Capitolo 52

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Danny



I suoi maledetti occhi che mi guardano, a pochi metri di distanza. Dopo tutto questo tempo, dopo tutto il dolore, e la mancanza, e la rabbia, non riesco a tollerarli. Non posso.
E così reagisco nell'unico modo che conosco per difendermi: con la rabbia. La afferro, la stringo forte e non la lascio andare. Nemmeno quando mi sorride, in quel cazzo di modo dolce, come se non fosse cambiato niente tra di noi, che riesce a far sciogliere qualsiasi nodo del mio cuore.
Ma io non ci sono più. Non sono più il suo Danny, non è rimasto niente del ragazzo che conosceva e di cui diceva di essersi innamorata, prima di abbandonarlo senza una ragione.
«Non mi dici niente?»
È la sua voce, dall'accento più marcato, quella melodia che riusciva a cullarmi la notte, ma che adesso sembra soltanto un ricordo ovattato, come il canto di una sirena cui l'unico scopo è farti naufragare.
«Non c'è niente da dire» rispondo freddo, così tanto che stento a riconoscermi.
Una forte delusione si dipinge sul suo profilo perfetto, che adesso però mi pare soltanto una distorsione della realtà.
Le sue labbra piene e rosse si piegano in una curva all'ingiù, tristi, ma piene di autocontrollo. «Dici sul serio?»
Non faccio in tempo a ribattere, che Carter si posiziona al mio fianco, con le braccia incrociate al petto ed un'espressione truce impressa in volto. Poi la sua risata, così incattivita da farmi rabbrividire.
«La vita va avanti, mia cara francesina. Che cazzo ti aspetti, mh? Un bacio di bentornata?» interviene, velenoso.
Isobel solleva un sopracciglio. «Baysen, è un piacere anche per me rivederti.»
«Ma fammi il favore» ringhia lui.
«Perché non te ne torni da dove sei venuta?» fa Kevin, spalleggiandolo.
«E tu perché non hai una canna in mano già di primo mattino? Wow, quasi direi che sei migliorato, Moore» ribatte, con quella odiosa risposta sempre pronta.
Kevin assottiglia lo sguardo e Carter si posiziona di fronte a lei. È così incazzato che credo vorrebbe prenderla a cazzotti in faccia, si frena soltanto perché non sfiorerebbe mai una donna.
«È questo il problema, hai sempre pensato di essere migliore di tutti noi, ma non sei poi così tanto diversa» ringhia.
Le sfugge una risatina. «Invece lo sono e lo conferma il fatto che mi stiate accusando... di cosa, esattamente? Senza neanche lasciarmi spiegare.»
Ma adesso basta. Sono stanco di questo scambio di battute. Perciò, come diretto interessato, decido di porre fine a questo stupido teatrino.
La gente ci guarda, affamata di nuove notizie, ed io non ho intenzione di spiattellare tutta la mia vita ai quattro venti. Essere nella bocca della gente non è bello, so cosa significa.
«Il punto è uno, non me ne frega un cazzo di ascoltarti. Sei una sconosciuta per me, non esisti. Quindi sei tornata? Bene, ma fai finta di non conoscermi e tira dritto.»
Le mie parole sono amare, lasciano un sapore terribile in gola, ma giuste. Fanno male, mi lacerano dall'interno, ma non ho intenzione di ritornare nel baratro. Ci sono già stato. Ed è un vero schifo.
Annuisce. «L'influenza di questi due è peggiorata con la mia assenza, tutto chiaro.»
Carter fa un passo in avanti. «Semmai gli abbiamo aperto gli occhi.»
«Oh, ma certo, sai mascherarti bene da bravo ragazzo, tu» replica affilata.
Carter serra la mascella, ma non risponde alla provocazione, è distratto e capisco anche da cosa, dalla figura di Stephanie. Che si trova proprio accanto a Keira, poco distante da noi.
Il terrore di ciò che potrebbe venir fuori, davanti alla ragazza che ama, è evidente. Non vuole che lei stia a sentire tutta la merda che Isobel è in grado di gettargli addosso.
Ma è furba, e se ne accorge. Sposta lo sguardo su Keira, le si avvicina e le sorride. «Brown, ti sono mancata?»
Risponde con una smorfia. «Quasi niente, direi.»
«Peccato, ci speravo» ridacchia. E senza perdere tempo, allunga la sua mano verso la biondina, studiandola con attenzione. «Sono Isobel, e tu sei?»
Con mia grande sorpresa, Stephanie la scansa e le mostra il sorriso più falso che io abbia mai visto. «Qualcuno che non vuole stringere nuove amicizie, scusami.»
Aggrotta la fronte. «Già, alla Roosevelt la cordialità viene prima di tutto, avevo dimenticato.»
Carter afferra la mano di Stephanie e la trascina alle sue spalle, gesto stupido e istintivo, poi sussurra qualcosa all'orecchio di Keira, che annuisce. Poco dopo si allontana insieme alla biondina.
Peccato che Isobel non abbia intenzione di lasciar perdere. «Brown, attenzione alla tua amica, Carter ha scelto la sua nuova preda! Miao!» le urla dietro.
Keira risponde con un semplice ed elegante dito medio, mentre io a stento riesco a trattenere il mio migliore amico, che vorrebbe eliminarla dal pianeta.
Chiedo aiuto a Kevin, ma nemmeno lui riesce a calmarlo. Poi, con mia straordinaria fortuna, le mani di Jordan intervengono e lo trascinano lontano dal corridoio centrale.
«Non creare problemi» ringhio, faccia a faccia.
Tenta di sfiorare il mio mento con le sue dita, ma non glielo permetto, afferrandole il polso.
«Finché non deciderai di starmi a sentire, puoi considerare guerra aperta» dichiara.
Mi avvicino al suo orecchio, per un istante il suo profumo di zucchero filato mi destabilizza, poi ritorno in me.
«Fottiti.»

Quando raggiungo il cortile sul retro, quasi spoglio a quest'ora di mezzo tra le lezioni, trovo Jordan seduto con gli altri. Tiene i gomiti poggiati sulle ginocchia e la testa tra le mani.
«Ci voleva la mia ex per farvi chiarire?» ironizzo.
Il biondo scuote la testa. «Non mi va ancora giù il fatto che gli piaccia mia sorella.»
Carter rimane in silenzio. Non sa cosa dire, ed è strano, di solito è fastidioso proprio per il motivo contrario. Perché è una situazione nuova anche per lui, in primis.
«Comunque» cambia discorso. «Carina e molto dolce, direi. Te le scegli bene.»
Trattengo una risata. «Sa il fatto suo.»
«È una puttanella ingestibile» ringhia Carter.
Gli lancio un'occhiataccia. «Va bene, ma calmati.»
Allarga le braccia. «Ancora ci muori dietro!»
«No» ribatto. «Non è così, ma non parlare in questo modo.»
Sbuffa. «Da non crederci.»
Kevin si alza in piedi con uno slancio, così da poter tirare fuori dalla tasca il pacchetto di sigarette. Ne offre una a ciascuno di noi, per smaltire la tensione.
«Il fumo è la soluzione a tutto» dichiara, da saggio.
«Dubito che i tuoi suoceri approverebbero» evidenzia Carter, nervoso.
«Non sono i miei suoceri!» precisa Kevin, mettendosi sulla difensiva.
«A proposito, fammi un po' vedere l'ecografia» s'intromette Jordan, per recuperare il tempo perso.
Kevin non se lo fa ripetere due volte ed io rimango immobile, con gli occhi dentro agli occhi di Carter.
Mi sta dichiarando guerra anche lui, perché non approva il bene che ancora mi lega ad Isobel, lo so bene. E so che lo fa per proteggermi, perché sono la sua famiglia, ma sono in grado di farlo da solo. Non sono uno stupido.
«Non le darò un'altra possibilità, Carter. Fidati di me.»
Lui sputa fuori una boccata di fumo. «Ci sono stato io» dice. «Io so quanto è stato difficile riportarti a galla, e non permetterò che succeda di nuovo, a costo di farmi odiare da te.»
Poi si allontana, dopo aver colpito con un calcio una lattina vuota che rotola sul pavimento. Getta il mozzicone e infila le mani dentro le tasche della tuta.
«La odia davvero» osserva Jordan.
«Più di ogni cosa» conferma Kevin.

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