Capitolo 3

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Carter




La lingua calda di Vanessa accarezza il mio collo imperlato di sudore, mentre le sue chilometriche gambe scoperte sono incollate ai miei jeans.
L'aria impregnata di alcol e fumo pizzica le mie narici, e la musica alta che risuona attraverso i bassi del Trinity, il nostro luogo di ritrovo preferito, rimbomba dentro le mie orecchie.
Questo non mi impedisce di sentire i commenti piccanti che Kevin rivolge a Tiffany, mentre dondola i suoi fianchi in attesa della prossima mossa e districa in modo provocante i nodi dei suoi lunghi capelli biondi.
«Che cazzo, trovatevi un bagno!» esclama Danny, lanciando un'occhiata in giro, quando un gemito raggiunge i suoi timpani.
A ridere è proprio Jordan Dickens, il nuovo arrivato, che è riuscito ad integrarsi con una rapidità impressionante.
Alcuni individui li riconosci a miglia di distanza, riesco a capire quando una persona è compatibile con il sottoscritto.
Colpa delle canne che mi passa tra le dita dalla bellezza di due giorni? Può anche essere.
«Roba buona a Boston, eh?» lo punzecchia Kevin, dopo aver tirato una boccata di fumo e averlo risputato sulle labbra rifatte della bionda.
Jordan solleva l'angolo della bocca in un sorrisetto sghembo. «Volete qualcosa da bere?» chiede di rimando.
Tutti annuiscono e io, che non ho più voglia di rimanere incollato a Vanessa, mi sollevo senza preoccuparmi che possa cadere, per poi seguire Jordan a ruota.
Quando arriviamo al bancone, Jordan strizza l'occhio a Stacy - la barista che ho avuto modo di conoscere molto bene, a livello intimo, costretta a lavorare qui per pagarsi l'università - con una sicurezza disarmante e le chiede di servirci qualcosa di forte. Lei obbedisce, osservando attentamente entrambi da sotto le ciglia folte che possiede.
«Vuole fare un giro sulle montagne russe» bisbiglio all'orecchio del mio nuovo amico.
Lui esplode in una risata contagiosa. «Di entrambi.»
Improvvisamente qualcosa attira la sua attenzione e il suo volto diventa scuro, spazzando via il buon umore.
Seguo il suo sguardo fino alle grandi vetrate, dove le figure di Adeline Ross e Keira Brown fanno capolinea.
Ma c'è un'altra ragazza con loro, che non ho mai visto.
I suoi capelli biondi le sfiorano il seno prosperoso, che è messo in risalto seppur indossi una semplice T-shirt, il suo naso è piccolo e all'insù, e i suoi occhi rotondi sono di un colore che ho già visto, che riconosco.
Mi volto di scatto verso Jordan e noto l'estrema somiglianza che li accomuna. Non faccio in tempo ad esporgli la domanda che frulla nella mia testa, perché sfreccia come un fulmine nella loro direzione.
«Che cazzo ci fai tu qui?» ringhia rivolto a quella che, ne sono certo, sia sua sorella.
Lei si stringe nelle spalle. «Potrei farti la stessa domanda, in compagnia di questi teppisti, poi» ribatte con una nota piccante di veleno e pregiudizio.
Incrocio le braccia al petto, muovendo qualche passo, e questo basta per attirare la sua attenzione su di me. Quando i nostri occhi si incastrano, riesco a leggere un pizzico di disagio all'interno dei suoi.
«Le avete già spiegato chi sono i cattivi?» domando, rivolgendomi a Adeline, tagliente.
Quest'ultima mi fulmina con un'occhiata, ma decide di tenere a freno la sua linguetta biforcuta per questa sera. So che mi detesta con ogni fibra del suo corpo, dopo ciò che è successo l'anno scorso.
«Gira a largo, Baysen» sento la fastidiosa voce maschile di Gabriel Evans giungermi alle orecchie.
«Altrimenti?» lo sfido, consapevole che non può permettersi di alzare un solo dito su di me, come figlio modello della preside.
Gabriel, per tutta risposta, afferra Adeline e Keira per le spalle e le trascina lontane da me, all'esterno del locale notturno.
«Torna a casa, Steph» ordina Jordan, severo.
Lei però sbatte un piede al suolo come una bambina capricciosa e serra le mani in due pugni, stesi lungo i fianchi. «Solo se vieni con me.»
«No, vai a casa e basta» insiste il fratello. «Non fare la stronza.»
Allora lei annuisce, comprendendo che non riuscirà a fargli cambiare idea. Ma, proprio quando credo che abbia deciso di arrendersi, solleva un braccio, richiamando l'attenzione di Noah Cook che si dirige verso il pontile con le mani stracolme di drink.
«Aspettami, vengo anch'io!» esclama e, fiera di aver guadagnato un punto, fugge e sparisce dalla nostra vista dopo appena qualche minuto.
Jordan sbuffa sonoramente e si passa le dita contro le tempie, massaggiandole. «Devo andare a recuperarla» borbotta.
«Perché? Di cosa ti preoccupi?» chiedo.
Lui dondola lentamente il capo. «È troppo ingenua.»
Poggio una mano contro la sua spalla. «E non è forse un bene? Guarda quella là, ad esempio, che ti sta ancora mangiando con gli occhi...»
Stacy abbassa la canotta che indossa, mostrando un pizzico in più di scollatura. Poi la sua lingua percorre il labbro inferiore, inumidendolo.
Come per incanto, Jordan sembra dimenticarsi completamente di sua sorella. In poche falcate, come un predatore, raggiunge la sua preda e la trascina verso il retro.
Io mi annoio, perciò chiedo a Danny di seguirmi fuori, mentre rollo l'ennesima canna, leccando la cartina.
Quando ci ritroviamo sul ponticciolo, seduti su una panchina di legno, il mio migliore amico mi passa l'accendino.
«Sembra un ragazzo di cui ci si può fidare, vero?» domanda, riferendosi proprio al nuovo elemento del nostro gruppo.
Annuisco distrattamente.
«Vuoi portartelo dietro domani?» indaga.
Aspiro una boccata di fumo. «Ci sto ancora pensando, credi sia il caso?»
Danny scrolla le spalle. «Potremmo provare, un paio di occhi in più non fanno mai male.»

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