Capitolo 56

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Stephanie




Vederlo lì, seduto sul porticato di casa mia, seppur in compagnia di Jordan, mi fa battere il cuore all'impazzata. Non riesco a credere che stia aspettando proprio me.
Tessa mi sorride raggiante, e prima di scendere dall'auto mi dice: «Voglio sapere ogni dettaglio, dopo.»
Annuisco ed entrambe, una di fianco all'altra, ci dirigiamo verso i due ragazzi. Jordan solleva lo sguardo su di me, da una pacca sulla spalla di Carter e segue Tessa all'interno della casa. Nel mio cuore, spero che sia una buona opportunità anche per loro, per parlare.
Finalmente, mi concentro sul ragazzo che ha rubato il mio cuore, silenziosamente, come solo un bravo ladro sa fare. I suoi occhi sono su di me, accesi da una luce nuova, mai vista prima.
Si alza in piedi e mi si avvicina, travolgendomi con il suo profumo, mentre cerco di evitare in ogni modo di svenire o di farmi venire un attacco di panico.
«Prima io» dice, mostrandomi quel mezzo sorriso che mi fa girare la testa, tutte le sante volte.
Ma io non posso concederglielo. Non so cos'ha intenzione di dirmi, è così imprevedibile da spaventarmi a volte. E io ho una sola opportunità per dire quello che provo. Voglio che lo sappia e che mi stia a sentire. Se andrà male, non importa.
Così racimolo tutto il mio coraggio, e lo dico, di getto, senza ripensamenti o troppi giri di parole.
«Io ti amo, Carter.»
La sua espressione si addolcisce, in un modo che non può essere descritto a parole, bisognerebbe vederlo. Ma rimane in silenzio, con il fiato trattenuto, perciò continuo.
«Non pretendo niente, te lo giuro, non... io voglio solo che tu lo sappia. È successo e non posso farci niente. Mi sono innamorata di te, non so nemmeno quando, ma è così.»
Piega la testa di lato e la sua mano si posiziona sulla mia guancia, dopo aver spostato una ciocca di capelli. Chiudo gli occhi per pochi secondi, beandomi del suo tocco e pregando che non sia l'ultimo.
«Stephanie Dickens, tu sei il mio pasticcio più grande» mormora. «Non sono bravo con le persone, e nemmeno con le parole, ma credo di amarti anch'io. Così tanto che rischio di impazzire.»
Il mio stomaco fa una capriola. Anzi no, un triplo salto mortale. Perché non riesco a credere che l'abbia detto.
«Mi ami?» cerco conferma, mentre tento di rimanere con i piedi ben saldati a terra.
Il suo naso sfiora il mio, tanto siamo vicini. «Sì, maledizione. E ho paura, sono terrorizzato all'idea che io possa farti del male. Perché sono un casino, la mia vita lo è, ma non riesco a starti lontano.»
Un sorriso incontenibile spunta fuori, non riesco a trattenermi. Perché sta succedendo davvero. Io e Carter. Noi.
«Ho paura anch'io» confesso. «Ma sono pronta a rischiare. Voglio starti accanto, voglio tutto.»
Lui non aggiunge altro. Azzera finalmente le distanze. La sua bocca si incolla alla mia, le sue mani mi tengono stretta, come se avesse paura di vivere un sogno, di vedermi scomparire.
Il mio cuore esplode di gioia, qualcosa di diverso, mai provato prima, neppure la prima volta che ci siamo baciati. Perché adesso c'è l'amore, libero, sincero. Il mio primo amore.
La sua lingua cerca la mia, mi chiede il permesso, ed io glielo concedo. Posso dargli tutto, qualunque cosa desidera.
Sono sua, lo sono sempre stata, dal primo momento in cui ho incrociato i suoi occhi. Sono stata solo stupida, per non averlo capito prima.
Quando provi certe cose, così intense, non puoi nasconderle o fingere che non ci siano. Perché, alla fine, saltano fuori comunque. Non puoi controllarle.
Ci stacchiamo solo quando un colpo di tosse ci interrompe. Si tratta proprio di Jordan, che ci osserva dalla finestra della cucina, con le braccia incrociate e un'espressione disgustata.
«Basta così, stronzo, è sempre mia sorella» esclama.
Ma arriva Tessa a salvarci, che richiude le tende e ci concede la nostra privacy, dopo avermi strizzato l'occhio.
Io e Carter ci guardiamo in imbarazzo, poi scoppiamo a ridere. Mi stringe al suo petto ed io poggio la guancia contro esso, ascoltando il battito del suo cuore. Il suo mento sulla mia testa.
«Mi sembra di aver aspettato troppo» dice. «Ma ne è valsa la pena.»
Stringo il tessuto della sua maglietta tra le dita, vorrei non dovermi più allontanare da lui, neanche per un'ora.
«È proprio così.»

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