Capitolo 24

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Stephanie






«Allooora, hai intenzione di passarla, almeno l'ultima notte, con la tua dolce metà?» mi chiede Keira, mentre mi aiuta a prepararmi, riferendosi a Gabriel.
Sta per svolgersi un'ultima grande festa, che sinceramente mi fa convincere di non poterne mai più tollerare altre. Dal restare chiusa in casa, a tutto questo, è un cambiamento troppo radicale per me.
«Non ci farò sesso, e sinceramente nemmeno lui mi sembra troppo frettoloso a riguardo» ammetto.
Keira esplode in una risata contagiosa, ma tento in ogni modo di rimanere seria. Non voglio che pensi che io stia scherzando, non ho intenzione di perdere la mia verginità così presto, con un ragazzo che oltretutto neanche conosco bene, ancora.
«Andiamo! Poveretto, soffrirà di ansia da prestazione, per forza! Qualsiasi ragazzo ti salterebbe addosso e credimi se lo dico, so di che parlo, lo farei anche io» dichiara, sincera.
Scuoto la testa e le lancio un'occhiataccia attraverso lo specchio. «Non prendermi in giro, stronza!»
Lei è posizionata alle mie spalle, mentre raccoglie i miei capelli in una coda alta e ordinata. «Dico sul serio, sei mia amica, non ti vedo in quel modo, ma so riconoscere una bella ragazza. E tu lo sei, santo cielo! Ma davvero non te ne accorgi?»
Alzo gli occhi. «Ce ne sono a migliaia di belle ragazze, qui, Kei. Te compresa.»
«Non è la stessa cosa» tira l'elastico, facendomi sfuggire un gridolino sofferente che la fa sorridere. «Lavoro completato, su, infila quel culo nel vestito che ho scelto per te!»
Quando apro la scatola, rimango a bocca aperta, totalmente esterrefatta. Lo afferro tra le mani, tentando di comprendere da quale parte sia giusto indossarlo.
«E questo lo chiami abito? È un pezzo di stoffa» dichiaro, contrariata.
Lei batte le mani, elettrizzata. «È strabiliante e... ta-daan, il mio è uguale! Ti prego. Ho sempre sognato di fare un ingresso del genere, con una buona amica al mio fianco. Non dirmi di no.»
Sospiro e mi arrendo, perché non posso fare a meno di accontentarla, se questo la rende così tanto felice.

«Ti rendi conto che non posso nemmeno respirare?» mi lamento, mentre ci dirigiamo verso il grande ascensore che ci condurrà all'ultimo piano, in una terrazza coperta, dove si potranno ammirare le stelle.
«Che melodrammatica!» esclama, per tutta risposta, trascinandomi per un polso.
Invece è la verità. Questo tubino scintillante scopre metà dei miei seni, lasciando davvero poco spazio all'immaginazione. E, se tiro su, scopro giù. E non posso permettermelo, dato che non ho indossato la biancheria intima, sotto sua esplicita richiesta. Perché non sia mai che si intravedano i contorni delle mutande.
«Una pessima idea, ricordami di non darti mai più retta, la prossima volta» borbotto, seccata.
Le porte di metallo stanno per chiudersi, quando una mano le blocca. Ed eccoli, signori e signore, tutti in fila dinanzi a me. Jordan, Danny, Kevin e Carter.
Mio fratello mi lancia un'occhiata furiosa. «E questo dove diavolo l'hai preso?»
Non rispondo, ci pensa Keira a farlo. «È un mio regalo, non rompere. Tua sorella è sempre attraente, con qualsiasi cosa addosso. Questo, semplicemente, la risalta.»
Kevin annuisce, meritandosi una gomitata da parte di Jordan. Quest'ultimo non risponde alla provocazione della mia amica, e il silenzio cala improvvisamente attorno a noi.
E ovviamente mi concedo di guardarlo, per una minuscola frazione di tempo. Ma trovo già gli occhi di Carter puntati su di me, scorrono su ogni centimetro della mia pelle, mi marchiano, bollenti. E il fastidioso prurito allo stomaco ritorna, più forte che mai.
Deglutisco, mentre prego che questa maledetta gabbia si apra presto, perché comincia a mancarmi l'aria. Odio l'effetto che ha su di me, è devastante, inappropriato.
Dopo la scorsa notte, non ci siamo più rivolti la parola. Si è limitato a lasciarmi lì, sul terrazzo, inerme e confusa, dopo la sua affermazione. Io ho fatto di tutto per girargli a largo, lui non ha agito diversamente.
Ma d'altronde, perché avremmo dovuto stare vicini? Non siamo niente, è solo l'ennesimo amico sbagliato che mio fratello ha scelto. Cosa che, ancora, non mi va a genio. Non dimentico ciò che ho visto con i miei occhi, tutti i guai di cui sono pieni fino al collo. E che, tra parentesi, non ho rinunciato a scoprire.
Fortunatamente i miei pensieri vengono distolti da Gabriel, che si trova proprio all'ingresso della grande sala e mi viene incontro.
Carter gli passa accanto, colpendolo volutamente con una rigida spallata. Lui si acciglia, ma io afferro le sue mani e gli sorrido, sperando di distrarlo abbastanza.
«È un cretino, ignoralo» dico, convinta.
Le sue labbra non perdono tempo e si appoggiano sulle mie, ma il contatto dura soltanto pochi secondi, perché poi veniamo travolti dalla massa e costretti a proseguire.
La mano di Gabriel non lascia mai la mia, la sua presa è salda, mentre ci avviciniamo al tavolo delle bevande, raggiungendo Keira, che mi porge un bicchiere.
«Vodka alla fragola, ti piacerà. Non è tanto forte, ma almeno ti rilasserai un po', amore mio, sei così tesa!» esclama.
Una smorfia contrae il mio viso. «Io non bevo, lo sai.»
Lei mette il broncio. «Almeno assaggia!»
E devo proprio ammetterlo, quando mando giù il liquido rosa, il dolce sapore riesce a far sparire il fastidioso pizzico alla gola.
La mia espressione deve aver parlato da sé, perché Keira mi riempie di nuovo il bicchiere, poi mi strizza l'occhio e si allontana, lasciandomi da sola con Gabriel, che ridacchia.
«È tremenda» osservo, sorridendo. «Però ha ragione, è davvero buono, potrei prenderci gusto.»
Lui annuisce. «E tu sei pazzesca, questa sera.»
All'interno dei suoi occhi scorgo un luccichio diverso, sta contemplando il mio look, nella sua mente.
Incrocio le braccia al petto per coprirmi, ma poi le riposo di nuovo lungo i fianchi, quando mi rendo conto di aver soltanto messo ulteriormente in mostra la mia scollatura.
Arrossisco. «Ehm, non è proprio il mio stile.»
E veniamo interrotti da Noah, che chiede al suo amico di accompagnarlo fuori, per prendere una boccata d'aria. Io lo lascio andare e decido di raggiungere Keira, che balla al centro della pista, con il capo rivolto verso il cielo stellato.
«Sei già abbastanza brilla? No, perché, sennò andiamo a bere, di corsa!»
Scuoto la testa. «Sei il diavolo!»
Prima che me ne accorga, sono già al quarto drink, o quinto... non lo so, ho perso il conto. E per me, è già abbastanza grave. Mi gira la testa, faccio fatica a mantenere l'equilibrio, eppure mi sento leggera. Una sensazione quasi liberatoria, come se tutti i miei infiniti problemi non esistessero più all'improvviso.
So che non durerà, che l'effetto svanirà presto, ma per una volta, una soltanto, anche io mi merito di divertirmi.
«Un altro?» propongo, con una voce che stento a riconoscere come mia.
Keira si lascia andare ad un urlo esultante.

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