Capitolo 32

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Danny





Cazzo, per un pelo!
Ma il problema non è ancora risolto. Siamo fuori, sì, ma non possiamo andarcene senza recuperare i nostri cellulari. Gli uomini in giacca e cravatta ci hanno permesso di seguirli, appena abbiamo pronunciato il cognome Loncaster. Devono essere i proprietari di questo posto di merda, e sanno che non conviene a nessuno farsi nemico uno come Shein.
Le luci blu delle volanti della polizia circondano l'intero perimetro, portando via centinaia di persone, con le mani rigorosamente rivolte verso la schiena. Poi vedo un agente camminare con una busta trasparente tra le mani, che contiene tutti i cellulari. Compresi i nostri, sicuramente.
Se riescono a sbloccarli, ci rintracceranno e saremo nella merda fino al collo. Mio padre mi ucciderebbe e mi porterebbe via da Seattle, Shein ucciderebbe quello di Carter.
Cerco di pensare ad un piano, ma non mi viene in mente niente.
«È notte fonda, dubito che lavoreranno al caso, dobbiamo infiltrarci in caserma» dichiara il mio amico, nascosto nell'ombra, che inizia ad addentrarsi nel fitto boschetto.
Fortuna che abbiamo lasciato l'auto abbastanza lontano da non destare troppi sospetti.
Mentre lo seguo, esclamo: «Ti sei completamente fottuto il cervello, non ci riusciremo mai.»
«È l'unica soluzione, passiamo da Kevin, è con Jordan, alle tre in punto gli dirai di farsi trovare nella via all'angolo, alle spalle della centrale.»
E nonostante non sia d'accordo, faccio come mi dice. Le idee di Carter sono completamente folli, ma ci hanno sempre salvato il culo, perciò non mi sento in dovere di continuare la polemica. Anche perché, come ha detto, non ho un'idea migliore.
Quando la sua Jeep, dopo quindici minuti pieni, si ferma davanti casa di Kevin, lui parte a tutto gas e mi molla lì fuori. Vuole andare da Shein, non soltanto per consegnargli il guadagno, ma anche per vedere se può aiutarci. Dubito che si mostrerà disponibile, dato che per lui siamo soltanto dei maledetti scarafaggi da schiacciare, ma lo spero con tutto il cuore. Da soli, siamo già fottuti.
Quando spiego tutto ai ragazzi, loro si scambiano una lunga occhiata, poi annuiscono.
«Va bene, aspettiamo allora» dichiara Jordan, che non si tira mai indietro.

I sessantacinque minuti più lunghi della mia vita? Sì. Li ho passati esattamente così, camminando avanti e indietro. E adesso che siamo nascosti in questo vicolo cieco, aspettando il via di Carter, la preoccupazione arriva ad un livello angosciante.
Ho la sensazione che qualcosa andrà storto e non riesco a scrollarmela di dosso.
«La smetti di muovere la gamba? Mi stai innervosendo» ringhia Kevin, girandosi indietro dal sedile anteriore in cui poggia il suo culo.
«Non rompermi il cazzo» ribatto aspro.
«Smettetela voi due» ci ammonisce Jordan. Poi ci invita con un cenno del capo a prestare attenzione al segnale che è arrivato.
Gli abbaglianti di un automobile puntano dritti su di noi, poi spariscono. Appartiene ad uno degli scagnozzi di Shein, ciò vuol dire che ha deciso di collaborare. E non posso fare a meno di chiedermi cosa cazzo gli ha promesso Carter, in cambio.
«Andiamo» asserisce Jordan, smontando dall'auto.
Ma, proprio quando mettiamo piede dentro il grande e spoglio parcheggio, con gli appositi caschi a nascondere i nostri volti, Carter si incammina verso di noi, sventolando i cellulari davanti a sé.
Mi acciglio e lo spintono violentemente, colto da una rabbia improvvisa. «Era il tuo piano fin dall'inizio, non è vero? Tenerci fuori e fare tutto da solo!»
Lui alza le mani in segno di resa. «Non volevo coinvolgere nessuno di voi, okay? Ho risolto tutto, perciò vedi di farla finita.»
Esplodo in una risata e lo colpisco con un pugno dritto sulla mascella, che gli farà venire un brutto livido violaceo. Lui spunta sul cemento, ma non reagisce.
«Che pezzo di merda» ringhio.
Sono incazzato nero, perché odio questo senso di protezione che ha verso ognuno di noi, verso di me. Io voglio stargli accanto, non voglio che si accolli tutto da solo, sulle sue spalle già cariche.
«Un poliziotto corrotto è già dentro, resetterà le telecamere facendo credere che ci sia stato un guasto nel sistema. Nessuno ci vedrà o si accorgerà della mancanza di due soli cellulari, ora andiamo» dichiara, freddo come il ghiaccio.
Kevin e Jordan lo seguono a ruota, quasi sollevati dal cambio di programma. Io no, io continuo a guardare la sua testa come se volessi farla esplodere.
Perché questo maledetto difetto che ha, prima o poi gli si ritorcerà contro. So che è così, e so anche che il prossimo guaio è dietro la sua porta, pronto a distruggerlo.
Adesso è inutile chiedere quale riscatto Shein abbia scelto per lui, mi punirebbe con il mutismo selettivo.
Ma so che ce n'è uno. C'è sempre.

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