Capitolo 57

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Stephanie




«Oh, mio Dio! Non ci credo!» strilla Keira, euforica, attraverso l'altoparlante del mio cellulare.
Scoppio a ridere, così forte che cado all'indietro, sul materasso. Poi mi tappo la bocca, per evitare di svegliare tutti, dato che sicuramente dormono già a quest'ora della notte.
«Perciò te l'ha detto chiaramente? Ha detto che ti ama?» domanda, ancora incerta di aver capito bene.
Sento ancora le farfalle nello stomaco, quando rispondo: «Sì, lo ha fatto. Ed è stato... bellissimo.»
Urla ancora, così forte da costringermi ad allontanare il cellulare dall'orecchio. «Lo sapevo, l'ho sempre saputo!»
Sorrido e piego le ginocchia, mentre stringo il cuscino al petto. «Sono felice, Keira. Lo sono davvero.»
«E io lo sono anche, se tu lo sei. Ma domani andrò da lui a minacciarlo, perché guai se ti fa soffrire!» esclama.
Ridacchio. «Affare fatto.»
Poco dopo, sono costretta a chiudere la telefonata, perché Jordan bussa alla mia porta e il suo volto un po' assonnato fa capolinea.
«Posso entrare?»
Annuisco. «Certo.»
Mi raggiunge e si siede accanto a me. «Voglio dirti che mi dispiace» confessa, dopo un sospiro.
«Non fa niente» dico subito.
Ed è così. Posso arrabbiarmi con lui, possiamo litigare continuamente, ma ciò non significa niente. Lo amo in ogni caso, a prescindere. È mio fratello.
Afferra la mia mano. «No, sul serio, mi dispiace per tutto. Non ti ho detto niente riguardo a quello che è successo con Carter, ti ho ignorata completamente prima e non avrei dovuto. Ma voglio che tu sappia che sono felice per voi.»
Gli sorrido e stringo la presa. «Grazie, è importante per me.»
Mi stampa un delicato bacio sulla guancia. «Ti voglio bene, Steph. Sempre.»
Annuisco e lui decide di tornare in camera sua, magari per concedersi una bella dormita prima che la sveglia suoni troppo presto. Ma prima che possa sparire, lo richiamo.
«Sì?»
«Concedile una possibilità, Tessa è davvero una brava persona» gli dico.
Prende un respiro profondo. «D'accordo, lo farò. Buonanotte, Steph.»
Sorrido. «Buonanotte.»

La mattina successiva, viene a prenderci Carter con la sua Jeep. Dopo aver suonato il clacson un paio di volte, mi precipito fuori.
Il mio cuore galoppa velocemente e quando lo raggiungo, mi accomodo davanti. Lui mi sorride, così raggiante da sembrare il sole.
«Buongiorno Pasticcio» mormora dolcemente.
Non faccio in tempo a rispondere, che si sporge verso di me e mi bacia. Niente di troppo rapido, si prende il tempo che vuole.
Cosa che infastidisce mio fratello, che sbatte forte lo sportello posteriore per attirare la nostra attenzione.
«Cerca di non metterla incinta davanti a me, almeno» borbotta.
«Va bene, amico, ma la mia auto non ti ha fatto niente di male» ribatte Carter, strizzandomi l'occhio, per poi avviare i motori.
Jordan si sporge in avanti. «Ti rimarranno solo gli specchietti, se non la tratti bene.»
La sua minaccia non ha alcun effetto su Carter, che anzi ridacchia e allunga la sua mano sopra la mia coscia, facendomi attorcigliare le budella.

Quando varchiamo il cancello, tutti gli occhi sono puntati su di noi. E posso capirlo. Nessuno si aspetta di vedere il famoso Carter Baysen che tiene per mano l'ultima arrivata. Né, tantomeno, che afferri il mio volto e mi baci.
Normalmente lo allontanerei, perché odio le effusioni in pubblico, ma basta che mi sfiori e mi dimentico di tutto. Il contorno non esiste, non importa dove siamo o con chi. C'è solo lui.
Mi rendo conto di non riuscire a smettere di sorridere, solo quando Keira sbuca alle nostre spalle e me lo fa notare.
«Caspita, sei raggiante!» esclama.
«Tutto merito mio» si pavoneggia Carter.
«A questo proposito» Keira assottiglia gli occhi e gli punta un dito contro. «Prenditi cura di lei e attento a come ti comporti, altrimenti ti uccido.»
Carter sorride e alza le mani in segno di innocenza. «Croce sul cuore» promette.
Ma presto sul suo perfetto viso si dipinge un broncio, quando si rende conto che Gabriel, poco distante da noi, ci sta fissando.
Nessuno dei due sembra avere intenzione di distogliere lo sguardo per primo, si lanciano fulmini e saette, perciò intervengo.
Mi posiziono davanti a Carter e accarezzo la sua guancia. «Lascialo stare, promettimelo.»
«Se ti rivolge anche solo la parola, lo uccido» ringhia, continuando a guardare davanti a sé.
Incrocio le braccia al petto e sbatto un piede per terra. Questo lo costringe a concentrarsi finalmente su di me, per poi trattenere un sorrisetto.
«Sembri proprio una bambina quando fai così» dice. Ma non lo fa per offendermi, perché poi aggiunge: «Sei tenera.»
Alzo gli occhi al cielo. «Dico sul serio, lascialo stare, è un bravo ragazzo e sa che ti amo. Quindi, anche se dovesse parlarmi, non sarebbe la fine del mondo.»
«Sa che mi ami?» si acciglia.
Annuisco. «Lo sa eccome, gliel'ho detto.»
E il suo buon umore ritorna.

Durante le lezioni, non ho potuto fare a meno di notare le continue occhiate di Adeline. Così, quando suona la campanella che annuncia l'inizio della pausa pranzo, la raggiungo al suo armadietto.
È impegnata a posare i libri, girata di spalle, perciò non si accorge del mio arrivo. Picchietto un dito contro la sua spalla.
«Ehi» mi sorride. «Tutto ok?»
Mi stringo nelle spalle. «Non lo so, è successo qualcosa?»
Scuote la testa. «No, beh, so che non mi crederai ma sono felice per te.»
Annuisco, ma rimango sulla difensiva. Non mi fido più di lei, ormai. «Immagino che dovrei dirti grazie.»
«Non per forza» scherza.
Mi obbligo a sorridere. «Beh, ci vediamo.»
Faccio un passo indietro, ma la sua voce che pronuncia il mio nome mi costringe a trattenermi ancora.
«Mi dispiace, Steph. So che sono stata una stronza con te. Ma devi sapere che per me Carter è un capitolo chiuso. Ieri, quando ha respinto il mio bacio, ho capito che ti ama davvero. Sta cercando di essere migliore.»
Le sue parole hanno uno strano effetto su di me, quasi devastante. Una fitta si propaga dentro di me, all'altezza dello stomaco.
«Hai provato a baciarlo?» domando a bassa voce, sperando che si tratti di uno scherzo.
Abbassa lo sguardo. «Sì, ma ti giuro che non ha ricambiato. Mi ha praticamente spinta via.»
Scuoto la testa. Questo mi rincuora, ma non abbastanza. «Non è questo il punto. Sei tu. Perché lo hai fatto? Cosa volevi dimostrare?»
Scrolla le spalle. «Volevo convincermi che fosse lui il problema, ma non lo è. Ho capito che non sono mai stata la ragazza giusta, ma tu sì.»
Una risata amara sfugge dalle mie labbra. «Che stronzate, sei un'ipocrita.»
Aggrotta la fronte. «Cosa? Perché?»
«Proprio non ti rendi conto?» allargo le braccia. «Ti racconti di aver voltato pagina, di essere felice con Noah, ma è soltanto una bugia! Sii sincera con te stessa e ammetti che, se lui ti avesse ricambiata, tu staresti strisciando ai suoi piedi adesso.»
Indietreggia e finisce con la schiena contro l'armadietto. I suoi occhi diventano lucidi. «È stato il mio primo amore, un pezzo di me sarà sempre legata a lui, ma è il passato. E nel presente è tutto tuo.»
Respiro profondamente. «Già, ma riflettici bene, Ade. Noah impazzisce per te, non giocare con lui.»
Poi mi volto e mi allontano, a passo svelto.

Quando raggiungo il cortile, non riesco a guardare Carter negli occhi. Non sono arrabbiata per il bacio, visto che l'ha rifiutato. Sono un po' delusa, perché avrebbe dovuto dirmelo. Essere sincero con me.
Lui si accorge che qualcosa non va e mi tira verso un angolino in disparte, proprio dietro la grande quercia. La mia schiena sfiora il tronco.
«Vuoi dirmi cosa ti turba?» domanda, mentre le sue dita giocano con le punte dei miei capelli.
Colpisco la sua mano con uno schiaffetto. «Devi dirmi niente su Adeline?»
I suoi occhi diventano cupi. «Cosa ti ha detto? Perché sono sicuro che siano delle cazzate.»
Scuoto la testa. «No, mi ha detto che l'hai allontanata, non sono seccata per questo.»
Sospira di sollievo. «E allora perché?»
Punto i miei occhi nei suoi. «Voglio che mi dici tutto, Carter. Dobbiamo essere sinceri, sempre, altrimenti non funziona.»
Annuisce e mi regala il solito sorriso, capace di farmi deconcentrare, poi avvicina le sue labbra alle mie.
«Hai ragione» soffia. «Mi dispiace, Pasticcio. È solo che devo imparare, non sono abituato alle relazioni serie.»
Fisso la sua bocca. «Va bene.»
«Va bene» ripete.
E sono io questa volta ad azzerare le distanze.

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