e pungente.
La guardo, perché ormai il danno è fatto. Non voglio ritrovarmi in mezzo alle loro liti, ma non posso nemmeno rimangiarmi ciò che ho detto.
«Mi sembra solo un po' troppo, Adeline. Ignorala e basta, piuttosto» ribatto.
La mora scoppia a ridere. «Un po' troppo? Ho appena cominciato. E dato che ci siamo, paladina della giustizia, sei fuori dal gruppo anche tu.»
Alzo gli occhi al cielo per la frase infantile che ho appena sentito. «Oh, d'accordo, me ne farò una ragione.»
Lei ci guarda entrambe con disprezzo, poi sparisce dalla nostra vista, con Gabriel e Noah alle calcagna, che la inseguono come perfetti cani da guardia.
Keira si afferra la testa tra le mani. «Mi dispiace, non volevo metterti in mezzo...»
Poggio la mia mano sulla sua. «Non hai nessuna colpa, Kei. Smettila di sentirti così.»

Alla fine delle lezioni scolastiche, prima di tornare a casa, oltre il cancello, mi scontro proprio con Gabriel. Ha un piede poggiato contro il muro e le braccia incrociate al petto. Quando pronuncia il mio nome, costringendomi a fare una sosta, mi domando se mi stesse aspettando.
«Guarda che se ti becca a parlare con me, Adeline potrebbe riversare la sua ira anche su di te» lo prendo in giro.
«Non me ne frega di lei, è mia amica e le voglio bene, ma non decide al posto mio» precisa.
Piego la testa di lato. «Okay, ti ascolto.»
«Stavo pensando che...» si blocca per un attimo, guardandosi attorno, come per assicurarsi che nessuno stia origliando. «Mi piacerebbe uscire con te, sai, io e tu, in quel senso» conclude imbarazzato.
Rimango senza parole. Mi sarei aspettata di tutto, ma non questo. Non così, all'improvviso. Ho notato la dolcezza con cui è solito rivolgersi a me, ma credevo fosse soltanto uno stupido sinonimo di gentilezza.
Nessun ragazzo si è mai mostrato interessato a me, nessuno mi ha mai chiesto di uscire, in un vero appuntamento. Non so nemmeno come ci si comporta, in casi come questo.
Sono sempre stata la ragazza sufficiente, ma mai abbastanza.
E, ovviamente, non posso fingere che questo invito non mi faccia piacere. Perché Gabriel è davvero un bel tipo, un ragazzo modello, e non soltanto esteticamente. Ha bei voti a scuola ed il suo curriculum è impeccabile..
«Allora?» insiste Gabriel, notando il mio improvviso mutismo, mordendo il labbro inferiore.
Dondolo il mio peso corporeo da un piede all'altro. «Io, ecco, credo che si possa fare...»
Il suo volto si illumina, mostrandomi un sorriso raggiante che farebbe girare la testa a qualsiasi ragazza dotata di sana vista.
«Oh, okay, che ne dici se ti passo a prendere questa sera alle otto?»
Annuisco, mentre tento di contenere la strana sensazione che si appropria del mio stomaco, svuotandolo. «Va bene.»
«Va bene.»
Susseguono attimi di imbarazzo, nessuno dei due sembra sapere come affrontare la prossima mossa. Ma, fortunatamente per me, ci pensa lui ad azzardare un passo nella mia direzione.
Avvicina le sue labbra alla mia guancia, e mi stampa un bacio talmente delicato e leggero da farmi dubitare che ci sia stato.
Io rimango immobile, nel tentativo di realizzare ciò che è appena successo, mentre lo guardo andar via, dirigendosi verso il Pick-up di Noah, che lo sta aspettando.

Sono le otto in punto e non faccio altro che guardare il mio riflesso nello specchio. Keira è appena andata via, le ho chiesto di passare per aiutarmi nella scelta dell'outfit da sfoggiare per l'occasione. Mi ha anche tranquillizzata, scacciando via la mia ansia con prepotenza.
Ma, a farla ritornare, ci pensa Jordan.
Bussa contro la superficie legnosa e mi osserva attentamente, dall'alto verso il basso, con la spalla poggiata contro lo stipite della porta.
«Dove ti porta?» mi chiede, accigliato.
«Non lo so, perché?»
«Non lo conosci bene, non ti fidare» mi avverte.
Mi acciglio. «Stai dicendo che nasconde un secondo fine? Che non posso semplicemente piacere a qualcuno?»
Lui alza le mani in segno di innocenza. «Questo lo hai detto tu, Steph. Voglio solo che tu faccia attenzione e basta.»
Annuisco, ma il suo misero tentativo di farmi la paternale è fallito, perché adesso il mio umore ha toccato il fondo.
«Non preoccuparti, so badare a me stessa» replico.
E il mio cellulare squilla, annunciando l'arrivo di Gabriel. Così saluto mio fratello e mi precipito fuori, dove un Audi scintillante mi attende.
Ad ogni passo che percorro mi maledico, perché non voglio permettere a nessuno di rovinare la mia serata. Perciò mi concentro sul suo dolce sorriso e tento di rilassarmi.
«Sei bella, lo sei sempre, ovvio, però sei bella ancora di più del solito» dice.
Sento le guance prendere fuoco. «Anche tu.»

GAME OVERWhere stories live. Discover now