Epilogo - Un anno dopo

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Stephanie




L'aria natalizia la sento addosso, a parte che tutta attorno a me, quando dal finestrino della mia Camaro ammiro i grandi addobbi delle case, le luci che non vengono mai spente e che brillano ad intermittenza, e le canzoncine tradizionali che fuoriescono dai negozi che risuonano nelle mie orecchie.
Sul giardino frontale di casa mia, c'è una mezza stella cometa. Accanto ad essa, sul vialetto, ci sono loro ad attendermi con ansia.
Appena chiudo lo sportello, papà e Tessa corrono verso di me, stringendomi in un forte e caloroso abbraccio.
«Mi siete mancati!» esclamo.
Ed è la verità. Un intero anno al college, lontana da casa e da tutte le persone che amo, è stato difficile da tollerare. Per fortuna ci ha sempre pensato Keira a tenermi su di morale, che è la migliore compagna di stanza del mondo.
La Cornell è dall'altra parte del paese, ma Carter non è molto distante. È stato accettato alla Plymouth University, che dista a poco meno di un'ora da me. Questo ci ha consentito di vederci spesso, seppur avrei preferito viverlo tutti i giorni, come l'ultima meravigliosa estate prima della partenza.
Danny ovviamente l'ha seguito, credo che il loro amore vada oltre qualsiasi cosa, sono praticamente inseparabili e neppure io potrei mai competere. Sono due corpi ed un'anima soltanto.
«Jordan è già arrivato?» chiedo, sorridente.
Ma nessuno dei due fa in tempo a dare una risposta, perché mio fratello sbuca dalla porta d'ingresso e mi saluta con un rapido cenno della mano, a distanza.
Cosa che non mi va affatto a genio, infatti mi avvicino e allargo le braccia. «Vieni qui, stronzetto.»
Non se lo fa ripetere due volte.
Può fingere di essere un duro per tutto il tempo che vuole, ma so benissimo quanto sia grande il suo cuore.
E l'ha dimostrato, invitando lui stesso Tessa a trasferirsi in casa nostra, così da non permettere a mio padre di rimanere da solo durante la nostra assenza. Ormai è parte della famiglia e solo adesso che l'abbiamo, ci rendiamo conto di quanto sia importante la sua figura.
Alle spalle di Jordan, trovo Adeline che mi sorride. Buffo da pensare, ma adesso questi due fanno coppia fissa. Entrambi vanno alla Brown e hanno iniziato a frequentarsi durante le prime due settimane, per poi confessarlo a tutti soltanto un mese dopo.
È stato difficile da accettare, perché noi due non ci siamo lasciate esattamente nel migliore dei modi, ma dopo aver compreso le sue sincere intenzioni con mio fratello, mi sono ricreduta sul suo conto.
Gabriel e Noah non li sento più, so che sono stati accettati a Yale, ma li ho persi di vista ormai da parecchio tempo. Keira ogni tanto si scambia qualche sms con loro, ma nulla di troppo ordinario.
«Cognata» scherza Adeline.
Alzo gli occhi al cielo. «Purtroppo.»
Lei scoppia a ridere e mi salta in braccio. Quasi rischiamo di cadere, per colpa del mio equilibrio non proprio affidabile.
«Ehi, c'è qualcuno per te» strilla contro il mio orecchio, mentre ritorna con i piedi per terra.
Il cuore salta un battito. Mi volto, anche se so già di chi si tratta. Lui è qui, di fronte a me, ed è splendete come al solito, un sole che mi riscalda anima e cuore.
Mi manca sempre, ogni singolo minuto che trascorriamo lontani, ma riesco a farmi bastare questi momenti.
L'importante è sapere di esserci, di amarci come il primo giorno e forse anche di più. Perché lui è la mia perfetta metà, la parte mancante, mio per sempre.
Gli allaccio le braccia al collo e le nostre bocche si cercano, per poi unirsi in un lungo bacio, che mi fa attorcigliare lo stomaco.
Quando ci stacchiamo, troppo in fretta per i miei gusti, la sua fronte si poggia sulla mia. I suoi meravigliosi occhi verdi brillano.
«Mi sei mancata così tanto, Pasticcio» sussurra.
E riesco a malapena a rispondere, perché Tessa ci trascina tutti dentro con la forza, per poi comunicarci dell'organizzazione di una Vigilia allargata in un'unica famiglia.
Ed è così.
Kevin e Rebekah arrivano per primi, con in braccio il piccolo Tommy, che ormai addirittura cammina. Sì, anche loro due hanno scoperto di nutrire dei sentimenti, per questo Kevin ha scelto di entrare alla Washington Central, in modo da non allontanarsi troppo. Addirittura, hanno intenzione di sposarsi il prima possibile.
«Come state?» chiedo, allegra.
Ma non fanno in tempo a rispondere, che Tommy pronuncia la parola "zia", lasciandomi a bocca aperta.
Kevin mi strizza l'occhio, poi corre ad abbracciare i suoi due amici, lasciandomi da sola con Rebs.
«È diventato bravo, eh?» scherzo.
Annuisce. «Davvero, un padre ed un fidanzato modello.»
Il campanello suona ed arriva Danny, che non ha ancora una relazione stabile, ma ha superato la collera per Isobel ed ha voltato pagina. Anzi, forse dovrei dire più di una, dato il titolo di dongiovanni che ormai si porta dietro.
Ha lasciato tutti a bocca aperta, ma in realtà sono felice per lui. Si merita di vivere a pieno la sua vita, di riprendersi tutto il tempo che ha sprecato dietro qualcuno che non l'ha mai meritato.
Perfino il nostro rapporto è mutato in meglio. Si può dire che sia un secondo fratello, anche molto protettivo. Ma d'altronde, non si dice forse che dalle peggiori antipatie nascono le migliori amicizie?
«Buonasera, guasta feste» mi sorride.
Lo colpisco con una gomitata scherzosa sulla costola. «Ma stai zitto!»
Mi chiama così perché dice sempre che ho rovinato il suo migliore amico, che non fa altro che lamentarsi di quanto senta la mia mancanza, perfino quando partecipano a qualche festa, rovinando l'umore.
Due mani mi tappano gli occhi all'improvviso, sono grandi ma delicate. Quando mi giro, zia Lisa mi sorride.
Un urletto fuoriesce dalle mie labbra socchiuse e ci abbracciamo a lungo, così forte che quasi credo di non respirare ad un certo punto.
«Tesoro mio! Quanto sei bella, mamma mia! Mio nipote ti ha proprio scelta bene» esclama.
Il nostro legame è forte. Forse perché sono stata proprio io ad andare da lei e aprirle gli occhi sull'intera faccenda. All'epoca ci rimase molto male, teneva davvero a Ruttell, ma ha comunque scelto di fare la cosa giusta ed è riuscita a liberare suo nipote dal controllo della famiglia Ortiz, che adesso marcisce in galera.
Dopo la morte del padre, è stato difficile convincere Carter ad andare avanti, ma con la nostra vicinanza alla fine ce l'ha fatta. E adesso ha qualcuno che lo aspetta a casa, che lo ama e che si prende cura di lui, com'è giusto che sia.
D'altro canto, sua madre Hanaise è migliorata parecchio. Seppur ancora instabile a giorni alterni, riesce a riconoscerci e si mostra allegra a quasi tutte le nostre visite. Non dico di avere una grande speranza sul suo totale recupero, ma quella briciola la tengo stretta e non la lascio andare.
Quando anche Keira fa il suo ingresso trionfale, mi rendo conto che siamo al completo e non potrei volere nient'altro, oltre a questo. Che non mi manca niente.
«Novità su Dalhia?» le chiedo a bassa voce, affiancandola mentre si libera del cappotto, vicino all'appendi-abiti.
Sbuffa. «Mi ha scritto solo "passa buone feste", ma che risposta di merda!»
Trattengo una risatina. «Le hai messo le corna con suo cugino. Amica mia, ti voglio bene, ma per favore!»
Keira annuisce. «E va bene, hai ragione, non posso pretendere di più.»
«Già» rido.
Lei è sempre la stessa. Il suo innamoramento è immediato, ed è così facile entrare nel suo cuore, c'è spazio per chiunque ne abbia bisogno. Il problema è che non riesce a gestire questa cosa benissimo. Le circostanze sono tragiche e comiche al tempo stesso. Ma credo semplicemente che ancora non abbia trovato la persona giusta, e che presto arriverà.
Arriva per tutti.
Quando ci accomodiamo attorno al tavolo, bandito di prelibatezze ed allestito alla perfezione, Carter mi stringe la mano da sotto il tavolo.
Ci scambiamo uno sguardo complice, poi poggio la mia testa contro la sua spalla. Inalare il suo profumo mi rende serena, stabile, ma credo che non si tratti solo di questo.
Guardare attorno a me e sentirmi tanto amata, in modo diverso ma da tutti loro così profondamente, mi fa bene al cuore. Un bene che non può essere spezzato.
Il fatto è che non ho mai creduto alle favole, ho sempre preferito rimanere con i piedi ben piantati per terra, non fidarmi di nessuno e contare solo su me stessa. Ma ho sempre sbagliato. Perché insieme si possono affrontare cose più grandi, raggiungere traguardi più alti, ed il trofeo è meraviglioso.
Eravamo una squadra allora, e lo siamo ancora oggi. Non è cambiato niente.
«Ti amo così tanto, Pasticcio. Amo tutto questo» mormora Carter al mio orecchio, facendomi rabbrividire a causa del suo respiro caldo.
Sorrido. «Alla fine abbiamo vinto noi.»
«Sì, ma ben più di un gioco.»



Fine.




Grazie per aver letto Game Over, per essere arrivati fin qui.
Spero vi sia piaciuto!

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