Capitolo 44

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Danny




«Come se te ne bastasse una sola» borbotto, con le mani dentro le tasche della felpa. «Sei un cazzo di assatanato.»
«Beh, a te manco mezza. Da quanto tempo non scopi, Danny?» ride Kevin, prendendomi per il culo.
Lo colpisco con una spallata. «Almeno quando lo faccio mi assicuro di mettere il preservativo, coglione.»
Perché sì, Rebekah Pirce, una ragazzina del secondo anno, crede di essere incinta proprio di lui. Ancora non ha effettuato alcun test di gravidanza, talmente la paura è forte, ma il ritardo è notevole.
«Non è detto che sia mio, comunque» ringhia.
Alzo gli occhi al soffitto. «Che cazzo dici, quella è una santa. Ancora non mi spiego come l'abbia data a te.»
«Non sottovalutare le mie doti» si difende, offeso.
Carter lo colpisce con due pacche sulla schiena, poi circonda il suo collo con un braccio. «Chi l'avrebbe mai detto che saresti stato il primo a mettere su famiglia.»
«Non posso avere un figlio adesso, merda, dateci un taglio» esclama serio, cupo in viso. A passo svelto, poi, si allontana.
Rimango immobile a guardare le sue spalle sparire oltre il corridoio che porta ai laboratori.
«Ci parlo io» dichiara Carter, per poi inseguirlo.
Sospiro. Forse ho esagerato un po', avrei potuto risparmiarmi battute di merda ed essere più comprensivo. Ma cazzo, non fa che provocarmi.
Scopo poco? Sì, forse sono antico, ma non amo saltare da una ragazza all'altra. Non sono un cazzo di animale e dopo Isobel... beh, mi ha lasciato un segno.
È stata il mio primo amore, prima di essere costretta a seguire i suoi genitori in Francia e ritornare al suo paese d'origine. Abbiamo tentato di continuare, in una relazione a distanza, ma non ha funzionato.
Lei è sparita, all'improvviso, senza nessuna spiegazione. Mi ha promesso che sarebbe tornata per il college, io le ho giurato che l'avrei aspettata. Ma dopo quasi due anni, credo sia arrivato il momento di voltare pagina.
Peccato che nessuno sembri essere alla sua altezza.
Una mano afferra il mio polso, costringendomi a voltarmi di scatto e ritornare alla realtà. Il viso angelico di Stephanie occupa l'intera visuale.
«Devo parlarti.»
Aggrotto la fronte. «Dici a me?»
«A chi, sennò? Ma non qui, per favore» ribatte.
Non ho voglia di sentire quello che ha da dirmi, ma sicuramente deve trattarsi di qualcosa di importante. Dopo l'ultima volta che ci siamo rivolti la parola, non mi è sembrato di piacerle molto.
La assecondo, per poi trascinarla verso l'aula di arte e architettura, ancora vuota a quest'ora del mattino. Accendo la luce dall'interruttore posto alla mia sinistra.
«Ti ascolto» incrocio le braccia al petto e mi siedo sulla cattedra.
Si tortura le dita delle mani, poi annuisce, come per trovare il coraggio. «Non so cosa fare e non posso dirlo a nessuno.»
«Parli di Carter?»
Lei mi lancia un'occhiataccia. «Non pronunciare il suo nome, abbassa la voce. Sì, certo, non è ovvio?»
Un mezzo sorriso solleva l'angolo della mia bocca. «Come prima cosa, dovresti mollare il fidanzato.»
Allarga le braccia. «Senza certezze? No, scusa, no.»
Mi trattengo, per non esplodere in una risata incontenibile. «È ridicolo. Insomma, non sei attratta da Evans, è chiaro. A prescindere da come andranno le cose, non dovresti stare con lui.»
Si morde il labbro inferiore, segno che probabilmente la pensa come me. «Hai ragione, ed è orribile. Ma non sono sicura di quello che provo, sto cercando ancora di capirlo.»
Scuoto la testa. «Quando sei con Evans, pensi a Carter?» domando, sussurrando i nomi.
Le sue guance si colorano di rosso. «Sì» ammette.
«E quando sei con Carter?»
«No» mormora.
«Ecco la tua risposta» confermo.
Faccio per andarmene, credendo di aver terminato, ma la sua voce mi inchioda nuovamente. «Aspetta.»
Punto i miei occhi dentro i suoi e rimango in silenzio, in attesa che si decida a proseguire.
«Ho bisogno di sapere cosa prova per me, Danny. Sul serio. Un giorno è gentile, l'altro mi ignora, quello dopo mi bacia, il successivo mi dice che è meglio stare lontani. Non ci capisco niente.»
Sospiro. È classico di Carter. Quando tiene a qualcuno, davvero, cerca di prendere le distanze in qualsiasi modo possibile. Crede sempre di non essere all'altezza, di portare guai, di far soffrire le persone. Ma non capisce che si sbaglia.
«Te l'ho detto, devi avere pazienza con lui» ripeto.
Mi afferra la mano. «Perché si comporta così? Spiegamelo.»
Deglutisco. «Non spetta a me parlartene, ma come avrai immaginato, lui è... la sua vita è complicata, anche troppo.»
Mi supplica con lo sguardo di darle di più, di aiutarla a comprendere, ma non posso farlo. Carter si fida di me, non lo tradirei mai, neanche in un'altra vita. E il suo passato è un argomento troppo delicato, non posso spingermi a tanto. Non sarebbe giusto.
«Ma se non ci tieni veramente, non giocare con lui. Potresti farlo soffrire» concludo.
E lo credo davvero, perché per la prima volta lo vedo diverso. Lo leggo nei suoi occhi. Ma il suo cuore è troppo delicato, a stento è riuscito a ricucirlo, un'altra delusione potrebbe trascinarlo giù per sempre.
E io non voglio.
Così, la lascio da sola ed esco dall'aula, intenzionato a cercare Kevin per scusarmi di essere stato tanto stronzo, prima.

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