Capitolo 30

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Stephanie







Guardo Keira, seduta comodamente sul mio divano, mentre divora un intero sacchetto di popcorn. Il suo sesto senso è infallibile e questo la spinge a ridere ininterrottamente, dopo aver ascoltato il mio breve racconto con attenzione.
«Mantengo sempre le mie promesse» esclama, divertita. Poi si corruccia. «Non è che sono una strega? Tipo Bonnie Bennet, che ne so. Dovrei controllare le mie discendenze.»
Roteo gli occhi e mi lascio ricadere al suo fianco, affondando tra i cuscini. «Ho incontrato Adeline, per strada, prima» cambio argomento.
«Oh» sospira dopo un attimo di silenzio. Il suo umore adesso è cambiato. «E com'è andata?»
«Non si è comportata da stronza» ammetto. «Ma sembrava un po' sconvolta, ad essere sincera.»
Si acciglia, poi punta lo sguardo sul pavimento, fissando un punto indefinito, come se stesse riflettendo su qualcosa. «Vive Noah da quelle parti.»
«Pensi abbia discusso con lui?» chiedo.
Scrolla le spalle. «Non lo so, mi sembra difficile dato che lui non la contraddice mai.»
«Mi ha detto che ha sofferto tanto, Kei» getto fuori. È giusto che lo sappia.
Keira mi mostra un sorriso tristissimo. «Aveva una scelta, Steph.»
Scuoto la testa e incrocio le gambe, voltandomi verso di lei. «Vuoi iniziare a fare anche tu l'orgogliosa? Andiamo, ma che diavolo!»
«Non sarò io a strisciare sotto i suoi piedi, non ancora» precisa.
Annuisco. «Okay, ma sei aperta a un confronto?»
«Non lo so» borbotta.
Sollevo le sopracciglia in modo teatrale e riesco a strapparle una risatina. «E va bene, sì» aggiunge.
Afferro la sua mano. «Ci inventeremo qualcosa, allora.»

Il giorno dopo, prendo la più stupida delle decisioni. Decido di dare una festa, io, il fine settimana, proprio a casa mia. Con i preparativi mi aiuterà Keira, e anche con gli inviti, dato che non sono esattamente la ragazza più popolare della Roosevelt.
Lei, a mia insaputa, passa la palla in mano a Carter e tutta la sua combriccola. Ad ora di pranzo, mezza scuola ha già confermato la partecipazione.
«Dovevi proprio coinvolgerli?» sbuffo, mentre ci dirigiamo verso il giardino sul retro, con in mano i nostri vassoi, ancora pieni.
«Guarda che ci vive anche Jordan, sarebbero stati presenti a prescindere» mi rammenta.
Rimango in silenzio, perché ha proprio ragione. Mio fratello non si perderebbe mai una festa, figuriamoci a casa propria. E con il mio consenso, tra parentesi. È rimasto parecchio sorpreso che l'idea fosse partita proprio da me.
Ma, a mia discolpa, posso dire che lo faccio soltanto per aiutare una mia amica. Nessun altro secondo fine, niente divertimento. Rimarrò sobria come un pesce, specialmente dopo com'è andata a finire - quasi - l'ultima volta.
«Okay, piano A» dico a bassa voce, poi mi allontano, raggiungendo Gabriel alla solita panca.
Lo saluto con un delicato bacio a stampo, scostandomi prima che possa diventare più passionale, poi sparo la domanda: «Sabato festa a casa mia, venite?»
Gabriel lancia un'occhiata a Noah, seduto al suo fianco, che annuisce, così torna a concentrarsi su di me. «Ci saremo.»
Mi schiarisco la voce. «Bene, ehm... sapete dov'è Adeline? Vorrei invitare anche lei.»
Gabriel si acciglia. «Non siete tipo in guerra?»
«Tipo» sorrido.
Noah si alza di scatto, afferrando il vassoio vuoto con violenza, e si allontana rapidamente, senza fiatare.
Rimango perplessa, ma prima che possa scagliare qualsiasi domanda, Gabriel mi precede.
«Hanno litigato, non si parlano più.»
Punto lo sguardo sulla figura di Noah finché non scompare all'interno dell'istituto. «Perché?»
«È complicato» si alza. «Vado da lui, okay?» mi stampa un altro bacio e si allontana.
Mi guardo attorno, ma non vedo Adeline da nessuna parte. Che non sia addirittura venuta a scuola?
Quindi decido di aspettare, perché c'è ancora tempo, dato che siamo solo a inizio settimana. E spero, nel frattempo che raggiungo Keira, di vederla a lezione.
Lei mi guarda con aria da curiosona ed io mi accovaccio accanto a lei, sull'erba curata, mentre decido di mandare giù soltanto un misero kiwi.
«È come pensavamo, hanno discusso, ma dev'essere qualcosa di grave» le dico, dopo il primo morso.
Si lascia ricadere di schiena contro il tronco della quercia dietro di noi. «Per forza, Noah è un ragazzo molto dolce. Sono troppo curiosa adesso, convinci Gabriel a dirti tutto.»
Mi stringo nelle spalle. «È stato molto vago, ma ci proverò, promesso.»

Adoro educazione fisica, ma Keira non sembra pensarla allo stesso modo. Infatti si lamenta da venti minuti buoni, senza sosta, mentre corriamo per tutto il perimetro della palestra.
«Non ce la faccio più, sono stremata» si ferma, piegandosi sulle ginocchia.
Mi strappa una risata, io sono abituata, cerco sempre di mantenermi in forma. Niente di troppo estremo, nessuna esagerazione, ma una bella corsa fa bene all'organismo e ti aiuta a velocizzare lo smaltimento dei grassi.
Non sono una ragazza che ama particolarmente mangiare, ma nemmeno una di quelle fissate con la dieta. Semplicemente, mi vedo troppo in carne rispetto ad altre mie coetanee, e questo certe volte fa davvero male.
La mia corporatura non è gracile come vorrei, le mie forme sono piuttosto evidenti. E su questo non ci piove, ci pensava la reginetta della mia vecchia scuola a farmelo notare, ogni maledetto giorno.
Ho imparato a conviverci, certo. Ma ciò non vuol dire che mi piaccia ciò che vedo, adesso, quando mi guardo allo specchio.
«Dickens, Brown, non rimanete lì impalate! Finite i giri» tuona la voce della professoressa Forbes.
Le diamo ascolto, mentre riflettiamo su quanto sia conveniente mettere in atto il piano B, cioè mandare direttamente un sms ad Adeline, invitandola.
«Potrebbe non risponderti» osserva Keira, con voce affannata.
Osservo qualche gocciolina di sudore percorrere la sua fronte. «Beh, in quel caso, aspetterò di vederla a scuola e le chiederò conferma.»
Tossicchia, mentre porta una mano sul suo fianco esile e l'altra contro la bocca. «Sì, ma non sembrerai troppo insistente?»
«E chi se ne frega? Non c'è niente di...» e il fiato mi muore in gola.
Carter fa il suo ingresso. Indossa soltanto dei miseri pantaloncini sportivi, il suo petto scultorio è in bella vista, i suoi riccioli scuri e sbarazzini ondeggiano ad ogni passo, i suoi occhi magnetici vagano per tutta la stanza e si fermano... proprio su di me.
Deglutisco e batto le palpebre un paio di volte, tentando di rinsavire. Sento il mio cuore saltare un battito quando noto l'accenno di un mezzo sorriso sul suo volto, che sparisce insieme alla sua intera figura, oltre la porta dello spogliatoio maschile.
«Oh merda, e vuoi dirmi che sono ancora pazza? Sei totalmente eccitata» bisbiglia Keira al mio orecchio, rimediandosi un'occhiataccia da parte mia.
«Ti sbagli» ribatto troppo in fretta.
Lei soffoca una risata, trattenendosi le labbra tra i denti. «No, non mi sbaglio affatto, invece. Ma credimi, non ti passerà finché non lo proverai.»
La colpisco con una debole gomitata, giusto per avvertirla di darci un taglio, prima che qualcuno possa sentirci. «Non succederà mai.»
Scrolla le spalle. «Come vuoi, ma se ieri non avessi digitato il tuo numero...»
Le mostro il dito medio e mi allontano, perché la conversazione non mi piace magicamente più.
Stronza di un'amica!

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