Capitolo 48

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Stephanie





Da qualche parte ho letto che le sorprese non finiscono mai, che arrivano quando meno te lo aspetti, specialmente quando ti capitano periodi di merda in cui vorresti solo scomparire dalla faccia del pianeta senza lasciare traccia alcuna.
Ci pensa proprio mio padre a costatare la regola, che rientra come un tornado e annuncia una notizia clamorosa, anche se poi non così tanto, date le indagini precedenti di mio fratello.
Ha una compagna e vuole presentarla ad entrambi i suoi figli, a cena, questa sera.
Non sono sconvolta più di tanto, perché tanto ho capito che al peggio non c'è mai fine, ma adesso mi sento in colpa per non aver creduto a Jordan. Questo, naturalmente, fa peggiorare lo stato del nostro rapporto già parecchio intaccato.
Non mi ha praticamente rivolto la parola, se non per stretta necessità. Deve essere deluso da me e questo mi dispiace, non avrei mai voluto tenerlo all'oscuro di tutto.
Ma allo stesso tempo vorrei spiegargli che non deve scaricare tutta la colpa sul suo amico, che sarebbe giusto dargli una seconda possibilità. Anche se dubito che servirebbe a qualcosa. Ormai non li frequenta praticamente più, li evita come la peste da due giorni.
Dovrei essere contenta, dato che la mia intenzione è sempre stata quella di fargli cambiare tipologia di compagnia, invece non è così.
Mi dispiace e devo ammettere che quasi invidiavo il loro legame morboso e tanto leale.
«Ci sarete?» mi domanda mio padre, strappandomi dai miei pensieri, con occhioni dolci e fiduciosi.
Annuisco e forzo un sorriso. «Ma certo.»
«Grazie, tesoro. La nostra ospite arriverà per le otto» aggiunge.
Decido di alzarmi dallo sgabello, così da poter sparecchiare la tavola dove mio padre ha pranzato. Faccio appena in tempo a mettere i piatti nel lavello, che la sua voce spezza di nuovo il silenzio.
«Tutto bene con Jordan?»
Serro per un istante le palpebre, dato che gli mostro le spalle e non può vedermi. Poi prendo un respiro profondo. «Sì, davvero.»
«Mi ha telefonato la preside, questa mattina. Dice che ha quasi dato inizio a una rissa e che lo tratterranno a scuola per scontare la sua punizione» spiega la sua preoccupazione.
Ne sono già a conoscenza. Gli hanno assegnato la pulizia di tutti i laboratori, mentre gli altri si dividono le aule, la palestra e il cortile. Sorvegliati, per evitare che possa scaturire un altro litigio.
«Non è stato niente, classiche liti tra maschi Alfa per chi ce l'ha più lungo» ironizzo, voltandomi verso di lui.
Mio padre sospira. «Spero che si dia una regolata, è l'ultimo anno e con le università della Ivy League non si scherza.»
Abbasso la testa. «Hai ragione.»
Nostro padre ha sempre sognato per noi un futuro luminoso, una bella carriera e un reddito proficuo, ma Jordan non pensa minimamente alle conseguenze delle sue azioni. Vive il presente e se ne frega della piega che potrebbe prendere la sua vita.
«Parlerò con il consiglio, cercherò di non far macchiare il suo curriculum» dichiara poi.
E non sono molto d'accordo. Credo che le cose debbano essere meritate, con impegno e costanza. Allo stesso tempo, mi rendo conto che probabilmente farei lo stesso, che tenterei di salvare il suo destino in ogni modo possibile.
«È un istituto privato, sono certa che ti accontenteranno, hanno una bella reputazione da difendere» osservo.
E la conversazione si conclude così.

La sera arriva presto, forse troppo, perché mi rendo conto di non essere ancora psicologicamente pronta per affrontare quello che sta per accadere.
Una nuova donna nella nostra vita, una figura femminile, un ripiego della mamma.
Non ho fatto altro che osservare le lancette dell'orologio, per tutto il pomeriggio, ponendomi tante domande al quale però non ho trovato risposte.
Sono in ansia, anzi in realtà ho proprio paura. Paura di non entrare in simpatia con lei, o che sia troppo invadente, o che decida addirittura di trasferirsi qui da noi troppo presto. Un passo decisamente più lungo della gamba che dubito approverei. Ci tengo ai miei equilibri, seppur già instabili.
Ma non c'è tempo per le riflessioni, perché la voce di mio padre attraversa le scale e ci richiama al suo fianco. Entrambi.
Nel corridoio mi scontro con Jordan, che decide di entrare in modalità silenzioso. So che non è felice, gli si legge in faccia, ma sono contenta lo stesso che abbia accettato di partecipare alla cena.
Nel mio cuore, so di aver bisogno di lui. E lui di me.
Dalla porta d'ingresso entra una donna alta, con un fisico sinuoso da modella, dei lunghi capelli ricci e un paio di occhioni caramello da cerbiatta.
Un caloroso sorriso è l'ultima cosa che noto, rivolto proprio verso di noi.
«Ciao ragazzi, io sono Theresa. È un grande piacere. E potete chiamarmi Tessa.»
Allunga la sua mano verso di me, che accetto. «Stephanie.»
Poi tocca a mio fratello, che non si sforza neanche di cambiare espressione, stringe la mano forse troppo forte e non pronuncia nemmeno il suo nome.
Allora intervengo, perché l'imbarazzo nell'aria è tagliente. La invito a proseguire verso la cucina e nel frattempo noto mio padre sussurrare qualcosa all'orecchio di Jordan, che alza gli occhi al soffitto di risposta.
«Avete cucinato voi? Wow, che profumino» esclama.
Ridacchio. «No, ma la gastronomia italiana sulla sedicesima è davvero ottima.»
Trattiene un sorrisetto divertito. «Mi fido!»
Ci accomodiamo attorno al tavolo, io scelgo il posto accanto a mio fratello, così da poterlo prendere a pedate se dovesse iniziare a mostrarsi più antipatico del solito.
«Come vi siete conosciuti?» domando, per spezzare la tensione, dopo la prima forchettata di lasagna.
«Ad un concerto» risponde lei, tentando di nascondere le guance arrossate.
«Schifosamente romantico» borbotta Jordan, meritandosi un'occhiataccia da parte mia.
«Sei una sua fan?» chiedo ancora.
«Ehm, non proprio, mio fratello lo era» sorride.
Mi acciglio. «Era?»
«Sì» beve un sorso d'acqua. «È volato in cielo da poco.»
Sbarro gli occhi e mi sento mortificata. «Mi dispiace tanto, sono una ficcanaso.»
Allunga la mano da sopra il tavolo e afferra un tovagliolo. «Non scusarti, credo che abbia voluto farmi trovare vostro padre come ultimo regalo prima di andarsene.»
Sorrido. «Immagino di sì.»
«Parlavo di questo, quando ti ho detto che qualcuno aveva bisogno di me. Sono stato al suo fianco per il funerale» spiega mio padre.
Adesso sembra tutto più chiaro, improvvisamente. E credo che abbia compiuto un gesto molto bello.
«Ma fammi qualche altra domanda... cambiamo argomento, che è triste» dice lei.
Evidentemente soffre ancora molto per la sua perdita, quindi la assecondo. So cosa vuol dire vedere qualcuno che ami spegnersi, giorno dopo giorno.
«Hai figli?» sparo così.
Ma sembra che non ne combini una giusta, da un po' di tempo a questa parte. Perché faccio un'altra bruttissima figura.
«Non posso averne» il suo sguardo si rattrista di nuovo.
Porto una mano contro la bocca. «Ti prego, sono pessima. Meglio che mi stia zitta.»
Tessa scuote la testa. «No, non dire così. Sai, anche io sono come te. Durante il concerto, ho litigato con un uomo, perché ha saltato la fila senza nemmeno chiedere. Mi sono infuriata così tanto, ho dato praticamente di matto» racconta.
Mi acciglio, non comprendendo la sua logica. «E alla fine?»
«Alla fine era il chitarrista della band.»
Scoppio a ridere, mentre mio padre si massaggia la fronte con la mano, mascherando il suo divertimento.
«Beh, ecco perché hai attirato la sua attenzione» osservo.
«Eccome! Credo che tutti i presenti si ricorderanno di me, per sempre» esclama.
Ma il buon umore viene interrotto da Jordan, che si alza improvvisamente, facendo strisciare la sedia contro il parquet. Alzo il mento per guardarlo.
«Va bene, giocate alla famiglia felice senza di me, io esco» dichiara, con una freddezza mai vista prima.
Mio padre fa per alzarsi e inseguirlo, ma io lo trattengo, afferrando la sua mano. «No, rimani con Tessa, vado io.»
Quando raggiungo mio fratello, che ha già in mano le chiavi della sua auto, lo seguo fuori dalla porta e lo trascino sotto il porticato.
«Perché fai così? È simpatica, dovresti darle una chance» dico, convinta.
Lui scoppia a ridere e si passa una mano tra i capelli, così lisci e simili ai miei. «Non mi farò prendere per il culo da una che cerca di intenerirci con i suoi problemi, mentre l'unica cosa a cui probabilmente mira è il suo portafoglio.»
Poggio le mani contro i fianchi. «Non puoi giudicarla in questo modo orribile, nemmeno la conosci, Jordan!»
«Se vuoi credere alle favole, sei libera di farlo. Ma non rompere il cazzo a me, Stephanie» sbotta. E senza attendere risposta da parte mia, mi da le spalle e si avvia verso la sua macchina.
Prima che possa salire a bordo, però, gli urlo dietro: «Sei chiaramente incazzato, ma non con loro, quindi risolvi i tuoi problemi e smettila!»
Mi mostra il dito medio e parte a tutto gas.

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