Capitolo 46

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Stephanie




Sto aspettando che Gabriel mi venga a prendere. Mi ha promesso una tranquilla serata al cinema e, sinceramente, credo di averne proprio bisogno. Dopo tutte le cose che sono capitate, mi merito un po' di sano relax, in sua dolce compagnia.
Sono sola in casa, data l'assenza di mio padre e l'uscita frettolosa di Jordan, perciò mi accomodo sul bracciolo del divano e mi scambio qualche sms con Keira, per ammazzare il tempo.
«Esci?»
La sua voce mi fa sobbalzare di spavento, costringendo la mia mano a volare contro il mio petto. I miei occhi si posano su di lui.
La sua spalla è poggiata contro lo stipite della porta, le sue braccia incrociate flettono e il solito sorriso gli illumina il profilo perfetto.
«Devi smetterla di sbucare in questo modo» gli faccio notare.
Scrolla le spalle e ripete la domanda. «Stai uscendo?»
«Sì» sospiro.
Si stacca dal legno e si avvicina a me, lentamente, come un esperto predatore. «Con Evans?»
Deglutisco. «Sta per arrivare, quindi è meglio se te ne vai, Carter.»
I suoi occhi magnetici mi perforano il cuore. «Altrimenti?»
Alzo gli occhi al soffitto. «Perché sei qui?»
Adesso ci separano una manciata di centimetri. Lui è davanti a me, esageratamente più alto rispetto alla mia posizione, e posa due dita sotto al mio mento per costringermi a guardarlo.
«Non lo so» ammette in un soffio, che fa mischiare i nostri respiri.
«Non hai altri impegni questa sera?» chiedo.
Annuisce. «Ne ho sempre parecchi.»
«Allora perché perdi tempo con me?»
Sorride. «Perché mi va.»
Un pizzico di delusione mi scuote. «Non basta come risposta.»
«Perché volevo vederti» ritenta.
«Non basta.»
Scuoto la testa e mi alzo, sgattaiolando verso sinistra e allontanandomi dalla sua vicinanza tossica. Nello stesso istante, sento il clacson suonare. Il cuore mi sale in gola.
Perché vorrei di più, anche solo che non fosse così distante, poi sarei sua completamente.
«Devo andare» gracchio. «Esci da dove sei entrato.»
Sto per afferrare la borsa a tracolla, ma la sua mano afferra il mio polso, trattenendomi.
«Rimani con me» mi supplica. Posso notare una certa sofferenza nel suo tono di voce.
Mi divincolo. «E perché? Perché ti va così e basta? E poi... cosa?»
Posso vedere il suo pomo d'Adamo muoversi su e giù, rapidamente. «E poi non lo so, si vedrà.»
Trattengo una risata amara. «No, così è troppo facile. Dammi qualcosa che possa essere abbastanza, Carter. Qualsiasi cosa.»
Rimane immobile, ad osservarmi, lasciando ricadere le braccia lungo i suoi fianchi. Si ammutolisce.
Annuisco e maschero la mia infelicità. Perché lo so, è così che funziona con lui. Non vuole darmi niente in cambio, vuole solo ricevere. Ma non è giusto, non per me. Io merito tanto.
Perciò gli volto le spalle, proprio come avrei dovuto fare già da tempo, e mi dirigo verso Gabriel, che mi aspetta fuori.
Ma la situazione degenera presto. Forse troppo in fretta.
Proprio quando apro la portiera, la porta di casa sbatte alle mie spalle. Carter si incammina verso di me a passo deciso, il suo volto è una maschera di rabbia e i suoi occhi trafiggono Gabriel, che appare giustamente molto confuso.
Mi sposta di lato e richiude lo sportello con così tanta violenza che credo possa rompersi. Questo mi fa paura.
Gabriel scende dall'auto e cerca di avvicinarsi a me, ma Carter glielo impedisce, posizionandosi in mezzo.
«Che cazzo ci fai qui, Baysen?» ringhia, mentre le onde castane dei capelli vengono arruffate dalle sue dita.
Carter sorride con malvagità. «Chiedilo alla tua ragazza.»
Sbianco all'improvviso.
Non posso credere che stia per accadere, non può essere.
«Non è niente» balbetto. «Andiamocene, poi ti spiego.»
Ma Carter non mi lascia andare. Non me lo permette. Vuole porre fine a questa sciocca storia, vuole dire la verità. Vuole smascherarmi.
«Che sta succedendo? Cazzo! Steph, dimmelo» sbotta Gabriel, con gli occhi sbarrati.
Scuoto la testa. «Per favore, no.»
«Parli tu o lo faccio io, mh?» continua Carter, infliggendomi una tortura senza precedenti.
Abbasso la testa e mi arrendo. Perché non ho altre possibilità, perché la sua furia non si fermerebbe davanti a niente.
«Ti ho tradito» ammetto con voce tremante, maledicendo me stessa.
Gabriel spalanca la bocca, incredulo. «Che cosa? Non è vero, non ci credo, ti sta costringendo a rompere con me. Ti minaccia?»
Scuoto la testa. «È la verità. È successo alla festa di Halloween, ma anche prima...»
La sua espressione cambia. Sembra che nella sua mente i pezzi stiano combaciando alla perfezione. Poi arrivano le lacrime, le sue. Scorrono sulle guance ininterrottamente, costringendomi a fare lo stesso. Perché mi sento in colpa, un vero schifo.
«Tu... perché? Perché non lasciarmi? Perché continuare a fingere?» cerca di aggrapparsi a qualcosa, ma esiste solo la rabbia.
«Non lo so, ero confusa, lo sono ancora... io... ti prego, mi dispiace così tanto» singhiozzo.
Faccio per avvicinarmi, dato che adesso Carter è abbastanza soddisfatto da farsi da parte, ma Gabriel mi evita. Non vuole che io lo tocchi.
«No» urla. «Stammi lontana!»
Mi porto le mani alla bocca e faccio un passo indietro, mentre la vista diventa sempre più appannata. Perché non c'è altro che possa fare, per il momento, se non lasciarlo andare via. Mi odia, e ha tutte le ragioni per farlo.
Perciò lui mi lancia un ultimo sguardo, prima di avvicinarsi alla sua portiera ancora spalancata. Poi però ci ripensa e si avvicina a Carter, lo spintona un paio di volte e lo colpisce in faccia con un pugno.
«Sei un pezzo di merda» ringhia.
E sono le ultime parole che dice prima di sfrecciare via tra le stradine illuminate dai lampioni laterali.
Carter pulisce il sangue che esce dal naso con il dorso della mano, senza smettere mai di sorridere. Nemmeno per un minuscolo istante.
«Sei contento adesso?» allargo le braccia.
Scrolla le spalle con indifferenza. «La sincerità prima di tutto.»
Scuoto la testa. Non posso credere che per lui tutto questo sia normale. Ha anche il coraggio di prendermi in giro, di deridere la situazione intera.
«Va bene, è finita, Carter. È finita sul serio questa volta, ma non hai vinto niente, spero tu sia contento» dico.
«Non è mai iniziata» ribatte, con un veleno che mi gela il sangue nelle vene.
Il mio cuore fa crack e io lo guardo come la prima volta. Lo guardo per quello che è. Un ragazzo che non vale niente, che ama ferire la gente, giocare con i sentimenti. Un ragazzo che deve stare lontano da me. Per sempre.
«Per me sei morto, Carter Baysen!» grido.
Ed è la verità. Ho messo un punto.

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